“Dove troveremo tutti il pane, per sfamare tanta gente?” Le parole della famosa canzone scout – già ricordata nell’articolo pubblicato in “Altronovecento” n.4, Saggi – vengono alla mente ragionando dei rapporti fra risorse e popolazione mondiale, un tema che le Nazioni Unite hanno trattato nel 1974 a Bucarest e poi nel 1994 al Cairo.
Nella lontana primavera dell’ecologia, nei primi anni settanta del Novecento, il problema dei rapporti fra disponibilità delle risorse naturali e popolazione era all’attenzione dell’opinione pubblica e dei governanti. Nel 1970 la popolazione terrestre era di 3700 milioni di persone e aumentava di 90 milioni di persone all’anno; è salita nel 2004 a 6200 milioni di persone e aumenta in ragione di 60 milioni di persone all’anno. È rallentata la velocità di crescita della popolazione; tuttavia ogni anno un numero di persone uguale alla popolazione dell’Italia odierna si aggiunge a quella di coloro che chiedono acqua, cibo, energia, automobili, abitazioni.
Il problema della popolazione mondiale presenta volti diversi e continuamente mutevoli. In certi paesi, come in Italia e in altri paesi europei, la popolazione è quasi stazionaria e aumenta leggermente soltanto grazie all’immigrazione; in altri paesi, nel Sud del mondo, la popolazione aumenta ancora rapidamente.
Nei paesi a popolazione stazionaria i governanti hanno alterne reazioni; da una parte viene sollecitato l’aumento della natalità, non tanto per amore dei bambini, quanto perché le nuove nascite fanno sperare che, fra alcuni anni, ci siano più lavoratori in grado di pagare le pensioni a se stessi e agli anziani in continuo aumento. D’altra parte ben poco viene fatto per assicurare agli anziani non solo una pensione adeguata, ma condizioni di vita decenti., soprattutto servizi capaci di dare un senso alla vita, di combattere la solitudine, l’isolamento. Ciò richiede fantasia nell’urbanistica, nella costruzione delle abitazioni, negli stessi programmi televisivi, nelle merci che oggi sono progettate per “i giovani”, considerati come principali “consumatori”, mentre gli anziani sono pessimi consumatori.
Nello stesso tempo nel Sud del mondo la crescente popolazione è costituita da ragazzi e giovani in età lavorativa che sono disoccupati, esposti all’incanto consumistico dei grandi mezzi di comunicazione, ormai planetari, e che aspirano a possedere le merci, i frigoriferi, le automobili che la pubblicità inviata dai paesi del Nord del mondo promette. Da qui il “bisogno” di procurarsi denaro, spesso con mezzi illeciti, o di raggiungere i paradisi delle merci del Nord del mondo.
Qualche settimana fa si è parlato della possibile carica criminale e terroristica associata alle migrazioni nel Nord del mondo dalle masse di persone spostate dai mutamenti climatici; ma gli stessi pericoli esistono, e in forma ancora più grande, in seguito all’aumento di numero e alla crescente aspirazione al benessere materiale delle popolazioni giovani del Sud del mondo. La soluzione può essere cercata soltanto eliminando le radici della carenza di beni materiali essenziali. Purtroppo davanti ad un aumento di una volta e mezzo della popolazione mondiale, la produzione di cereali è aumentata appena da 1400 a 2000 milioni di tonnellate all’anno ed è ora stazionaria, la disponibilità di acqua potabile è diminuita, le condizioni igieniche nel Sud del mondo sono peggiorate. Quei mutamenti del clima, di cui si è già parlato in questa pagina, aggravano la situazione. Ma ancora più grave è la disuguaglianza nella disponibilità di alimenti. Dei 2000 milioni di tonnellate di cereali prodotti ogni anno nel mondo circa 1000 sono assorbiti dai 2000 milioni di abitanti del Nord del mondo e appena 1000 milioni di tonnellate sono disponibili ai 4200 milioni di abitanti del Sud del mondo. Lo stesso squilibrio esiste nella disponibilità di energia, con un Nord del mondo, a popolazione stazionaria, con consumi crescenti e con una popolazione del Sud del mondo che ha difficoltà a procurarsi le fonti di energia anche per le necessità più elementari.
“Dove troveremo tutto il pane”, ma anche il cemento, il petrolio, l’acqua, per “sfamare” i 4200 abitanti del Sud del mondo di oggi, le 5000 o 5500 persone – “persone”, si badi bene, non numeri – che abiteranno il Sud del mondo fra appena quindici anni, davanti ad un rallentamento della fertilità dei suoli, alla minaccia di esaurimento di molte risorse minerarie, alla scarsità di acqua?
Una attenta analisi può forse mostrare che la tanto auspicata crescita economica del Nord del mondo passa non tanto nell’ulteriore invasione dei mercati ricchi con merci di cui essi sono già sazi, ma nella progettazione e creazione di macchinari e merci e servizi che aiutino i paesi del Sud del mondo a uscire dalla miseria.