Indice
Breve sintesi
L’area di edificazione dell’Istituto di Istruzione Superiore “Rolando da Piazzola” presso Piazzola sul Brenta (Padova) è uncaso di storia ambientale nell’ambito dell’eredità industriale nazionale ed europea, tanto più significativo per essere oggi una scuola in funzione con missione educativa e civica e, al contempo, un cantiere in corso di caratterizzazione su incarico della Provincia, Ente proprietario. Non solo. Con l’avvicendamento delle ricerche tecniche, questo sito è anche una lente sulla scienza post-normale, quell’ approccio tra politica e ricerca, conoscenze scientifiche e decisioni, in cui “fatti incerti, valori controversi, poste in gioco elevate e decisioni urgenti” non dissimulano la complessità e richiedono nuovi strumenti di analisi1Tra gli innumerevoli contributi citiamo una intervista recente a S. Funtowicz, “Cos’è e cosa non è la scienza post-normale”, in Scienza, politica e società. L’approccio post-normale, a cura di A. L’Astorina e C. Mangia, Roma, CNR, 2022, pp. 43-46..
Prima sede di una fabbrica di colle e concimi chimici della famiglia Camerini (1891-1930), in seguito fabbrica di fertilizzanti chimici della Montecatini (1930-1963), l’area in oggetto è stata declinata in utilizzi vari fino ad essere interessata da un travagliato iter progettuale-edilizio (1976-1987) che ha portato alla realizzazione di una scuola dai costi e dai tempi molto diversi da quelli previsti.
Queste sovrapposizioni esibiscono una “macchia cieca” sulle conseguenze ambientali ereditate e una rimozione della storia del luogo, aspetti a loro volta legati ad un gorgo amministrativo orientato alla transizione produttiva e urbana di Piazzola negli anni ’70. Nel 2020, la scoperta casuale della contaminazione dell’area ex-Montecatini, che comprende l’attuale scuola e un piccolo abitato confinante a nord, ha prodotto un iter di indagini da parte degli Enti preposti. Come “effetto reversivo” di questa vicenda, la scuola si è messa in cerca della sua storia e si è posta in dialogo col territorio e le altre Istituzioni coinvolte. Ad oggi, nel pieno della caratterizzazione in atto, la sfida è sviluppare un processo di citizen science. Per comprendere la possibile vulnerabilità agli inquinanti della popolazione e degli utenti in circa quarant’anni di esposizione, la Comunità si è rivolta all’equipe del prof. Annibale Biggeri, epidemiologo dell’Università di Padova. Raccontiamo alcuni passi intrapresi tra ricerca epidemiologica, ambientale e storico-epistemologica.
Introduzione
Il destino di un sito contaminato sembra condividere le sorti di una ferita, spesso improvvisa, che può essere sanata solo in una prospettiva sistemica, proprio come avviene nei processi fisiologici di riparazione. Una guarigione di “prima intenzione” a differenza di una “di seconda o terza intenzione” passa, infatti, per una elaborazione sintonica e progressiva dei processi. In questo senso, un mancato coinvolgimento della cittadinanza nella “comprensione” delle operazioni tecniche agite sul suo territorio contaminato ripropone la stessa dinamica di cui il sito in questione è prodotto: una interruzione generazionale della storia di un luogo, una scelta di altri dall’alto e, dunque, una formazione di cheloidi, per rimanere nella metafora.
Come in passato i lavoratori coinvolti in attività dagli effetti inquinanti non comunicavano a figli e nipoti il rischio cui esponevano sé, gli altri e l’ambiente in nome del progresso a cui erano “votati”, così, oggi, per altre motivazioni, questi stessi nipoti, cresciuti ignari delle sostanze ereditate sul luogo, rischiano di perpetuare l’oblio sulla loro “eredità senza testamento” (René Chair). Diversamente detto, le ragioni di quanto ereditato non spesso non comprese o non sentite per chi rimane oggi; nondimeno l’eredità esiste e occorre un orizzonte di senso per poterla affrontare.
Questa notazione non è di poco conto, né sul piano individuale né su quello sociale: la perdita di memoria materiale, la legacy tra le generazioni, può generare rotolamenti inerziali di eventi – a tratti assurdi o criminosi – che restringono le possibilità di espressione democratica dei luoghi e dunque delle persone, salvo piombare all’improvviso dopo anni e richiedere un grande sforzo di ricostruzione.
Questo che raccontiamo qui, è un piccolo esempio. Infatti, la memoria materiale di terra, acqua e aria nel quadrilatero di via Dante e via Corsica a Piazzola sul Brenta (Padova) – non potendo essere obliata dall’ambiente – sta influenzando il modo in cui chi resta sta abitando questi luoghi e senza uno “straniamento critico” ci si può facilmente dimenticare, quando non abituare, alle ristrettezze di una vita contaminata ma apparentemente prevedibile, piuttosto che fronteggiare tale vita con impegno.
L’Istituto Rolando da Piazzola sta procedendo in operazioni di presa di coscienza e conoscenza progressive. Nel sito contaminato, operano ogni giorno circa 850 persone tra studenti, docenti, personale lavorativo e figure esterne correlate. Come si comporta una scuola nel suo territorio, e cioè un luogo generativo di educazione e cultura nel tessuto connettivo di cui è parte? E di fronte alle incertezze delle misurazioni ambientali o di un mancato profilo di studio sanitario, come esprimere la propria inquietudine senza generare polarizzazioni? La soglia degli inquinanti rilevabili e la soglia della accettabilità del rischio quanto è influenzata dalla “destinazione d’uso”? Questi sono alcuni degli interrogativi messi a fuoco nel percorso di citizen science che stiamo provando a intraprendere e sono aspetti culturali, ancorché scientifici..
Tra storia “celebrata” e “dimenticata”
Dal 1891 l’avvocato Paolo Camerini attuò una industrializzazione della sua proprietà fondiaria con l’obiettivo di rendere più efficiente la produzione. Piazzola sul Brenta fu la realizzazione della sua tesi di laurea “Le funzioni della grande proprietà rispetto alla produzione agricola e ai lavoratori del suolo”. Un capitolo storico di quanto magistralmente evidenziato dal giurista Paolo Grossi nelle pagine introduttive del suo volume “Un altro modo di possedere”2P. Grossi, Un altro modo di possedere, Napoli, Giuffré, 2017., secondo il quale la cultura giuridica Ottocentesca, prima ancora di essere dominata dal capitalismo, era un “assetto repellente” alla proprietà collettiva a causa del paradigma della proprietà individuale e del diritto soggettivo imperante.
Attraverso investimenti su innovazione agraria, lavorazioni/sperimentazioni industriali, sottomissione della manodopera e rinvestimento economico in un’area precedentemente adibita a monocolture poco redditizie, la transizione capitalista del Camerini si ispira al “benevolo paternalismo” orchestrato da diverse famiglie in Veneto impegnate a fronteggiare “bisogni agricoli in crisi”3Tale ricostruzione si giova del lavoro di ricerca di Carlo Fumian, confluito nel volume riedito La città del Lavoro. Storia di una utopia agroindustriale nel Veneto Contemporaneo, Padova, Marsilio, 2010.
L’attività di ricerca di alcuni docenti dell’Istituto Rolando ha provato a raccontare il rovescio di questa “utopia agroindustriale” veneta e cioè le conseguenze di quello sviluppo socio-economico, poi interrotto, che ha lasciato non solo scorie inquinanti ma anche una problematica spinta emancipatoria nelle persone e nei discendenti4Cfr. S. Meneghetti, Il Comune di Piazzola sul Brenta: aspetti amministrativi e sociali negli anni del II dopoguerra, tesi di laura gentilmente concessa dalla Fondazione Ghirardi onlus di Villa Contarini..
Proprio nel terreno di una delle fabbriche Camerini, quella di “colle e concimi chimici”, pietra angolare del progetto, iniziarono le lavorazioni dei perfosfati, dapprima mediante l’impiego di scarti ossei animali da mescolare con acido solforico e poi con l’impiego delle fosforiti minerarie dal nord Africa. Da qui, utile rileggere la storia del colonialismo francese fine Ottocentesco. A Piazzola fu cruciale l’introduzione della lavorazione delle piriti per produrre in loco acido solforico, in grado di rendere solubile il fosfato tricalcico delle fosforiti. Oggi, la testimonianza fisica del terreno ci lascia in eredità metalli e numerose altre sostanze, in parte compatibili con l’attività di arrostimento nei forni e con le lavorazioni chimiche del ciclo dei concimi. Queste conseguenze, come a volte accade, non sono il prodotto di un mercato fiorente. Infatti, fin dal loro esordio5Archivio comunale Piazzola sul Brenta (d’ora in poi AC), busta 125, lettera ing. Francesconi all’Amministrazione Camerini. Cfr. E. Zamagli, “L’industria chimica in Italia dalle origini agli anni ’50”, in Montecatini 1866-1966 capitoli di storia di una grande impresa, a cura di B. Bezza e F. Amatori, Il Mulino, Bologna 1990, pp. 69-139., i concimi chimici furono un settore sottoposto a forte concorrenza estera, competitivo e sregolato sul piano interno, spesso senza tutele da parte dello Stato e dipendente da infrastrutture inadeguate. Malgrado l’intraprendenza del Camerini6Sono costanti le ricerche di Paolo Camerini per ottimizzare il mercato di Perfosfato, sia mediante la ricerca di giacimenti di fosforiti da acquistare e poi naufragati (AC, busta 125); sia mediante l’individuazione di tecniche più promettenti, come ad es. il Super-Tetrasfosfato, lavorazione del prof. Stoppani, di cui Camerini ottiene il monopolio esclusivo già nel 1916 (AC, busta 234). e i ripetuti tentativi di coordinamento del mercato di perfosfato, il progetto dell’imprenditore piazzolese, per una serie di congiunture sfortunate, tra cui la concorrenza, la I guerra mondiale, le crisi da sovrapproduzione e finanziaria, viene interrotto dopo circa 40 anni di attività instabile. Nel frattempo la “Montecatini. Società per l’industria chimica e mineraria” costituitasi nel 1866, inizia la sua scalata assorbendo gli stabilimenti di “Colle e concimi” e “Unione Concimi” nel 1920, costituendo il centro di consolidamento monopolistico dei procedimenti di sintesi dei fertilizzanti con sempre più forza durante il fascismo e le sue politiche autarchiche7Si veda B. Bezza, F. Amatori, Montecatini 1866-1966, cit.. Lo stabilimento produttivo dei Camerini è così progressivamente ceduto insieme ad altre proprietà. Il 1° maggio 1930 la fabbrica di concimi chimici diviene ufficialmente una sede della Montecatini8AC, busta 234..
Lo stabilimento della Montecatini è investito dagli strascichi della crisi finanziaria prima e dagli eventi drammatici della seconda guerra mondiale dopo, causa principale dell’interruzione di produzione per il mancato rifornimento di fosforiti dal Nord Africa e poi per l’occupazione nazi-fascista della fabbrica tra il ‘43 e il ‘45. Nel 1946 il CLN di Piazzola preme per la riapertura della fabbrica e le carte riferiscono lavoro gratuito per mesi da parte degli operai, pur di ripristinare gli ambienti lavorativi e i macchinari ormai obsoleti. La produzione si riavvia e sappiamo che essa aumenta fino a raggiungere annualmente la produzione di 120 quintali di Acido solforico e 160 quintali di perfosfato9“l’Unità”, 24.51959., quantità che bastava a fornire di concimi tutto il padovano. Nel 1947 abbiamo la prima testimonianza di indennizzo per i danni da esalazione di gas provocati dalla fabbrica agli orti e ai vigneti del vicinato. Evidentemente non è l’unica richiesta, se la Montecatini predispone un modulo poi firmato da tutti i soggetti danneggiati10AC, busta 294..
Ancora in una testimonianza scritta, risalente al 2004:
Posso parlare dell’esperienza di mio papà che lavorava alla Montecatini, al cui interno i lavoratori non avevano neanche la terra; la maggior parte era gente uscita dalla guerra che si è trovata in panne, con la necessità di lavorare e si è adattata alla tipologia di lavoro che era anche nociva, come la fabbrica di concimi chimici. […] questo bisogna ricordarlo, anche a quei sessantenni che dicono: “Ma perché parlate di queste cose!” bisogna ricordare, perché questa gente che ha lavorato ha costruito l’Italia11Il colore dei ricordi, a cura di R. Marconato, Piazzola sul Brenta, Comune di Piazzola sul Brenta, 2004, p. 108..
Alcuni – ci racconta oggi Bruno – sono stati trasferiti a Vicenza (un operaio morto poi di tumore, ma anche un impiegato …) poi a Marghera. Il clima era lavorare per la pagnotta. Ed eravamo pure fortunati perché altrimenti dovevamo andare all’estero.
Tra le testimonianze raccolte sul finire del 2021, molte ci hanno dato conferma del fatto che la situazione nociva fosse nota, ma non davvero percepita come tale:
Io – riferisce Nicoletta – ricordo la mura a nord, nella zona dietro il deposito autobus. Questa venne abbattuta prima degli anni ’80. Dopo la “mura” a 20 m dalle strutture della Montecatini c’era un fossato dove probabilmente sversavano fanghi. Io ricordo verso nord pozzanghere verdi-turchese mentre più a ovest pozzanghere giallo-verdi. Poco più a nord giocavamo.
Come rilevano alcune delle testimonianze citate, le condizioni lavorative difficili e le conseguenze nocive delle produzioni, sia pur non corroborate da studi scientifici dedicati, erano aspetti già noti nel secondo dopoguerra. La narrazione della povertà prima e poi del “sacrificio nazionale”, sono tipiche del processo di “autocolonizzazione” industriale vissuto dall’Italia che ha portato a costi ambientali e sanitari rimossi12P.P. Poggio, M. Ruzzenenti, “Introduzione” in Il caso italiano. Industria, chimica e ambiente, Milano, Jaca Book, 2012, p. 12.. Per poter comprendere la faccenda, in assenza di un Consiglio di fabbrica o di documenti attestanti le visite di medici del lavoro a Piazzola, abbiamo fatto ricorso alla descrizione di un altro stabilimento Montecatini dalle lavorazioni identiche, quello di Falconara Marittima attiva dal 1919 al 1986. Anche qui le cattedre ambulanti di agricoltura avevano diffuso l’idea di Liebig sull’utilizzo di prodotti inorganici per aumentare la fertilità dei suoli, e nel 1929 la Montecatini assorbe anche questa fabbrica nata lontano dalle aree abitate, tra Falconara Marittima e Montemarciano, in osservanza della legge Crispi-Pagliani (1888). Il settore dei fertilizzanti entra in crisi anche qui, sia per la guerra, sia per la crisi successiva che porterà progressivamente l’industria chimica verso i concimi azotati e il petrolchimico. Negli anni ’70 – a seguito della diffusione delle prime legislazioni sulla tutela ambientale, come la Legge Merli (1976), e dei dispositivi di tutela della salute sul lavoro, poi confluiti nella legge Galli (1994) – abbiamo testimonianza di misurazioni di polveri negli ambienti di lavoro secondo i parametri allora vigenti (MAC = massime concentrazioni ammissibili, riportate nel Testo Unico di Leggi Sanitarie del 1934 poi confluito nella Circolare Ministeriale 162, 1971). Le intossicazioni lievi o moderate degli addetti alle camere di piombo, e l’indagine sui lavoratori con oltre 15 anni di servizio mostrano stime di “patologie” che superano l’80%. Proprio la banca dati dei lavoratori porterà all’introduzione di un qualche rinnovamento tecnologico e adeguamento anti-inquinamento, prima di abbandonare la produzione13G. Campana, R. Giacomini, Il sito ex Montedison di Falconara. Storia, situazione e prospettive di recupero, Falconara Marittima, Comune Falconara Marittima, 2006, pp.72-75 (si ringrazia il Comune di Falconara Marittima e la sua biblioteca)..
Allora, i rischi sulla salute erano come inghiottiti dall’ineluttabilità dell’industrializzazione, promessa di riscatto dalla povertà, amaro baratto dei più fragili. Ma dopo? In alcuni fonti orali citate su Piazzola non può non colpire il riferimento ai sessantenni protagonisti di quell’ondata che ancora a quarant’anni di distanza si rivolgono ai loro nipoti chiedendo “di non parlare di queste cose”. Di fatto alla narrazione del riscatto dalla povertà si unisce la celebrazione del progresso e dello sforzo postbellico a cui si aggiungerà, presto quella del riscatto sociale di Piazzola, con una edilizia di interesse pubblico, di cui la stessa scuola è testimonianza.
Verso la scuola
A partire dal 1969 l’aumento demografico e la strenua volontà di garantire una formazione scolastica ai suoi abitanti spingono il Comune ad individuare dei luoghi idonei per un distaccamento della scuola superiore per geometri e ragionieri di Cittadella. Successivamente, verso la metà degli anni ’70, Piazzola vuole costituirsi in “distretto scolastico” autonomo e cerca un’area da destinare al nuovo polo di istruzione.
Piazzola è attraversata fin dalla fine della guerra da un doloroso travaglio che riguarda la destinazione d’uso dei terreni, strade, edifici che furono dal secolo precedente in mano alla famiglia Camerini. Venne definito un “Paese in vendita”14Titolo del “Il Gazzettino” in Il colore dei ricordi, cit. p. 40. e i costi della cessione dei beni Camerini, affidati alla gestione d’affari della famiglia Bergami di Bologna, fu una pagina triste. La Democrazia Cristiana al potere aveva le seguenti priorità: dare una casa alle persone che spesso avevano lavorato per generazioni sotto i Camerini senza potersela permettere; garantire l’istruzione e la formazione, potenziando i plessi scolastici; curare la viabilità che con la guerra aveva riportato ingenti danni; fornire assistenza sanitaria e lavoro15AC, verbali vari delle riunioni di giunta anni ‘56-’60.. Tra il 1946 e il 1951 si sollecita il Ministro dell’agricoltura On. Segni a mettere in campo misure per consentire l’acquisto delle terre da parte dei contadini. La Cassa della Piccola Proprietà Contadina insieme all’Ente Comunale di Assistenza riesce tramite il sostegno dello Stato a favorire l’impresa. L’assistenzialismo fa fronte al riscatto degli immobili, ma anche alla disoccupazione e ai sussidi di sostentamento. Tra il 1951 e il 1961 si assiste ad una forte emigrazione a causa del declino delle attività industriali, come testimonia la chiusura dell’Industria Montecatini e la crisi delle altre fabbriche, tra cui lo Jutificio. In una tesi di laurea sugli anni del dopoguerra a Piazzola leggiamo:
Gli anni del dopoguerra furono caratterizzati da una grave crisi economica che segnò gli aspetti occupazionali e sociali di Piazzola. E’ necessario tuttavia sottolineare che il paese si trovava in una posizione anomala rispetto agli altri Comune, essendo ancora per alcuni anni dopo la guerra condizionato dal “paternalismo cameriniano”. Questo aveva soffocato per molto tempo lo spirito di iniziativa dei piazzolesi16S. Meneghetti, Il Comune di Piazzola sul Brenta, cit., p. 71..
Posizione che commenta la frase del Sindaco Angelo Rossi intervistato nel 2002: “la gente non era mai stata abituata a camminare da sola”17Ivi.. Su questa eredità si staglia il dibattito sul Piano Regolatore Generale del paese, che – perse le industrie e senza prospettive di miglioramento produttivo – cerca di imitare i modelli urbani limitrofi. Il pericolo è che le terre acquistate con i sussidi statali vegano rivendute a privati, cosa che in parte si verifica. La classe politica democristiana dal 1974 al 1976 più sensibile alle istanze del partito di opposizione, il Partito Comunista, rileva l’importanza di non generare una speculazione edilizia in ambito privato a svantaggio dei meno abbienti. Sono pertanto discussi e sovvenzionati numerosi piani di edilizia popolare, che spesso negli anni precedenti avevano fatto appello alle realtà produttive ancora esistenti, come il caso dei magazzini di via Corsica di proprietà della Montecatini che vengono ristrutturati e ottengono l’abitabilità sanitaria18Documenti consultati presso AC.. Nel 1974 si discute sull’opportunità di “espropriare” alcune aree private per funzionalizzarle pubblicamente. E sarà proprio questo il caso dello dell’area exMontecatini di proprietà dello Jutificio. Tuttavia, in una fase preliminare, durante una riunione di giunta, è significativo notare che il sindaco Angelo Rossi affermi:
Quanto all’area dell’ex Montecatini, se destinata a tale scopo, il Comune dovrebbe indennizzare il valore delle aree e dei capannoni, per abbatterli e risanare il terreno, con costi notevoli che, posto che si avessero le possibilità, ricadrebbero necessariamente sul prezzo delle aree da cedere ai lavoratori, svuotando economicamente di ogni senso il piano di zona. Il discorso comunque rimane aperto, come aperti siamo noi ai suggerimenti di tutti19AC, delibera di giunta n. 115, 28.09.1974..
Siamo nel 1974, comprendiamo che i capannoni impiegati per l’allevamento avicolo sono ancora in piedi e che l’area è da bonificare. E che la costruzione di case è un’impresa economicamente svantaggiosa. Tutto è ancora da decidere.
La pressione per il plesso scolastico intanto aveva fatto individuare un’area poco più a est che ancora nel 1974 era stata dichiarata come “area attrezzata a verde” e perciò sottoposta a vincoli di edificabilità. Tuttavia, a causa dei suddetti vincoli, nel 1976 l’Ufficio Tecnico della Provincia di Padova esprime la volontà di “soprassedere” all’acquisto20Archivio Provincia di Padova (d’ora in poi AP), busta 151, comunicazione al Comune di Piazzola sul Brenta da parte dell’Ingegnere capo della Provincia, 6.2.1973.. Il 27 settembre 1976 con delibera reg. n. 245 l’amministrazione provinciale revoca ufficialmente la precedente proposta di acquisto, dirottando gli interessi verso la Sez. U, foglio 27, mappale 9221AP, busta 151, delibera reg. n. 245, 27.09.1976.. È l’area nota a tutti come “l’area dei concimi”, da sempre considerata ai margini del contesto urbano e poco salubre dai residenti stessi, come visto. Secondo il P.R.G. allora vigente la zona era “area industriale” ma nella “variante al P.R.G. adottata con deliberazione n. 111 del 27/09/1977 e n. 1 del 4/01/1978 e n. 2 del 12/01/1979 ed inviata alla Regione Veneto con nota n. 4928 del 30/08/1978”22AP, busta 151. diventa “area di pubblico impiego – scolastica”. Tra il 1977 e il 1980 viene definito l’acquisto del nuovo sito per complessivi 155 milioni di lire da versare come indennizzo per “espropriazione di pubblica utilità, urgente e indifferibile” alla S.p.a. Jutificio di Piazzola sul Brenta di proprietà del conte Luca Galletti, ormai in fallimento.
Pertanto, con un cambio di dicitura, tra il ’77 e il ’79 il Comune di Piazzola in risposta alle esigenze della cittadinanza modifica il P.R.G., destinando un’area inquinata nota a tutti – ma che si sarebbe rivelata ufficialmente come tale solo nel 2020 – ad una scuola.
Il vice Presidente della Commissione Provinciale Aldo Businaro e l’assessore per la Pubblica Istruzione Giuseppe Faggionato indicano nella figura dell’Architetto Mario Bellini di Milano il destinatario di progetto per la realizzazione del nuovo Istituto. Modificando il P.R.G., l’assessore Faggionato sottolinea “l‘esigenza di inserire la scuola nel tessuto urbanistico locale”23Ibidem.. La scommessa delle Giunte democristiane è recuperare l’area dismessa della città, reintegrandola in spazi da adibire non solo all’utenza scolastica ma anche alla cittadinanza locale24Si veda la planimetria del primo progetto completo e riferimenti sparsi alla pubblica utilità dei luoghi in costruzione per la comunità.. Ma i lavori non iniziano con altrettanto tempismo: l’architetto Bellini attende le indagini geognostiche per ultimare le fasi tecniche di progettazione. L’Ufficio tecnico della Provincia è in realtà impegnato a fare i conti con il sottosuolo dell’area che frena i lavori di fondazione, ma non cede di un millimetro al “principio di realtà”, potremmo dire, verso il quale le emergenze inquinanti e di scarto spingevano. Al contrario, la macchina è avviata. Nel 1978 erano state effettuate delle indagini geognostiche dalla Ditta di Adria Sacchetto Carlo & Figli, poi relazionata dall’ing. Matteotti dell’Università di Padova25AP, busta 145.A2, relazione Sacchetto.. In tale relazione, sorprendentemente, non sono menzionati gli imponenti residui demolitori, né le preoccupanti colorazioni chimiche del sottosuolo, malgrado la penetrazione profonda (fino a 20 metri) dell’ispezione. Si comprende, quindi, come la reale prosecuzione dei lavori e la progettazione del Bellini in particolare, si siano ritrovate abbastanza improvvisamente, di fronte a uno scenario ben diverso che addirittura aveva spinto ad ipotizzare in un primo momento ad una sopraelevazione dal piano terreno di 70 cm26AP, busta 151, variante al 1°stralcio di progetto di Bellini, 14.10.1982, p. 2-4..
Una macchia cieca, più o meno intenzionale, era compensata dalla visione di una scuola sulla fovea collettiva, obliando completamente le evidenze del terreno. Che la realtà fosse altra sembra accorgersene solo il D.L. di allora, Giuliano Mason che deve giustificare ben altri procedimenti tecnici, un avanzamento dei lavori nullo e costi economici raddoppiati. Nel 1982 egli realizza una perizia suppletiva di ricalcolo costi corredata da archivio fotografico dello stato dell’arte dell’area.
Nella perizia generale del 1984/85, all’interno della sezione “i superi di spesa sono così determinati”, il dl afferma27AP, busta 145.A2, perizia suppletiva generale 1984/85 (corsivo mio).:
La natura della produzione industriale chimica protrattasi per oltre settant’anni, non poteva non aver lasciato tracce inquinanti di un certo tipo. Successive analisi del laboratorio di Igiene dell’Università di Padova, tempestivamente ordinate dal D.L., accertarono la massiccia presenza di solfati la cui azione disgregante sui calcestruzzi è ben nota (sotto la loro azione, lo ione del carbonato di calcio si trasforma in gesso …). Indipendentemente da questa presenza di solfati, superata con l’uso di calcestruzzi realizzati con cemento d’altoforno nonché aumentando il “copriferro” da 2 a 5 cm, la presenza di un numero considerevole di “fosse” all’interno dell’area interessata dalla costruzione, usate per interrare materiale di scarto della Montecatini.
La preoccupazione nel giustificare le proroghe di contratto e la lievitazione dei costi, che a fine lavori sono stimati in oltre il 60% in tutti i reparti28AP, busta 145.A2, perizia suppletiva n. 4 datata 1986. Le voci sono: opere edili +60%; impianto idrosanitario +92%; impianto elettrico + 63%; impianto riscaldamento + 75%., rimuove totalmente il problema ambientale. Nessuna azione di rivalsa contro la ditta Sacchetto è intentata dalla Giunta, né viene imputata di alcunché la ditta responsabile dell’interramento dei materiali demoliti della fabbrica Montecatini. Cosa fu percepito di questa situazione allora? Un aumento stimato in 380 milioni29AP, busta 145.A2, comunicazione dell’ingegnere capo, 23.06.1982., più del doppio del valore di acquisto dell’area, e “batoli” di cemento necessari per il deposito delle fondazioni, una proto opera di bonifica30AP, busta 145.A2, corridoi di cemento d’alto forno su cui appoggiare le fondamenta (documentazione fotografica)..
Sulla cattiva gestione della vicenda, dallo sperpero di denaro pubblico31AP, busta 145.A2, articolo di giornale del 29.8.1988. alle responsabilità non perseguite, e alla superficialità delle delibere di urgenza, si concentrano le accuse del Gruppo Comunista guidato dalla prof.ssa Lia Biagi che fanno eco sui giornali di allora32AP, busta 145.A2, risposta all’interrogazione del Gruppo Comunista, 1987..
Ma nessun rilievo viene dato alla questione ambientale che pure era latente fin dai tempi di attività della fabbrica. La scuola è consegnata il 19 giugno 198733AP, busta 145.A2, fine lavori comunicazione Presidente Frigo, 1988. con complessivi 530 gg di ritardo34AP, busta 145.A2, riepilogo in Mason perizia suppletiva n.4 e comunicazione 1986. e costi sestuplicati.
La scoperta dell’inquinamento
Immerso in una totale imperturbabilità per trentatré anni – dal 1987, anno di inaugurazione, al 2020, anno della scoperta dell’inquinamento – l’istituto Rolando ha vissuto una vita felice. All’improvviso, dal 2020, tale scenario è perturbato da ispezioni penetrometriche, misure di sorveglianza indoor/outdoor, limitazioni delle aree verdi in via precauzionale e operazioni tecniche varie ancora lontane dall’essere concluse. Tra il 2019 e il 2020, una ditta incaricata dalla Provincia di Padova, proprietaria della scuola, avvia delle indagini geognostiche nell’area destinata all’ampliamento dell’Istituto “Rolando da Piazzola” (sub area2).
La verifica delle condizioni ambientali da parte della medesima ditta nell’agosto 2020 porta alla necessità di redigere una “Relazione tecnico-descrittiva” che coinvolga questa volta l’intero sito del Rolando. A partire da questa relazione del dicembre 2020 si determina un climax ascendente di indagini da cui riaffiora il passato industriale del sito.
Nella “relazione tecnico descrittiva” sopracitata emergono superamenti dei limiti di legge per le Concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) ai sensi del D.Lgs 152 del 200635“Le analisi chimiche condotte sui campioni di terreno e matrice di riporto prelevati hanno evidenziato superamenti dei limiti di legge fissate dalla tab. 1 col. a del D.Lgs. 152/06. Tali superamenti riguardano in particolar modo i metalli pesanti, in particolare si rilevano concentrazioni rilevanti di Arsenico, Antimonio, Mercurio, Piombo, Zinco e Rame, con superamenti diffusi in tutti i campioni prelevati, alcuni parametri dei Policiclici aromatici ed in minor misura idrocarburi pesanti C > 12. […]”. In Relazione tecnico descrittiva delle indagini ambientali matrici suolo e sottosuolo del dicembre 2020, p. 39-40 (corsivo mio). a seguito delle quali: “si considerail sito come potenzialmente contaminato. […] si evidenzia la necessità di attuare quanto previsto dall’art. 245 e 242 del D.lgs. 152/06, in particolare si dovrà procedere alla presentazione del Piano di caratterizzazione […]”.
Nel febbraio 2021 viene proposto il modello concettuale preliminare e il piano di indagini del Piano di Caratterizzazione. Tale piano deve poter procedere alla effettiva misurazione del rischio ambientale e della soglia di rischio per i recettori umani, ma l’exposure assessment non è di fatto ancora prospettato, malgrado le tre campagne di indagine su quattro concluse e il fatto che l’area sia abitata ogni giorno da giovani in crescita. Gli Enti preposti, sia per le procedure di misurazione in corso, sia per l’intrinseca incertezza che avvolge tale indagine, al momento rassicurano che indoor non ci sono rischi. Mentre l’area esterna è stata in via precauzionale interdetta. A fronte di questo stato di cose che limita l’attività didattica, si è premuto per partecipare ai tavoli tecnici.
La Conferenza dei Servizi a marzo 2021 con Amministrazione Comunale, Provincia, SPISAL, ARPAV ha approvato il piano di caratterizzazione e – su esplicita richiesta – hanno potuto presenziare alla riunione come ospiti sia il Dirigente Scolastico che il Presidente del Consiglio di Istituto. Grazie alla parziale apertura dei tavoli tecnici, la comunità scolastica ha potuto avanzare delle proposte, poi accolte, come l’indagine dell’area nord-ovest sede – secondo le testimonianze orali – di fosse di scarico e la valutazione del top soil. Nel giugno 2021 vengono effettuati dei campionamenti top soil che rilevano CSC significative e diffuse, principalmente per metalli pesanti e IPA, nello strato superficiale del terreno (0,5-10 cm dal piano campagna, p.c.), da cui si può generare più facilmente materiale particolato aero disperso e viene aggiunta una postazione di controllo nell’area del campetto esterno come indicato dai cittadini, tramite le interviste effettuate dalla scuola.
Come accaduto per le indagini di dicembre 2020, anche quelle di maggio 2021 e luglio 2021 hanno indicato assenza di rilevabilità strumentale di inquinanti volatili dentro all’Istituto, rendendo la scuola praticabile all’interno. Ma come si definiscono le soglie? Quali studi ci permettono di orientarci nelle decisioni? La comunità scolastica si trova disorientata.
Il 18 ottobre 2021 è iniziato ufficialmente il piano di Caratterizzazione, le cui attività di sopralluogo, di cantiere e di analisi chimica dovrebbero concludersi tra luglio e settembre 2022. Molte indagini finora confermano con maggiore perizia quanto già rilevato, ma emergono anche concentrazioni talvolta ai limiti della rilevabilità strumentale di triclorofluorometano, 1,2 dicloretano, cloruro di vinile e altre sostanze cancerogene e non che non sono coerenti con il ciclo industriale precedente.
La conoscenza delle scorie e agenti immessi nell’ambiente in passato – ricordava l’ambientalista e chimico Giorgio Nebbia – permette di identificare le azioni da condurre per la bonifica delle numerosissime località in cui si sono svolte attività produttive inquinanti, spesso dimenticate36G. Nebbia, “Le dinamiche dello sviluppo industriale in Italia”, in Il paese dei fuochi. Viaggio nell’Italia del Biocidio, a cura di S. Altiero, M. Di Pierri, Roma, Associazione a Sud-CDCA (Centro Documentazione conflitti ambientali), 2015, p. 32..
A partire da luglio 2021 si cominciano a visionare materiali ubicati negli Archivi della Provincia di Padova, negli Archivi di Villa Contarini e del Comune di Piazzola sul Brenta e progressivamente troviamo insormontabili difficoltà negli Archivi Edison a Milano.
Si è consapevoli di dover andare oltre l’analisi delle matrici ambientali sia per legare l’eredità materiale alla storia dimenticata sia per far fronte concretamente alla valutazione di esposizione agli agenti inquinanti nei lavoratori e negli utenti. Si tratta di ricerche dal peso incalcolabile, anche in termini di complessità scientifica, che necessitano confronto con figure esperte, scienziati, enti preposti a cui si aggiunge la difficoltà di pensare a come comunicare tutto questo e renderlo terreno comune di riflessione e lavoro nell’ecosistema scuola e nel territorio.
Fino ad ora, le autorità coinvolte, in primo luogo l’ente proprietario della scuola, la Provincia, agiscono in conformità della legge, attuando misurazioni di soglia, procedure, analisi nelle diverse matrici, calendarizzazioni dei monitoraggi, tutto alla volta della quantificazione di sostanze in vista delle misure adeguate da attuare. Eppure, la sensazione condivisa da chi dentro la scuola ci gravita è che la legge, come pure la ricerca scientifica coinvolta, non possano essere le uniche voci chiamate a dirimere la portata dei dubbi su cui indagare e che a tratti le procedure siano agite in modo inerziale e non sempre armonico tra gli enti coinvolti.
Aprire i tavoli tecnici
È evidente che i tempi e le esigenze avanzate dagli operatori tecnici e dai loro mandanti sono diversi dai tempi e dalle esigenze delle persone che operano nella scuola. Ad oggi, sappiamo che le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per un gran numero di sostanze sono fuori parametro, non ne conosciamo la modellizzazione di rischio che ne conseguirà con la caratterizzazione. Il piano di caratterizzazione della Provincia risponde all’obbligo giuridico di una quantificazione ulteriore che dia contro di queste sostanze fuori soglia come “concentrazioni soglia di rischio” (CSR), una misurazione che cioè converta gli inquinanti in una misura di rischiosità per l’uomo sulla base delle procedure di analisi del rischio contenute nella legge (in D.lgs 15/2006 parte IV) e dei risultati stessi delle rilevazioni della caratterizzazione.
Tornando alla visuale della scuola, i dati nel loro complesso “indicano” ma non “spiegano” da soli, tali dati potranno dirci verso quali scenari andare solo se sapremo raccoglierli, interrogarli, comprenderli, corroborarli in una cornice epistemologica condivisa e nella consapevolezza dell’incertezza costitutiva che riguarda i sistemi viventi e il loro studio. Se, in altre parole, i dati restituiscono gradienti di puntini, l’immagine complessiva in 3D che ne potrà venir fuori richiede un distanziamento necessario per uno sguardo multifocale esercitato da diversi attori in dialogo e nel rispetto dei rispettivi ruoli: gli esperti; gli scienziati; i cittadini; i decisori politici; la scuola nella sua duplice funzione, inscindibile, di comunità educante e conoscente.
All’interno dell’Istituto si poteva dunque: aspettare i tecnici e chi di dovere, attendere i risultati, “passare per la via larga”; oppure comprendere cosa è accaduto, di quale storia siamo eredi, mettere a servizio tale comprensione e far parte del processo dell’operato tecnico nel rispetto dei ruoli, in una parola “passare per la via stretta” comprendere e far parte del processo, una posizione che implica trasparenza e un’attenzione particolare alle procedure, disposizioni da cui emergeranno i risultati cui attenerci.
Questo inquinamento è l’effetto collaterale di un modo di stare al mondoche ha caratterizzato la gestione della proprietà fondiaria dalla fine dell’Ottocento al secondo Dopoguerra inoltrato, l’accumulo della risorsa-terra come capitale inesauribile da sfruttare e poi il sistema di ripresa, l’accelerazione industriale come riscatto dalla povertà.
La questione ambientale qui presentata tracima nel tempo e nello spazio. Riguarda qualcosa che è oltre la scuola, coinvolgendo il quartiere limitrofo, in passato parte integrante del mappale della fabbrica, e le voci delle generazioni che ci precedono. Limitarsi ad attendere i dati significa aspettarsi una rassicurazione tecnica, continuando di fatto a derubricare un problema che è stato “rimosso” per 70 anni e lasciare le persone in uno stato di passività che dipende dall’assoggettamento all’autorità e Piazzola ha una storia peculiare in questo senso poiché passa dal “paternalismo” della famiglia Camerini all’assistenzialismo di Stato nel secondo dopoguerra, senza soluzione di continuità37Principale tesi che emerge dalla lettura delle interviste alla classe dirigente contenute nella citata dissertazione di laurea di S. Meneghetti, Il Comune di Piazzola sul Brenta., anche se sappiamo benissimo che la scienza vive del rifiuto dell’autorità precostituita. Le indagini di caratterizzazione a livello istituzionale spesso manifestano criticità relative all’ascolto delle domande e delle storie delle persone che hanno vissuto il luogo contaminato. Tali aperture sono vantaggiose per due principali aspetti:
- Per una reale democratizzazione della ricerca che renda i soggetti interessati non solo oggetti, ma anche soggetti del piano della ricerca;
- Per una sostenibilità della ricerca stessa che faccia perno anche sul monitoraggio dal basso e sulle conoscenze pregresse sui luoghi che un esperto potrebbe non conoscere.
La prima implicazione segna una trasformazione profonda del fare scienza non più ormai, e da secoli, confinata nelle torri d’avorio. A volte, però, le stesse persone sono restìe a mettere in discussione le narrazioni sulla base delle quali hanno agito e a riconfigurare i problemi. Per questo occorre farsi carico anche di uno scavo storico e di una mediazione come sta cercando di fare l’Istituto Rolando come “ultima testimonianza fisica” della trasformazione di un’area industriale. Si tratta di un approccio integrato storico-antropologico ed epistemologico che possa contribuire a rinsaldare la missione civica di una scuola in un territorio. Ciò costituisce un approccio citizen science poiché cerca anzitutto di mettere insieme le preoccupazioni e le priorità delle persone, costruire consapevolezze, per co-costruire protocolli di ricerca e decisioni.
Il coinvolgimento dell’equipe del prof Biggeri dell’Università di Padova ha avviato diverse iniziative38Per una riflessione sul cambiamento delle pratiche dell’epidemiologia si veda: A. Biggeri, “Citizen Open Science”, in “E&P”, 2021, 45 (5) settembre-ottobre, pp. 327-328.. La prima: una costruzione condivisa di un questionario anonimo sulla percezione del rischio da parte di tutta la comunità scolastica per comprendere le conoscenze dei cittadini sulle fragilità del luogo e per sondare l’eventuale consapevolezza di tali fragilità legate al possibile inquinamento ambientale. Tra ottobre e novembre sono state organizzate delle riunioni preliminari con alcuni rappresentanti della comunità scolastica (componente genitori/insegnanti/dirigente scolastico) insieme agli esperti (epidemiologo, statistici, medico del lavoro…) per elaborare le domande utili allo studio del caso sotto il profilo sanitario e di prevenzione. A novembre è stato lanciato il questionario, i cui risultati insieme a uno studio sulla mortalità di Piazzola sul Brenta in collaborazione con Istituto Superiore di Sanità, sono stati discussi alla presenza della cittadinanza, del Sindaco e delle Autorità coinvolte nella conferenza del 7 dicembre 2021 Terra e Speranza. Dalla discussione è emersa l’opportunità di avviare ulteriori indagini di conoscenza, considerata la stima dei morti per tumore nel Comune superiore a quella attesa nel decennio 2008-2018, al netto di tutte le criticità tecniche rilevate. Il giorno 24 marzo nella giornata Jamming for (Ro)Land si è realizzata una mattinata di confronto con circa 250 studenti ripartiti in gruppi attraverso 4 stazioni: epidemiologica; storico-scientifica; giuridica e di testimonianze locali. L’obiettivo era richiamare consapevolezza su quanto accaduto il 7 dicembre con le ragazze e i ragazzi assenti all’iniziativa precedente. Purtroppo, l’eco dei giornali locali ha offuscato gli obiettivi della giornata, facendo passare quasi per “procurato allarme” quello che voleva essere una comprensione profonda del caso. Fatto che ci illumina sulla difficoltà di comunicare in contesti di incertezza e sulla facilità con cui i mezzi di informazione tendono a polarizzare.
Oltre a queste iniziative, si segnala tutta la raccolta dei materiali d’archivio svolta tra luglio scorso e la primavera 2022 dal Rolando, materiali su cui è stato possibile ricostruire memoria e partecipazione civica da parte dei cittadini, debitamente intervistati e coinvolti nel processo di restituzione di conoscenza degli attuali “abitanti” dell’area, gli studenti e il personale della scuola. A questo proposito è avviata la programmazione di attività di ricerca sul suolo con studenti e docenti, nel rispetto delle misure di sicurezza, per avvicinarli sperimentalmente alla complessità della questione. Tutte le iniziative sono raccontate nelle tre sezioni del sito istituzionale della scuola a partire dallo scorso novembre e aggiornate con regolarità: https://www.rolandodapiazzola.edu.it/pagine/terra-da-rigenerare.
Conclusioni
Oggi occorre una riconfigurazione ontologica dell’oblio dell’Ambiente a partire dalle ferite che ne riportiamo. Una riqualificazione reticolare e relazionale tra comunità e orizzonte di operabilità mondano tra le generazioni, quando, cioè, la salvezza non è più garantita né dalla religione né dal razionalismo39Molto preziose le riflessioni di Ernesto De Martino contenute nella nuova edizione de La fine del mondo, Torino, Einaudi, 2019, pp. 355-365; 481-543.. La ricerca scientifica e le procedure giuridiche che ne derivano si accorgono di doversi aprire alla democratizzazione dei processi, se intendono costruire fiducia. Infatti, la crisi ecologica come “evento assiale della modernità”40“Introduzione”, in Pier Paolo Poggio, Marino Ruzzenenti, Il caso italiano. Industria, chimica e ambiente cit. di cui parliamo ai cittadini di domani, è incarnata nel portato locale delle persone, è vicina. Umilmente la scienza, interfacciandosi con le Istituzioni, deve tenerne conto. Non c’è più l’illusione di una linearità causale che possa dischiuderci le soluzioni ai fenomeni, bensì complessità. Gregory Bateson ci diceva già nel 1977 “primo c’è l’umiltà e non la pongo come principio morale, […] ma semplicemente come elemento di una filosofia scientifica. […] L’evoluzione era la storia di come gli organismi apprendevano stratagemmi sempre più numerosi per controllare l’ambiente e gli stratagemmi dell’uomo erano migliori di quelli di qualsiasi altra creatura. Ma quell’arrogante filosofia scientifica è ora fuori moda, ed è stata sostituita dalla scoperta che l’uomo è solo una parte di più vasti sistemi e che la parte non può in alcun caso controllare il tutto”41G. Bateson, Verso una ecologia della mente, Milano, Adelphi, 2004, p. 477..
Questo è il precipitato ancora valido che dovrebbe portar con sé la transizione dal modello industriale alla questione ambientale. In modo diffuso, c’è bisogno di una archeologia del tempo presente in chiave ecologica. I casi oltreoceano, come i disastri da sostanze perfluoroalchiliche del West Virginia legati alla DuPont o più simile al nostro, l’interramento di sostanze tossiche e la contaminazione del Love Canal nel distretto Niagara Falls, non ci hanno insegnato a prevenire. Occorre sintonizzare su nuove frequente i linguaggi e le sensibilità in gioco, essi sono il volto di generazioni a confronto nel passaggio dal post-industriale alla questione ambientale, dove le forme di vita e i loro contesti sono interconnessi. Questo la scuola lo attraversa e lo vive da protagonista.
Note