Chi ha inventato, oltre duemila anni fa, la parola “economia” pensava alla maniera in cui regolare la vita degli abitanti di una casa (oikos) o, più in generale, di una comunità, proponeva delle norme con cui regolare acquisti e vendite dei mezzi per soddisfare i bisogni umani. Chi ha inventato – il biologo tedesco Haeckel, nel 1866 – la parola “ecologia” pensava alla necessità di conoscere meglio ciò che avviene in una comunità, non solo di esseri umani, ma anche di vegetali e animali, in una “casa” costituita dall’intero regno della natura.
Col passare del tempo l’economia è diventata la scienza della crescita della produzione e del consumo dei beni materiali, della ricchezza e del benessere degli esseri umani, e l’ecologia è diventata la scienza che avverte che le risorse del regno della natura – le riserve delle acque o del petrolio, delle foreste e la fertilità del suolo, le vere fonti di tutti i beni materiali – sono limitate per cui c’è il rischio di conflitti fra le regole dell’economia in doverosa crescita, e le leggi dell’ecologia che raccomandano una altrettanto doverosa cautela nello sfruttamento dei beni limitati della natura.
All’esistenza e al possibile superamento dei conflitti fra economia e ecologia l’Accademia dei Lincei (sito Internet <www.lincei.it>) ha dedicato, il 5 giugno 2000, il congresso che tiene annualmente in occasione della “giornata dell’ambiente”. Questa iniziativa internazionale fu lanciata nel 1972 a Stoccolma dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano.
Chi creò, nel 1603, trecento anni fa, la prima accademia scientifica dei tempi moderni (che ha sede oggi nel palazzo romano che nel Seicento ospitò dopo il suo esilio dalla Svezia la regina Cristina, si, proprio quella del famoso film interpretato da Greta Garbo) scelse come emblema la lince, l’animale capace di vedere lontano, perché i soci si sarebbero dovuti impegnare a “conoscere le cause delle cose e operazioni della natura”. In questo spirito l’Accademia dei Lincei ha chiesto ai suoi soci, biologi, fisici, chimici, demografi, economisti, giuristi, di offrire, appunto, nella “giornata dell’ambiente”, delle indicazioni su come è possibile conciliare “economia e ecologia”. Le numerose relazioni hanno messo in evidenza che l’economia, come scienza, se vuole, è in grado di indicare come meglio usare le risorse naturali scarse attraverso gli strumenti del mercato, della politica e della buona amministrazione: le imposte, i divieti, i piani regolatori, gli incentivi, possono consentire ai governi di orientare le produzioni e i consumi delle merci e dei servizi verso scelte che comportano minore sfruttamento della natura, minori inquinamenti.
Gli economisti e i governi, peraltro, hanno bisogno, per le loro scelte, di buone conoscenze naturalistiche ed ecologiche: i vari interventi alla conferenza di Roma hanno mostrato che gli ecologi – gli studiosi di ecologia, qualcosa di diverso dagli ecologisti, ambientalisti, verdi, eccetera – questi ”contabili della natura”, sono in grado di descrivere i grandi movimenti e flussi di gas, acque, materie che la natura offre per le attività umane, e di avvertire quando gli eccessi o gli errori delle produzioni e dei consumi impoveriscono il patrimonio di risorse vegetali e animali, modificano la composizione chimica dell’atmosfera, sono potenziali fonti di alterazioni del clima planetario.
La raccolta delle varie relazioni su “Economia e ecologia”, che l’Accademia dei Lincei pubblicherà, probabilmente agli inizi del 2001, potrebbe rappresentare un manuale per il buongoverno dell’economia di un paese, nel rispetto di vincoli fisici e naturalistici troppo spesso trascurati anche proprio perché troppo poco conosciuti.