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Joseph Whitworth (1803-1887)

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Se mi chiedessero a chi erigere un monumento per il ruolo che ha avuto nella vita nel Novecento raccomanderei un uomo dell’Ottocento (anticamera culturale, scientifica e tecnica del Novecento): Joseph Whitworth. Tutti noi siamo stati alle prese, nella nostra vita, con qualche vite e abbiamo perso un dado giù da un tombino stradale; per sopravvivere, per fortuna, bastava andare in un negozio di ferramenta per comprare il dado perduto, indicando semplicemente il tipo di vite. Eppure non è stato sempre così; nei primi decenni dell’industria meccanica ogni officina fabbricava le vite e i relativi dadi con le macchine disponibili e chi non aveva il dado adatto perdeva tutto. La standardizzazione della filettatura delle viti è stata pensata da un inventore inglese, appunto Whitworth, nato nel 1803.

Abbandonata la scuola all’età di 14 anni, Whitworth lavorò dapprima in una filanda di cotone, poi si dedicò alle costruzioni meccaniche fondando a Manchester una officina meccanica per la produzione delle macchine utensili, divenuta ben presto una delle più importanti del mondo.

Siamo nell’alba della grande era dell’industrializzazione, delle macchine a vapore, delle ferrovie. Whitworth capì che il successo dell’industria meccanica dipendeva, fra l’altro, dalla unificazione dei sistemi di lavorazione e inventò un sistema di filettatura delle viti  che fu, ed è ancora, largamente usato. Fece anche molte altre invenzioni che gli valsero il titolo di Sir e una notevole fortuna e morì a Montecarlo nel 1887.

Dal secolo scorso l’unificazione delle merci ha fatto grandi progressi, soprattutto con la diffusione della produzione delle merci in serie su larga scala: esistono in Italia e nel mondo speciali enti per l’unificazione; lavorano in silenzio ma l’effetto del loro lavoro entra in ogni momento della nostra vita domestica. Tutti i lettori sanno che la carta per scrivere, per stampanti, fotocopie e per molte riviste si chiama A4 ed ha il formato unificato di 21 cm per 29,7 cm. Per inciso 29,7 è uguale a 21 moltiplicato per la radice quadrata di due (1,4142); il formato A3 ha il lato corto uguale a 29,7 cm e il lato lungo uguale a 29,7 cm moltiplicato per la radice di 2, cioè 42,0 cm, il doppio del lato corto di A4. Una proprietà per cui se dividete un foglio A3 in due parti ottenete esattamente due fogli A4.

La standardizzazione dei formati fa risparmiare carta, spazio negli scaffali e nei raccoglitori: la standardizzazione degli imballaggi fa (farebbe) risparmiare spazio negli armadi e nei frigoriferi; la standardizzazione della composizione degli imballaggi ne renderebbe più facile il riciclo. Purtroppo le mode dei marchi, la convinzione che una forma o un colore attraggono i clienti e li distraggono dalla concorrenza fa sì che milioni di tonnellate di materiali, ogni anno, non siano riciclabili e finiscano nelle discariche e negli inceneritori. Il cammino virtuoso della standardizzazione è purtroppo ancora lungo e lo stimolo dato da Whitworth oltre cento anni fa è stato appena capito. La lezione sulla convenienza economica della standardizzazione e dell’unificazione – applicata da Ford all’inizio del Novecento (“Posso fornire l’automobile modello T4 in qualsiasi colore purché sia nero”), dalla Jeep, l’automobile americana della seconda guerra mondiale, con tutti i pezzi immediatamente ricambiabili in qualsiasi zona, dall’artide, alle giungle, ai deserti – dovrebbe diventare la guida della progettazione e pianificazione nelle future scuole di ingegneria.

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