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Bartolomeo Beccari e la scoperta del glutine

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Glutine è parolaccia ? sembrerebbe a giudicare dal numero crescente di prodotti alimentari, ma anche cosmetici, che si affrettano a dichiarare che non contengono glutine, anzi, come si dice secondo la moda anglofila imperante, “gluten free”.

Non c’è dubbio che una parte della popolazione italiana, si stima circa due percento, è allergica al glutine essendo afflitta da celiachia, una malattia che provoca disturbi anche gravi in chi mangia glutine.

Poiché il glutine è l’insieme delle proteine del frumento, sembra che si stia diffondendo anche una moda di ostracismo dello stesso frumento nella dieta italiana. Come chimico, non esprimo alcun giudizio di natura biologica o medica sulle allergie alimentari: mi limito a parlare degli aspetti chimici del glutine, un complesso di proteine presenti nel frumento in ragione del 8-12 percento del peso della farina (quella che si ottiene dal frumento tenero) o della semola (lo sfarinato che si ottiene dal frumento duro). Il resto degli sfarinati di frumento è costituito da amido e da limitate quantità di grassi e sali minerali.

Il glutine ha fatto la sua comparsa in una pubblicazione scientifica del chimico bolognese Bartolomeo Beccari (1682-1766), di cui quest’anno cadono 250 anni dalla morte. Straordinario personaggio del mondo scientifico del suo tempo; il padre farmacista aveva assicurato al figlio una buona istruzione che permise al giovane Bartolomeo di laurearsi in filosofia e medicina nel 1704. Beccari si dedicò a esperimenti scientifici che descriveva in “tesi” all’Accademia delle Scienze e per i quali gli fu assegnata una cattedra dapprima di fisica sperimentale e poi di chimica nell’Università di Bologna. In quei tempi chimica, fisica e medicina e la stessa filosofia consentivano di affrontare la conoscenza della natura e della vita in una maniera davvero interdisciplinare che, purtroppo, si è andata perdendo col passare dei secoli. Beccari si dedicò allo studio dell’infiammabilità dei gas che fuoriuscivano

da alcuni crepacci delle colline bolognesi; osservò che alcuni animali e alcuni minerali (per esempio il solfato di bario rinvenuto nelle colline bolognesi e chiamato “Pietra di Bologna”) presentano una luminosità che sarebbe stata interpretata come fosforescenza, fonte di luce, dal nome greco della luce, fos. Si occupò di ecologia, come diremmo oggi, studiando l’origine dei miasmi che si formano nelle paludi e il loro effetto sulla salute. Il granduca di Toscana lo incaricò di studiare se tali cattivi odori avrebbero potuto essere attenuati tagliando la macchia intorno a Viareggio, allora terreno paludoso, e se i miasmi di tali paludi avrebbero potuto arrivare a danneggiare gli abitanti di Lucca, a una ventina di chilometri dalla costa, e Beccari lo escluse.

Nelle ricerche sulla fisiologia dell’alimentazione Beccari si dedicò alla analisi del frumento e del latte e descrisse, in un saggio del 1728 intitolato “De frumento”, la separazione dalla farina di frumento di due differenti frazioni.

Versando la farina in acqua Beccari osservò che una parte galleggiava mentre una parte si depositava sul fondo del recipiente. Ripetendo l’esperimento più volte isolò la parte più leggera, che oggi sappiamo essere l’amido, e la descrisse come dotata di caratteri “vegetali”, mentre l’altra, che oggi conosciamo come glutine, aveva caratteri “animali”. Scaldando le due frazioni, Beccari osservò che dall’amido si liberavano gas “acidi”, mentre dal glutine di formavano vapori “alcalini”, e oggi sappiamo che ciò è dovuto ai composti azotati che si formano durante la scomposizione delle proteine del glutine. A titolo di curiosità l’analisi del contenuto di glutine nelle farine si fa ancora oggi impastando la farina con acqua e poi manipolando l’impasto sotto un sottile getto di acqua fino a quando tutto l’amido è stato asportato e resta un residuo elastico e appiccicaticcio, di colore giallo, una procedura che veniva mostrata nelle esercitazioni di merceologia ai miei studenti universitari e che è una variante del metodo di Beccari.

Il glutine è costituito da due principali proteine, la gliadina, costituita dall’unione di circa 100-200 amminoacidi (principale responsabile della celiachia), e la glutenina, costituita dalla combinazione di circa 2000-20.000 amminoacidi. Proprio il carattere gommoso ed elastico del glutine consente di ottenere, con gli sfarinati di frumento, l’impasto per il pane e per la preparazione delle paste alimentari. Il frumento è l’unico cereale dotato di queste caratteristiche e se non altro bisogna dirgli grazie. Va peraltro detto che, dal punto di vista nutritivo, le proteine del glutine sono povere di lisina, uno degli amminoacidi essenziali (I componenti delle proteine che devono essere apportati con la dieta), e quindi una alimentazione a base di pane e pasta deve essere integrata con altri alimenti contenenti proteine con una migliore composizione di amminoacidi, come quelli di origine animale o delle leguminose.

Pochi numeri stanno ad indicare l’importanza anche economica del frumento. L’Italia produce ogni anno circa tre milioni di tonnellate di pane e prodotti da forno utilizzando circa 8 milioni di tonnellate di frumento tenero, metà di produzione nazionale e metà di importazione. Inoltre produce circa 3,5 milioni di tonnellate all’anno di paste alimentari, per la metà destinate all’esportazione, usando circa 7 milioni di tonnellate di frumento duro, anche questo per circa metà di produzione nazionale e per circa metà di importazione.

A livello mondiale, i 750 milioni di tonnellate di produzione annua di frumento sono ancora insufficienti per sfamare tanta parte della popolazione terrestre.

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