Quando si parla di movimento operaio in miniera, dello sfruttamento inumano del lavoro nelle viscere della terra, del movimento di lotta non solo per il miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia ma per il progresso civile, culturale ed economico di un intero territorio locale e regionale che ha caratterizzato Il bacino minerario sardo, spesso si dimentica di quale ruolo abbiano avuto le donne, le ragazze e, persino, le bambine che venivano assunte in miniera per fare un lavoro mal retribuito. Infatti nella logica della divisione del lavoro, le donne erano subordinate all’uomo; il loro ruolo era quello di cernitrici del minerale, quelle che spaccavano, sceglievano, insaccavano il minerale estratto, lavoravano nei piazzali che stavano davanti ai pozzi e alle gallerie.
Un lavoro massacrante, senza alcuna garanzia sociale, che le donne accettavano perché, in gravi condizioni economiche, dovevano portare almeno un pezzo di pane a casa ! Ma questo lavoro mal retribuito, duro e massacrante causò morti e feriti:Il 4 maggio 1871 furono 11 le donne e bambine, che lavoravano a Montevecchio, morte per il crollo del tetto della baracca in cui riposavano.
Il ruolo della donna fu importante dentro e fuori le miniere nelle lotte, nell’organizzazione del fronte di solidarietà più ampio ma anche di rivendicazione di servizi sociali. L’Associazione Donne delle miniere fu una organizzazione che ebbe appunto questo obiettivo.