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Giacomo Fauser (1892-1971)

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Giacomo Fauser (1892-1971) è stato l’inventore del processo che permise, negli anni 20 del Novecento, all’industria chimica italiana, di affiancarsi con successo a quella dei paesi più progrediti. Per valutare l’importanza della sintesi dell’ammoniaca e del contributo di Fauser in questo campo è opportuno tornare all’Ottocento e all’inizio dell’esplosione della popolazione mondiale che era passata da 850 milioni di persone nel 1800 a 1100 milioni nel 1850 e a 1550 milioni nel 1900.
 Fin dagli inizi del 1800 le conseguenze di tale esplosione demografica erano state indicate da un pastore anglicano, Robert Malthus (1766-1834); per sfamare il crescente numero di bocche occorreva intensificare le colture agricole, ma ciò portava l’impoverimento nel terreno dei tre elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio) che, come aveva messo in evidenza Justus von Liebig (1803-1873)( http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=6&tipo_articolo=d_persone&id=53) intorno al 1850, sono essenziali per le piante. La produzione agricola avrebbe potuto tenere il passo con la crescente popolazione solo con l’aggiunta al terreno di fertilizzanti chimici ricavati da minerali o per sintesi.
 L’unica sostanza azotata utilizzabile come fertilizzante era, nell’Ottocento, il nitrato di sodio disponibile in grandi giacimenti nel deserto dell’altopiano cileno; questa scoperta rappresentò la fortuna del Cile e per sessanta anni la progredita e intensiva agricoltura europea dovette dipendere da un fertilizzante proveniente da 15.000 chilometri di distanza. Era naturale che l’Europa industriale cercasse di rendersi indipendente e ciò fu possibile grazie alla sintesi dell’ammoniaca con un processo nato dalla collaborazione di un professore di chimica fisica, il grande Fritz Haber (1868-1934), con un ingegnere industriale, Carl Bosch (1874-1940).
 Con la sintesi dell’ammoniaca, realizzata in Germania su scala industriale a partire del 1910, qualsiasi paese, partendo dall’aria e dall’acqua, poteva fabbricare la materia prima non solo per tutti i fertilizzanti azotati, ma anche per l’acido nitrico indispensabile all’industria degli esplosivi. Credo si possa affermare che la Germania, facilmente tagliata fuori dai rifornimenti di nitro del Cile, ha potuto affrontare la folle avventura della prima guerra mondiale soltanto dopo la scoperta di Haber e Bosch.
 Per la sintesi dell’ammoniaca occorre fare combinare i due gas, azoto e idrogeno, sotto una pressione di centinaia di atmosfere, in presenza di cataalizzatori; bisogna perciò disporre di grandi quantità di azoto e di idrogeno a basso presso. L’idrogeno è presente nell’acqua, ma combinato chimicamente con l’ossigeno, e l’azoto è presente nell’aria, ma in miscela con ossigeno; per ottenere i due gas allo stato puro occorre sottrarre l’ossigeno dall’acqua e eliminare l’ossigeno dall’aria e questo può essere fatto con vari accorgimenti: il processo Haber-Bosch utilizzava carbone fossile, disponibile in grandi quantità in Germania.
 Alla fine della prima guerra mondiale la nascente industria chimica italiana dovette cercare un processo di sintesi dell’ammoniaca che funzionasse con materie prime locali. Fu a questo punto che Fauser, non ancora trentenne, propose alla Montecatini il processo che porta il suo nome e che è basato sulla produzione dell’idrogeno dall’acqua per elettrolisi utilizzando l’energia idroelettrica, cioè l’unica risorsa di cui l’Italia disponesse in quel momento, e dell’azoto dall’aria, nonché sull’uso di basse pressioni (circa 200-250 atmosfere), molto economiche in un momento in cui altri processi operavano a circa 1000 atmosfere. Il primo impianto fu installato a Novara nel 1922 ed ebbe un così grande successo che il metodo Fauser fu adottato in molti altri paesi, fra cui l’Unione Sovietica; nel 1942 funzionavano nel mondo 25 impianti Fauser con una capacità produttiva di oltre 500.000 tonnellate all’anno di ammoniaca sintetica.
 
Il processo Fauser può utilizzare anche una miscela di azoto e idrogeno ottenuta da altre materie prime, per esempio idrogeno ottenuto dagli idrocarburi; l’uso dell’idrogeno elettrolitico, anzi, ha perso importanza nel secondo dopoguerra essendo divenuti disponibili in tutto il mondo enormi quantità di petrolio e gas naturale da cui l’idrogeno può essere ottenuto a basso prezzo.
 Nel primo processo Fanser l’acqua veniva sottoposta ad elettrolisi; sotto l’azione della corrente elettrica l’ossigeno e l’idrogeno venivano ottenuti (rispettivamente al polo positivo e al polo negativo) per decomposizione della molecola d’acqua H2O. L’idrogeno veniva portato a contatto con l’aria (costituita da circa l’ 80 % di azoto e il 20 % di ossigeno), una parte dèll’idrogeno reagiva con l’ossigeno e per combustione, dava acqua e lasciava libero azoto quasi puro.
Per la sintesi dell’ammoniaca l’azoto viene miscelato in proporzioni ben definite con l’idrogeno: la miscela di azoto e idrogeno viene compressa (mediante compressori azionati dall’energia elettrica) a circa 250 atmosfere e viene avviata nei tubi di catalisi in cui reagisce in presenza di catalizzatori, cioè di sostanze che accelerano la combinazione dell’azoto con l’idrogeno e quindi la formazione di ammoniaca. Non tutto l’azoto e l’idrogeno si trasformano in ammoniaca e la parte che non ha reagito viene rimessa in ciclo. L’ammoniaca (un gas a temperatura ambiente) può essere sciolta in acqua oppure può essere liquefatta per raffreddamento e posta in bombole per il trasporto e l’impiego. Dall’ammoniaca si possono ottenere l’acido nitrico (fertilizzanti, esplosivi, coloranti), l’urea (fertilizzanti, materie plastiche, fibre tessili sintetiche), i sali di ammonio (fertilizzanti), ecc.

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