Il Novecento è stato attraversato e si è chiuso all’insegna delle guerre e il secolo successivo è cominciato con un gran numero di conflitti; si sente ripetere la voglia di pace, anche se accompagnata da una grande delusione verso le speranze che in tanti avevamo riposto in una organizzazione di paesi uniti, quella delle Nazioni unite, appunto, preposta alla soluzione dei conflitti. Eppure il Novecento era pur sembrato cominciare con qualche spiraglio di speranza.
Il 18 maggio 1899 lo zar di Russia Nicola II aveva invitato i capi di stato all’Aja, in Olanda, per una grande “Conferenza della pace”. In una “Casa nei boschi” ventisei paesi si riunirono per assumere un comune impegno di risparmiare alle popolazioni civili i dolori e i danni delle guerre, per vietare l’uso di pallottole dirompenti e di gas asfissianti, fonti di ancora maggiori dolori, per porre un limite alle invenzioni che avrebbero prodotto armi ancora più terribili e dolorose, per limitare le morti nella guerra marittima e terrestre, per trovare una sede in cui risolvere pacificamente le controversie internazionali.
I lavori della conferenza durarono fino al 27 luglio del 1899 e si conclusero con la firma di vari accordi e convenzioni; le più importanti non furono firmate dagli Stati uniti, né dal Regno d’Italia (che proprio l’anno prima aveva mostrato il suo amore per la pace mitragliando gli operai inermi a Milano per ordine del generale Bava Beccaris, per questo molto lodato dal re e dalla regina), né da un’altra decina dei ventisei partecipanti. I verbali della conferenza del 1899, con l’elenco di chi votò a favore e di chi votò contro le azioni per alleviare i dolori della guerra, si trovano nel sito Internet: <www.yale.edu/lawweb/avalon/lawofwar/hague99>.
La conferenza dell’Aja del 1899, anche se, sul piano pratico, non cancellò, né rese meno dolorose le guerre, né fece rinsavire i potenti della terra, né risparmiò lutti a innumerevoli civili, merita tuttavia di essere ricordata perché diimostrò che la voce anche di poche persone può smuovere, almeno un poco, i governi. E fra tali voci era risuonata, altissima, quella di una donna, Bertha von Suttner (1843-1914), nata a Praga, educata in una nobile famiglia di militari, la quale, a trent’anni, aveva deciso di guadagnarsi da vivere per conto proprio facendo l’istitutrice a Vienna.
Bertha sposò il barone von Suttner, contro la volontà dell’orgogliosa famiglia del marito; la coppia visse poveramente dando lezioni di lingue e di musica. In questo periodo la giovane Bertha cominciò a dedicarsi alla causa della pace e a scrivere dei libri che, nell’Europa della fine dell’Ottocento, ebbero una risonanza e un effetto straordinari. Il suo libro più famoso, “Giù le armi !”, del 1889, fu tradotto in moltissime lingue; nel 1897 apparve la prima traduzione italiana, fatta sulla tredicesima (!) edizione tedesca;. Dopo un lungo oblio, solo nel 1989 le edizioni Abele di Torino ne fecero una riedizione, commentata dalla nota scrittrice e teologa Adriana Zarri; un’altra edizione, “Abbasso le armi: storia di una vita”, è stata pubblicata nel 1996 a Cavallermaggiore (in provincia di Cuneo).
Bertha von Suttner – “la baronessa” – passò il resto della sua vita a organizzare iniziative antimilitariste e di pace, dalla Lega per la pace, a vari giornali pacifisti, arrivando a convincere Alfred Nobel, l’uomo che aveva inventato la dinamite ed era diventato ricchissimo con questo strumento di morte, a sostenere la causa della pace e a istituire il premio che porta il suo nome.
La Suttner e il marito ebbero una parte centrale nella conferenza dell’Aja del 1899 e furono instancabili nel farne conoscere l’importanza e il grande contenuto di speranza, e nel diffondere l’idea di una Corte internazionale permanente per la soluzione, mediante arbitrati, delle controversie fra stati, l’obiettivo che avrebbe dovuto porsi la Società delle Nazioni e che dovrebbe avere l’organizzazione delle Nazioni unite. Nel 1905 “la baronessa” ricevette il Premio Nobel per la pace (la prima donna ad avere questo onore) e da allora fino alla morte, tenne, instancabile, conferenze in tutto il mondo. Sostenne energicamente la “seconda” conferenza sulla pace, che si tenne all’Aja nel 1907. La terza avrebbe dovuto svolgersi nel 1914 ma fu annullata dall’inizio del primo grande massacro del secolo, quello che la Suttner con ogni mezzo aveva voluto evitare.
Vorrei concludere con una modesta proposta. Non so come e quando finiranno le guerre in Medio Oriente e le tante altre di cui non parla nessuno, in corso in Africa, Asia, America latina. Sarebbe però bello se nelle scuole qualche insegnante parlasse ai ragazzi dello spirito della Conferenza mondiale della pace di oltre un secolo fa, dell’idea universale della pace e di come qualche passo verso la pace possa essere fatto anche da tante singole persone: spiegasse che alla vacuità e futilità delle tante chiacchiere e dibattiti televisivi, vada contrapposto il coraggio di tante donne e uomini che, come Bertha Suttner, hanno parlato e scritto che il mondo dei conflitti e della morte si può cambiare, che si possono mettere “giù le armi”! Se qualche lettrice volesse sapere qualcosa di più su questa grande persona, una donna come lei, può trovarne una biografia in Internet (al sito: <http://nobel.sdsc.edu/laureates/peace-1905-bio.htm>).