La casa come un essere vivente? che cosa vi salta in mente? Ha senso considerare la nascita, la vita e il funzionamento di una casa o di un edificio come quelli di un essere umano, come qualcosa che può ammalarsi, che ha bisogno di cure per essere conservata in buona salute?
La domanda è meno banale si quanto si pensi. Intanto anche una casa ha una sua “storia naturale”, vitale. Per fabbricarla occorrono delle materie prime tratte dalla natura, rielaborate e trasformate alla fine in muri, finestre, vetri, ascensori. Una casa è in grado di soddisfare dei bisogni umani, solo se è alimentata continuamente con materiali, come l’acqua e le fonti di energia. L’uso della casa porta inevitabilmente ad un degrado della sua qualità merceologica, della sua attitudine a soddisfare bisogni umani.
Anche le case e gli edifici hanno una loro vita utile, alla fine della quale devono essere demoliti o ricostruiti e i materiali originali – cemento, calce, sabbia, ghiaia, vetro, infissi – vanno a dilatare una qualche discarica di rifiuti inerti, praticamente irrecuperabili. Soltanto una continua revisione, manutenzione, pulizia, riparazione può prolungare la vita di un edificio. Solo pochissimi monumenti sono sopravvissuti dall’epoca antica o dal Medioevo fino ad oggi, rispetto ai milioni di case, ma anche di fabbriche e palazzi, scomparsi – “morti”, se vogliamo usare questo termine – senza lasciare traccia.
Sarebbe possibile migliorare la qualità e allungare la vita delle case? E’ un problema a cui qualche governo comincia a dedicare attenzione: un esempio è offerto dalle norme europee che impongono un aumento della sicurezza e della durata degli impianti elettrici, delle uscite e delle scale: norme che, fra l’altro, offrono occasioni di occupazione e lavoro.
La qualità dell’aria all’interno degli edifici può essere migliorata con una adeguata ventilazione ed evitando errori nella scelta dei materiali da costruzione. Da una ventina di anni a questa parte, per esempio, si è costatato che l’aria all’interno degli edifici contiene il gas radioattivo radon, che si forma continuamente dal decadimento dell’uranio e del torio che sono presenti nelle lave, nei graniti, in molti cementi e rocce. Una trappola tecnologica da cui è possibile uscire con una adeguata scelta e controllo chimico e fisico dei materiali impiegati nelle costruzioni.
Un altro esempio di come la vita di una casa – e la salute dei suoi abitanti – possono essere compromessi è rappresentato dalla scoperta che per decenni in molti materiali adatti per l’isolamento termico ed acustico è stato impiegato amianto, un minerale fibroso, le cui sottili fibre, durante l’uso e l’usura dei pannelli isolanti, si disperdono nell’aria e provocano effetti cancerogeni. E’ così apparso che l’apparente efficienza economica, il minore consumo di energia, aveva fatto cadere in una trappola così grave che adesso tutti i materiali contenenti amianto devono essere tolti dalla circolazione e sostituiti con altri materiali isolanti, meno nocivi, che pure esistono in commercio.
Si accennava prima che, per la sua vita, una casa deve essere ”alimentata” con un continuo flusso di acqua che occorre agli abitanti per le cucine, i bagni, per lo scarico dei rifiuti. Nelle case e negli edifici di acqua – un bene scarso – se ne usa troppa; eppure i consumi potrebbero essere diminuiti con perfezionamenti nei rubinetti, docce, gabinetti, o anche predisponendo due circuiti di distribuzione dell’acqua, uno alimentato con acqua di buona qualità per usi alimentari, di cucina e di lavaggio, e uno alimentato con acqua di qualità anche scadente per i gabinetti e per annaffiare.
I consumi di energia richiesti dall’illuminazione e dal riscaldamento, funzioni essenziali per la vita della casa, potrebbero diminuire orientando in maniera adeguata gli edifici, predisponendo le finestre in modo da rendere massima la luce all’interno delle stanze, utilizzando il calore solare per il riscaldamento domestico, un’occasione avviata e perduta come dimostrano le migliaia di metri quadrati di pannelli solari, installati e poi abbandonati alla corrosione, sul tetto di scuole e case. Tutto questo è oggetto di studio da parte di una speciale disciplina, la bioarchitettura, anche se le indicazioni di tale disciplina trovano ancora sordi troppi costruttori e progettisti.
Eppure la vita delle case e la qualità della loro vita – e di quella degli abitanti – può essere prolungata e migliorata soltanto se gli edifici sono progettati, fin dall’inizio, con nuovi razionali criteri, fra l’altro imposti dai vincoli ecologici e territoriali con cui si dovranno fare sempre più i conti.