Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Editoriale n°29

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In questo numero della rivista risalta ancora in primo piano l’apporto molteplice di Giorgio Nebbia, che in più occasioni ci ha fatto presente le sue perplessità per lo spazio preponderante che assumono i suoi contributi nell’economia della rivista, ma a questa osservazione dobbiamo opporre dei dati di fatto inoppugnabili: tra tutti i collaboratori è di gran lunga il più produttivo e il più costante, inoltre i suoi scritti incontrano il favore dei lettori per l’esemplare chiarezza con cui affronta i temi a cui abbiamo voluto dedicare “Altronovecento”, vale a dire l’intreccio tra ambiente tecnica e società. Il suo approccio cosiddetto merceologico è poi tra i più pregnanti nel contesto di una storia e società in cui le merci occupano uno spazio sempre più grande, sia che ci siano sia che vengano meno per qualche crisi di vario genere, mentre la loro distribuzione anche negli Stati democratici risulta radicalmente squilibrata, a non dire della portata dell’impatto diretto e indiretto sull’ambiente legato al loro ciclo di vita, per cui è sia ridicola che significativa l’abolizione della merceologia dalle scuole e università italiane. D’altro canto ricordo ancora bene lo stupore che provai quando, consultando per la prima volta una collezione delle prestigiose “Annales”, constatai che numeri interi erano scritti quasi solo dal grandissimo Marc Bloch. A maggior ragione può accadere per la nostra modesta rassegna on-line che approfitta della generosità del nostro più prestigioso collaboratore. Vincendone le proteste aggiungo che contemporaneamente a questo numero esce a stampa il piccolo ma molto denso volumetto che raccoglie i contributi della giornata organizzata presso la Biblioteca del Senato il 10 maggio 2016 per festeggiare i novant’anni del Nostro: Giorgio Nebbia.

Per il resto, con qualche incursione in territori inconsueti, i contributi presenti insistono ancora sulla tecnologia e le sue applicazioni belliche o pacifiche, talvolta con rischi giganteschi come nel caso di Chernobyl. Ulteriori materiali vengono presentati sulla storia e realtà attuale dell’agricoltura, rispetto a cui la posizione della rivista è stata espressa nel sintetico Manifesto di Brescia pubblicato nel n. 27, a cui si rimanda qui. Il dibattito continua ad essere intensissimo per molti motivi, a partire dal fatto che sulla questione della terra e del suo utilizzo si confrontano visioni del mondo confliggenti e anche perché nel contesto italiano è uno dei pochi settori in controtendenza, riportando in primo piano un settore primario che sembrava destinato a sicura scomparsa assieme ai contadini, come preconizzato da tempo da politici e intellettuali di vario orientamento. Il percorso della storia, ormai lo sanno tutti, non è però né uniforme né unilineare per cui possono riaffiorare e venire in primo piano fenomeni che si collocavano in un passato più o meno datato, è il caso della rinascita del filantropismo come espressione dell’ipercapitalismo dei super-ricchi, tra cui viene opportunamente ricordato l’ineffabile Stephan Schmidheiny, il signore dell’amianto. Riflessioni originali e inconsuete sono dedicate a figure diversissime tra di loro e però esemplari quali Marx, Cattaneo, Pasolini, così come al territorio, la Lombardia e la Padania, in cui operano la Fondazione e il Museo dell’industria e del lavoro da questa proposto già negli 80 del secolo scorso, che lentamente sta prendendo corpo sempre con la missione di indagare e divulgare gli intricati rapporti tra ambiente, tecnica e società.

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