“Il problema dell’impiego dell’energia raggiante del Sole si impone e s’imporrà anche maggiormente in seguito. Quando un tale sogno fosse realizzato, le industrie sarebbero ricondotte ad un ciclo perfetto, a macchine che produrrebbero lavoro colla forza della luce del giorno, che non costa niente e non paga tasse!”. Con queste parole Giacomo Ciamician, professore di chimica nell’Università di Bologna, concludeva, cento anni fa, la “lezione” inaugurale dell’anno accademico 1903-1904, della sua Università.
Pochi anni dopo, nel 1912, in una conferenza tenuta negli Stati Uniti, lo stesso professore affermava: “Se la nostra nera e nervosa civiltà, basata sul carbone, sarà seguita da una civiltà più quieta, basata sull’utilizzazione dell’energia solare, non ne verrà certo un danno al progresso e alla felicità umana!”.
Quando sono state pronunciate queste parole il consumo totale mondiale annuo di energia era di poco più di un miliardo di tonnellate equivalenti di petrolio (tep); esso era salito a circa 2 miliardi di tep/anno nel 1950 ed è oggi di oltre nove miliardi di tep/anno! Il rapido aumento dei consumi energetici e la crescente scarsità del petrolio hanno ridestato l’attenzione degli studiosi e dei governi verso l’energia solare; nuovi finanziamenti e stimoli arrivano a professori e inventori, ma i passi avanti sono modesti. Ho voluto citare le parole di Ciamician per suggerire che forse la vera soluzione sta non tanto nel correre dietro a nuove invenzioni, quanto nello studiare e analizzare criticamente e perfezionare quanto è già noto.
Ciamician è stato un importante personaggio: era nato a Trieste nel 1857 e aveva studiato a Vienna; aveva poi vinto la cattedra di chimica all’Università di Padova ed era stato poi chiamato all’Università di Bologna dove ha insegnato fino alla morte, nel 1922, e dove ha creato il più importante centro di ricerche chimiche in Italia (Per inciso di Ciamiacian era stato assistente Riccardo Ciusa, che ha insegnato chimica farmaceutica a Bari dal 1925 al 1950, e a cui è intestata giustamente una strada nel “quartiere dei professori” in frazione San Paolo).
Ciamician, che fu anche nominato senatore, dedicò gran parte delle sue ricerche alla fotochimica cioè allo studio delle modificazioni che le sostanze chimiche subiscono quando sono esposte alla luce. Sulla terrazza dell’Istituto chimico dell’Università di Bologna (che oggi porta il suo nome) Ciamician esponeva alla luce del Sole migliaia di campioni di sostanze di cui studiava le modificazioni col passare del tempo. Negli stessi anni ancora un italiano, Antonio Pacinotti, aveva studiato la formazione di una corrente elettrica fra le saldature di due metalli, alternativamente esposte alla radiazione solare e tenute al buio, riconoscendo le leggi della termoelettricità, un altro sistema per trasformare l’energia solare direttamente in elettricità.
Alcune delle ricerche fotochimiche di Ciamician furono dedicate alla “fissazione” dell’energia solare nei vegetali per fotosintesi clorofilliana, la reazione che, silenziosamente, sotto i nostri occhi, ogni giorno, fa aumentare la massa delle foglie, dei fiori, degli alberi, dei pascoli. E poiché già ai tempi di Ciamician era nota l’enorme quantità di materiale organico ottenuto dal Sole nel mondo vegetale, nel pensare alla chimica del futuro Ciamician indicò l’uso chimico della biomassa vegetale come una delle strade da seguire per liberarsi dalla schiavitù dei combustibili fossili inquinanti, dalla “nera e nervosa civiltà” del suo (e nostro) tempo.
L’attenzione per l’energia solare ha avuto vari cicli: è cresciuta fra la prima e la seconda guerra mondiale, negli anni trenta del Novecento, poi è declinata; è cresciuta di nuovo, con altre scoperte e innovazioni, dopo la seconda guerra mondiale, negli anni cinquanta del Novecento, quando l’energia nucleare non aveva ancora mantenuto le promesse annunciate, poi è declinata nell’era del petrolio abbondante a basso prezzo; poi è risorta dopo le crisi petrolifere degli anni settanta del Novecento; la passione per l’energia solare sta tornando “di moda” adesso.
Si potrà ottenere energia per le necessità umane dal Sole soltanto se si studierà con attenzione la storia degli esperimenti, dei successi e degli insuccessi del passato
La prima conferenza internazionale sulla storia dell’energia solare si terrà Genova il prossimo 3 novembre e esaminerà quanto è già noto sulle molte forme in cui l’energia solare può essere usata come fonte di calore a bassa temperatura per scaldare l’acqua e gli edifici, come calore ad alta temperatura per concentrazione mediante specchi, come calore per ottenere acqua dolce dal mare, come calore raccolto e “immagazzinato” negli strati superficiali dei mari; l’energia solare può fornire elettricità mediante fotocelle, utilizzando le forze del vento, del moto ondoso, del movimento delle acque, forze tutte derivate dal Sole. E infine è l’energia solare che “fabbrica” la materia vegetale – in ragione di 100 miliardi di tonnellate all’anno sui continenti – biomassa che a sua volta può essere usata come fonte di energia per le necessità umane, direttamente o trasformata in alcol etilico carburante, come si ricordava qualche settimana fa.
Ai fini dell’utilizzazione “umana” dell’energia solare va notato subito che l’intensità della radiazione solare è maggiore nei paesi meno abitati e in quelli del Sud del mondo e arretrati che sarebbero quindi favoriti da un crescente ricorso a questa fonte di energia: una società solare contribuirebbe quindi a ristabilire una forma di giustizia distributiva energetica fra i diversi paesi della Terra. Come affermò già nel 1912, nella conferenza americana già ricordata, il prof. Ciamician, “i paesi tropicali ospiterebbero di nuovo la civiltà che in questo modo tornerebbe ai suoi luoghi di origine”.