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P.P. Poggio (a cura di), L’Altronovecento, Volume II. Il sistema e i movimenti. Europa 1945-1989.

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Ci sono civiltà presso cui saper salutare è importantissimo, la base stessa del vivere civile: è il saluto che stabilisce la posizione reciproca, i legami trasversali fra soggetti, le possibilità di alleanze ecc. La presentazione che ci accingiamo a fare è dunque, innanzi tutto, un saluto.

A ciascuno poi spetta, in queste forme di civiltà, un saluto preciso, che lo riconosca nel suo status. Ora, il libro – e anzi, l’opera in cinque volumi – che stiamo presentando va salutato come un’impresa maggiore e coraggiosa. Con tutti i limiti che solo le opere maggiori e coraggiose arrivano ad avere (per intenderci: quando l’ho avuto per la prima volta per le mani mi ha fatto pensare all’Enciclopedia Einaudi).

L’istanza di fondo che ne orienta l’impianto è la necessità di smontare l’idea egemone secondo cui la storia del Novecento sarebbe stata caratterizzata dalla compresenza di due potenze opposte e nemiche (il capitalismo occidentale e il comunismo sovietico) in guerra fra loro per il dominio mondiale. Questa storia avrebbe poi avuto termine nel 1989, quando uno dei due contendenti è imploso lasciando all’altro la definitiva vittoria.

Questa rappresentazione retrospettiva, che nasce dall’eredità schmittiana e leniniana dell’inimicizia e della guerra come fonti della storia, non solo è congruente con l’ideologia dei due contendenti, ma commette dei veri e propri crimini di memoria: dimentica, per cominciare, la presenza e il senso storico del terzo polo nazi-fascista, e oscura (o recupera a forza) tutto ciò che, del Novecento, non rientra nella dinamica dipolare oppositiva. In particolare, oscura tutto ciò che attivamente, ostinatamente e laboriosamente, si è chiamato fuori.

Vediamo allora di cosa si tratta, cominciando dai “dati tecnici”. Altronovecento è un’opera in cinque volumi, dal sottotitolo Comunismo eretico e pensiero critico. Il primo volume, uscito nel 2010, è dedicato a L’età del comunismo sovietico (Europa 1900-1945), Milano, Jacabook, xxxx pp. Il secondo volume, uscito nel 2011 e dedicato a Il sistema e imovimenti. Europa 1945-1989, contiene 44 articoli.

I prossimi volumi saranno dedicato a Capitalismo e rivoluzione nelle Americhe (1900-1989)Anticolonialismo e comunismo in Africa e Asia (1900-1989)Comunismo e pensiero critico nel XXI secolo.

I dati tecnici dicono qualcosa, ma non abbastanza. Una definizione che a mio avviso rende giustizia all’opera è quella di sistematizzazione non organica di piste per l’altrimenti. La definizione va analizzata pezzo per pezzo.

Sistematizzazione. Chi ha letto qualche testo almeno dell’area nota come “pensiero critico” sa che spesso, fra le righe, compaiono riferimenti a piste teoriche allettanti, citazioni folgoranti da autori che prima o poi bisognerebbe leggere, accenni a esperienze che presto o tardi si dovranno esplorare… Troppe, però, per poterle seguire tutte – salvo accontentarsi di banalizzazioni stile bignami. Beninteso: alcuni, al contempo eruditi e “reduci”, queste piste le conoscono tutte; a tutti gli altri – fra cui mi metto – quest’opera fa risparmiare molto tempo e, soprattutto, evita il passaggio umiliante per le volgarizzazioni.

Non organica. Rendere organica un’opera come questa può significare una cosa sola: assumere un punto di vista unitario, una teoria; e, a partire da lì, disporre gli altri punti di vista, le altre teorie, in una costellazione che fa riferimento a un centro. Non ci sarebbe niente di male in un’operazione del genere, e anzi, alcune distanze risulterebbero forse più chiare.

Ma nel nostro caso, ciò avrebbe negato l’oggetto stesso dell’opera. Ogni eresia, infatti, ha certo a che fare con un centro di gravità (la teoria comunista classica, nel nostro caso), ma ha di particolare che apre al nuovo, all’indeterminato, al possibile; e «organizzare il possibile», per fortuna, non si può. (Aggiungo una nota del tutto personale. Assumere una teoria centrale – qualunque essa fosse – avrebbe probabilmente significato “fare le pulci” a tutte le altre. La polemica fra posizioni affini, però, oggi è quasi illeggibile, sia per mancanza di memoria dei contesti teorici in cui le diverse posizioni si sono sviluppate, sia per via di una stanchezza da posteri nei confronti di sottigliezze che oscurano lo sfondo globale di impasse collettiva.).

Piste per l’altrimenti. Ciò che lega, pur nella loro differenza, le piste dell’«altronovecento» è un doppio movimento caratteristico: in ciascuna di esse la critica allo stato del mondo si salda con la ricerca di un altrimenti possibile. Nessuno dei due elementi basta, da solo, a definire l’area teorico-pratica di cui stiamo parlando: alcune delle più feroci critiche alla contemporaneità sono infatti venute da pensatori reazionari; e il discorso dei mondi possibili, assunto senza una vera critica a quello presente, caratterizza una parte forse non memorabile della filosofia.

Le piste per l’altrimenti dell’«altronovecento», dal canto loro, muovono tutte dall’impossibilità di restare; riguardano i soggetti nella loro interezza e nel loro essere storicamente situati; e, nel non fare nessuno sconto al presente, non si autorizzano mai né al cinismo né al nichilismo. In questo, infine, qualunque sia la declinazione che prendono, sta la loro forza etica: nell’esprimere un’esigenza che, nonostante tutto, continua nella storia a chiedere soddisfazione.

Pier Paolo Poggio (a cura di), L’Altronovecento, Volume II. Il sistema e i movimenti. Europa 1945-1989, Milano, Jacabook, 2011, pp. xxxx.

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