Alexander Langer era una persona continuamente in viaggio, al servizio della pace, della convivenza tra i popoli e dell’ambiente. Uomo politico originale, attivista ecologista e nonviolento, intellettuale, giornalista, traduttore e insegnante, ha attraversato diverse esperienze sociali, politiche e culturali, contribuendo in maniera decisiva alla crescita del movimento ecologista in Italia e alla nascita dei Verdi. Provenendo da una regione di confine, Langer maturò presto l’importanza fondamentale dell’incontro con “l’altro”, della multiculturalità come progetto per “costruire ponti” e “far pace tra gli uomini e con la natura”.
Nato nel 1946 a Sterzing (Vipiteno) in provincia di Bolzano, figlio di un medico viennese di origine ebraica perseguitato dal fascismo e dal nazismo e di una farmacista sudtirolese cattolica, ricevette una formazione plurilinguistica frequentando sia la scuola italiana che quella tedesca. Durante gli studi ginnasiali presso l’istituto privato dei padri Francescani di Bolzano, a soli quindici anni, fondò, con alcuni compagni di scuola, il periodico “Offenes Wort” (“Parola aperta”) per testimoniare, condividere e diffondere un impegno sociale cristiano. Un’intensa spiritualità e un’apertura nei confronti della società e del mondo rimarranno sempre una costante della sua azione, sin dall’attività svolta nell’associazionismo cattolico.
Conseguita la maturità classica nel 1964, si recò a Firenze dove si laureò in Giurisprudenza nel 1968 ed ebbe modo di partecipare al fervente dibattito politico-culturale tra gruppi eterogenei e in dialogo tra loro, dai movimenti del dissenso cattolico postconciliare agli intellettuali di sinistra. Visitò anche la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, del quale tradusse in tedesco, nel 1970, insieme a Marianne Andre, la famosa “Lettera ad una professoressa”.
Tornato in Sudtirolo, in un momento di forti scontri etnici, fu tra i promotori, nel 1967, del mensile bilingue “die brücke/il ponte”, concepito come uno strumento per un confronto interculturale, democratico e pluralista. Dopo un periodo di specializzazione post-laurea nella Repubblica Federale Tedesca che gli permise di entrare in contatto con i fermenti sociali e i movimenti extraparlamentari, intraprese l’insegnamento come professore supplente nei licei classici di lingua tedesca a Bolzano e a Merano e, alla fine del 1970, aderì a Lotta Continua (LC). Nel luglio 1972 conseguì una seconda laurea in Sociologia all’Università di Trento.
Tra il 1973 e il 1975, come giornalista di LC, Langer si occupò di monitorare l’evoluzione socio-politica nella Repubblica Federale Tedesca e nei paesi del Nord Europa, instaurando numerosi contatti e relazioni nel mondo politico, culturale e sindacale. Trasferitosi a Roma insegnò filosofia e storia nei licei scientifici dal 1975 al 1978 e lavorò nella redazione del quotidiano “Lotta Continua”, sia come giornalista professionista sia ricoprendo, per un breve periodo, l’incarico di direttore della testata.
Dopo lo scioglimento di LC nel 1976, Langer aderì ai referendum promossi dai radicali nel 1977 e da essi ricevette un importante appoggio quando, nel novembre 1978, decise di promuovere in Alto Adige una lista civica alternativa multietnica, Neue Linke/Nuova Sinistra, per la quale fu eletto consigliere regionale, e il periodico bilingue “Omnibus”. Dopo aver animato la mobilitazione contro il censimento linguistico introdotto in Alto Adige, opponendosi all’opzione etnica che prevede ancora oggi l’iscrizione nominativa obbligatoria in uno dei tre gruppi etnici riconosciuti (tedesco, italiano, ladino) e che veniva da lui ritenuta una “schedatura” creatrice di “gabbie etniche”, e aver fondato il settimanale bilingue di politica e cultura “Tandem”, nel dicembre 1981 si dimise per rotazione. Nel periodo successivo collaborò con le università di Trento, Urbino e Klagenfurt e proseguì la sua attività di traduttore e conferenziere in incontri internazionali in qualità di esperto del Sudtirolo, finchè, nel novembre 1983, fu rieletto come consigliere regionale nella “Lista alternativa per l’altro Sudtirolo/ Das andere Südtirol”.
Osservatore attento delle liste alternative e verdi d’Oltralpe, già nei primi anni Ottanta Langer promosse un dibattito per creare una forza politica ecologista in Italia. Nel dicembre 1984, a Firenze, svolse la relazione introduttiva nella prima assemblea nazionale delle liste verdi italiane, illustrando mirabilmente la “cultura del limite” e la caratteristica di “terzo polo” della novità “verde“ (“né di destra, né di sinistra”). Sforzandosi di aprire il nascente arcipelago ecologista ad esperienze differenti, rinunciò alla candidatura al parlamento italiano e, dopo il successo dei Verdi alle elezioni politiche italiane del 1987, propose lo scioglimento delle liste verdi in nome di una “biodegradabilità” che avrebbe dovuto far rigenerare il nuovo soggetto politico, per evitare la sua trasformazione in un partito tradizionale, e coinvolgere nuove idee ed energie, aggregando proposte e progetti sociali secondo il motto “solve et coagula”.
Negli anni ’80 e ’90 Langer coniugò l’attività politica con quella di militante di campagne per la conversione ecologica del modello di sviluppo economico, cooperando con associazioni per i diritti umani, ambientaliste e nonviolente. Membro della Helsinki Citizen’s Assembly, collaborò con numerosi movimenti transfrontalieri alpini e fondò la Fiera delle Utopie Concrete con sede a Città di Castello (Perugia), per mettere a confronto idee e progetti atti a rendere “ecocompatibili” i modi di produrre, consumare, organizzare la vita sociale. Partecipò, inoltre, a molte altre iniziative e momenti di discussione e sostenne le più note associazioni ambientaliste (Greeenpeace, WWF, Legambiente, Italia Nostra).
Nel 1988 fu rieletto consigliere regionale nella Grüne Alternative Liste/Lista Verde Alternativa e l’anno seguente, confortato da un vasto consenso e da una larga stima, venne eletto europarlamentare alle elezioni europee del giugno 1989 e prontamente si dimise da consigliere regionale per non cumulare le cariche. In un anno cruciale per la storia europea e mondiale a seguito della caduta del Muro di Berlino, Langer iniziò la sua avventura continentale divenendo primo co-presidente, fino all’ottobre 1990, del nascente Gruppo Verdi del Parlamento europeo. L’attività parlamentare non lo distolse dall’azione diretta in favore di movimenti, progetti ambientali, di solidarietà con il Terzo Mondo, per la pace e la giustizia, per la quale destinò buona parte delle risorse economiche acquisite con il nuovo incarico, e rese periodicamente pubblici i propri bilanci economici. Recatosi in Amazzonia per esprimere solidarietà alla lotta degli indios in difesa della foresta pluviale e, nel 1992, alla Conferenza mondiale dell’ONU sull’ambiente a Rio de Janeiro in Brasile, sostenne la “Campagna Nord-Sud, biosfera, sopravvivenza dei popoli, debito”, il commercio equo e solidale, il risparmio etico e il consumo critico e la riforma della Banca Mondiale, scrivendo assiduamente brevi ma densi contributi su riviste e giornali locali e nazionali su argomenti anche molto diversi. Negli anni ’90 si prodigò nel dialogo Est-Ovest, per i diritti umani in Tibet e Israele, per contrastare con metodi nonviolenti la crisi del Golfo e per promuovere la riforma democratica dell’ONU. Nel gennaio 1991 guidò come presidente la delegazione del PE per i rapporti con l’Albania, la Bulgaria e la Romania, e partecipò a missioni ufficiali in questi paesi, promovendo anche un Coordinamento di solidarietà a sostegno della democrazia e della libertà in Albania.
Il tentativo di arginare i conflitti e di ricreare condizioni di pace e convivenza dopo lo scoppio delle guerre nell’ex Jugoslavia ebbe un ruolo centrale nell’attività di Langer che non risparmiò le sue energie, agendo in prima persona: presente più volte in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo, partecipò a due carovane per la pace nell’ex Jugoslavia, fece approvare al PE numerose mozioni e relazioni sulla politica di sicurezza nei rapporti Est-Ovest e sull’istituzione di un Tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità nell’ex-Jugoslavia e, nel gennaio 1992, promosse la nascita di una rete associativa interetnica, il Verona Forum, che ebbe sede presso il suo ufficio di eurodeputato a Bruxelles, per sviluppare il dialogo tra le parti e dar vita ad alternative nonviolente nel territorio ex jugoslavo e in particolare nel Kosovo.
Dopo aver rifiutato nuovamente la candidatura al parlamento italiano si ripresentò alle europee nel giugno 1994 e fu rieletto con oltre quarantamila voti. Langer era convinto della necessità di un’unione federale europea democratica e decentrata che rappresentasse una “casa comune” per popoli e culture diverse. La costituzione di una “comunità pan-europea” con “mercati locali differenziati, garanzie sociali solide, con una legislazione sociale rigorosa, protagonista di decentramento, democrazia, disarmo, pluralismo linguistico e culturale”, “partner utile al Sud del mondo” e intenzionata ad aprire la strada a quell’autolimitazione anche consumistica e produttiva che oggi è la “condizione perché il pianeta possa avere un futuro”, erano obiettivi fondamentali del suo impegno politico. Decentramento locale e aggregazione sovranazionale costituivano in realtà “due lati della stessa medaglia” e il federalismo europeo avrebbe dovuto contenerle entrambe per essere convincente, valorizzando sia le “regioni europee” come “comunità territoriali ben definite dalla rilevanza dei loro interessi vitali comuni e da una solida democrazia dell’autogoverno”, sia le cooperazioni transfrontaliere e il ruolo delle minoranze all’interno degli stati. La sua riflessione sul pericolo del risorgere dei nazionalismi era inserita in una visione ecologica e globale, in sintonia con i processi storici, per una conversione o inversione di rotta allo scopo di preservare le risorse del pianeta; tra le diverse proposte politiche sostenute da Langer vi era anche la costituzione di un Tribunale internazionale per l’ambiente. Le proposte politiche di Langer erano alternative al modello di sviluppo energivoro, insostenibile ed iniquo, alla sacralizzazione del consumo e delle merci per migliorare la qualità della vita: avere “meno e meglio” (meno impatto ambientale, rifiuti, inquinamento, traffico, cemento, armamenti ecc.), sottrarsi all’autodistruzione, riscoprire il valore delle piccole cose, degli “scarti” e costruire un rapporto d’armonia con il creato. Rovesciando il motto olimpico, suggeriva di vivere “lentius, profundius, suavius”: “Invece di dire più alto, che è poi il massimo della competizione, io credo che possiamo puntare viceversa sul più profondo (profundius), cioè sul valorizzare più le dimensioni della profondità che significa tante volte rinunciare alla quantità, alla crescita, guadagnando in qualità. E invece di più forte oggi possiamo cercare invece il più dolce, il più mite (suavius): nei comportamenti collettivi ed individuali invece di puntare alla prova di forza, al massimo della competizione, si punti, anche in questo caso, sostanzialmente alla convivenza”.
Proponendo l’istituzione di Corpo Civile di Pace Europeo (CCPE), recepita come obiettivo in una raccomandazione del Parlamento europeo nel maggio 1995, Langer cercò di dare un’impostazione nuova alla politica di sicurezza europea, senza richiamarsi ad un pacifismo astratto ma elaborando una risposta pragmatica che, facendo tesoro delle esperienze maturate dalle ONG nel campo della prevenzione dei conflitti, costuisse una risposta europea, riconosciuta, autorevole e capace, grazie alle competenze professionali dei componenti (sia volontari che professionisti), di interventi, iniziative, monitoraggi per conto dell’UE o di organizzazioni sopranazionali, in collaborazione con le popolazioni civili interessate.
Dopo aver effettuato diversi sforzi per la pace e la corretta informazione sulla guerra serbo-bosniaca e per un intervento di polizia internazionale dell’ONU, Langer, di fronte ripetute stragi perpetrate al di là dell’Adriatico, invocò, in uno dei suoi ultimi scritti intitolato “L’Europa muore o rinasce a Sarajevo”, un intervento immediato dell’Unione europea, che rimase invece divisa e incerta di fronte alle “pulizie etniche”.
Al Parlamento europeo condusse anche una prima difficile campagna contro la brevettabilità delle manipolazioni genetiche di materia vivente (umana, animale e vegetale) e il 1° marzo 1995, dopo una capillare azione di persuasione, riuscì a far approvare a larga maggioranza una risoluzione che vietava la brevettabilità e poneva dei limiti all’invadenza della bioingegneria.
Nel maggio 1995 non gli venne consentita la candidatura a sindaco di Bolzano per una lista verde-civica perché non si era sottoposto al censimento etnico. Profondamente scosso, turbato e amareggiato sicuramente anche dalla fatica e dal dolore e all’impotenza di fronte alla tragedia di Balcani, Langer decise di porre termine alla propria vita a Pian dei Giullari, nei pressi di Firenze, nel luglio 1995, silenziosamente, impiccandosi ad un albero di albicocco e lasciando un messaggio disperato con il quale passava il testimone ad altri “per continuare in ciò che era giusto”.
Langer cercò di tenere insieme teoria e prassi, filosofia, morale e politica, pensiero e azione: una missione difficile, da Hoffnungträger (portatori di speranze collettive) vissuta con spirito profondamente religioso e ideale, una sfida che colse in tutta la drammaticità e a cui non si sottrasse, rimanendo però solo e angosciato e, come aveva evidenziato dopo la tragica morte dell’ecologista tedesca Petra Kelly, nell’ottobre 1992, “forse è troppo arduo essere individualmente (…) dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, (…) troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere”.