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Le “cinque lampadine”

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Poco più di cento anni fa, il 4 luglio 1904, veniva utilizzato per la prima volta a Larderello, in Toscana, il vapore caldissimo di uno dei soffioni, diffusi in quelle valli, per azionare un motore elettrico con cui vennero accese le “cinque lampadine” elettriche che avrebbero rappresentato una svolta nell’uso delle risorse rinnovabili che il ventre della Terra offre gratuitamente. L’artefice dell’operazione era un giovane toscano, il principe Piero Ginori Conti, e tutto era cominciato con il nonno di suo suocero, Francesco Larderel (1789-1858).

Di nobile famiglia francese questo Larderel era venuto nel 1814 in Toscana ai tempi di Napoleone e aveva cominciato ad interessarsi degli strani fanghi biancastri che si formavano intorno ai soffioni nelle valli interne. Nel 1777 il chimico tedesco Francesco Höfer, direttore delle farmacie del Granducato di Toscana aveva riconosciuto che la polvere bianca di questi fanghi era acido borico, trascinato dal vapore geotermico che arrivava in superficie e poi si condensava nella valle di Montecerboli, vicino Pisa; l’acido borico era noto e raccolto fin dai tempi degli Etruschi e trovava impiego nella preparazione di smalti e vernici e anche in medicina come disinfettante.

Già nel 1818 Francesco Larderel decise di estendere e razionalizzare la produzione e la vendita di acido borico; il granduca di Toscana Leopoldo II aveva apprezzato l’iniziativa industriale e aveva nominato Larderel conte di Montecerboli. Nel 1846 il villaggio di Montecerboli assunse il nome di Larderello. Fino al 1827 l’acido borico veniva ottenuto facendo evaporare con forni a legna l’acqua dei fanghi, ma nel 1827 de Larderel ebbe l’idea di utilizzare per l’evaporazione il calore dello stesso vapore geotermico, prima utilizzazione industriale ed economica di questa fonte energetica.

In quei primi decenni dell’Ottocento la Toscana e la zona di Livorno erano centri di vita intellettuale e commerciale e finanziaria con la partecipazione di una folla di personaggi anche stranieri. In questa atmosfera proprio in Toscana a Pisa si era tenuta la prima Riunione degli scienziati italiani, nel 1846, e negli stessi anni il toscano Eugenio Barsanti (1821-1864) aveva realizzato il primo motore a scoppio.

Per farla breve, con l’acido borico la famiglia de Larderel fece una grossa fortuna, come testimonia, fra l’altro un bel palazzo a Livorno, ora proprietà comunale; a Francesco successe il figlio Federigo e poi il figlio di quest’ultimo Florestano; Adriana, figlia di Florestano, sposò nel 1894 Piero Ginori Conti (1865-1940), figlio di una nobiltà fiorentina che si era guadagnata fama e quattrini negli affari internazionali, orgogliosa della propria tradizione e nello stesso tempo attenta alla cultura e alle innovazioni che attraversavano l’Europa dell’Ottocento.

Fra queste novità un ruolo speciale aveva l’elettricità; la dinamo, la macchina capace di trasformare un moto rotatorio in elettricità, era stata inventata da Antonio Pacinotti (1841-1912). Si trattava soltanto di trasformare il moto di una ruota mossa da una macchina a vapore o dall’energia meccanica dell’acqua in movimento, per ottenere l’elettricità per illuminare le strade, per realizzare reazioni chimiche.

Negli ultimi anni dell’Ottocento l’elettricità fu usata per la fabbricazione dei primi prodotti chimici: del carburo di calcio e della calciocianammide a Bussi, in Abruzzo, per la produzione dell’idrato sodico e del cloro. L’uso del carbone per le macchine termiche che azionavano le dinamo era però costoso; Piero Ginori Conti pensò di utilizzare quel vapore che la Terra offriva gratis nei suoi soffioni, e il cui calore era sottoutilizzato, per produrre elettricità. In quel giorno di cento anni fa Ginori Conti alimentò col vapore geotermico di Larderello un motore a pistoni collegato con una dinamo da 10 kilowatt, la cui elettricità accese le storiche “cinque lampadine” già ricordate. L’operazione fu tanto più importante in quanto il commercio dell’acido borico stava entrando in crisi dopo la scoperta, negli anni ottanta dell’Ottocento, dei grandi giacimenti di borace nella Death Valley della California e poi a Boron, nello stesso stato.

Con Ginori Conti la produzione di acido borico e quella di elettricità furono abbinate; nel 1912 fu fondata la Società Boracifera di Larderello. La produzione di elettricità geotermica andò aumentando fino alla seconda guerra mondiale, quando le centrali furono distrutte. Dopo la Liberazione le centrali furono ricostruite e la società di Larderello fu incorporata nell’Enel.

Piero Ginori Conti fu uno straordinario personaggio che attraversa la storia economica, scientifica e industriale della prima metà del Novecento. Una sua bella biografia, ricca di informazioni su una pagina meno nota dell’industrializzazione italiana, si trova in Internet. L’iniziativa di Larderello attrasse enorme attenzione in tutto il mondo e Larderello e la vicina Pisa divennero un centro di ricerca e consulenza avanzata per tutti coloro che avevano a disposizione manifestazioni geotermiche nel mondo. Tali manifestazioni erano presenti nei paesi industrializzati, come gli Stati uniti o l’Islanda, ma anche in paesi arretrati in cui la nuova fonte di energia diede un contributo essenziale allo sviluppo economico.

Nel mondo l’elettricità geotermica è ottenuta con centrali che hanno una potenza di circa 8300 megawatt; l’Italia, con una potenza installata di 860 megawatt e una produzione di 5 miliardi di kilowattore all’anno, è al terzo posto dopo Stati uniti e Filippine. Il vapore geotermico è usato anche direttamente come fonte di calore per appartamenti, serre, stabilimenti industriali

In occasione del centenario delle “cinque lampadine” la “gente della geotermia” ha avviato in Toscana una serie di incontri per ricostruire la storia della geotermia nei secoli e per fare un bilancio delle prospettive di utilizzazione della forza che il pianeta offre gratuitamente e in maniera abbastanza costante in tante parti della Terra.

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