Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Le radici dell’ambientalismo in Tentino

image_pdfScaricaimage_printStampa

Le radici dell’ambientalismo in Trentino hanno la loro origine nell’ambiente naturale e nella tradizione naturalistica di questa terra formata di grandi montagne, situata nel Nord dell’Italia al centro della catena delle Alpi. 

Ricercare le radici vuol dire esaminare la storia e cosa é avvenuto in passato e quindi credo sia legittimo porsi la domanda dello scopo di tale rivisitazione; si può rispondere che la conoscenza dei fatti avvenuti, del nascere e dell’evolversi delle idee, ci può dare una maggiore consapevolezza del nostro lavoro, del lavoro che svolgiamo oggi, e quindi maggior forza e incisività. 

Fra i primi trentini che hanno parlato di protezione della natura vanno annoverati Nepomuceno Bolognini, che già nel 1875 ha scritto contro la caccia ai piccoli uccelli con le reti, e Francesco Ambrosi della Biblioteca Comunale di Trento; quest’ultimo nel 1886 ha pubblicato un libretto avente per titolo “L’orso nel Trentino” nel quale parla della caccia all’orso, della guerra a morte che gli si fà e del giorno in cui tale specie sarà scomparsa, per concludere con una straordinaria intuizione – per i tempi nei quali è stata scritta – sulla rottura degli equilibri ecologici: “La natura ha scopi che di sovente vanno al di là dell’umana previdenza e guai a chi li torce! Le sue vendette sono pronte e terribili e nessun uomo, per quanto potente egli sia, non arriva a scansarle!“. 

Un altro precursore è stato Giovanni Pedrotti, che è stato anche Presidente della Società Alpinisti Tridentini, patriota e studioso di geografia, botanica e storia, che amava appassionatamente la montagna e la studiava sotto tutti i suoi aspetti; già nel l9l9 ha proposto per primo l’istituzione di due parchi nazionali in Trentino, nel Brenta-Adamello e nelle Pale di San Martino, parchi che saranno istituiti circa 50 anni dopo dalla Provincia Autonoma di Trento. 

*  *  * 

Ma il movimento per la protezione della natura è riuscito ad imporsi soltanto molti anni dopo dapprima con Guido Castelli negli anni 1930-1946 e quindi nel 1948, alla fine della seconda guerra mondiale, con un ristretto gruppo di trentini D.O.C. che in quegli anni hanno fatto la storia della protezione della natura non soltanto in Trentino, ma a livello di tutta l’Italia e dell’Europa intera e dei quali parlerò ora più diffusamente. 

Il primo ad entrare in azione è stato Guido Castelli, un precursore nel vero senso della parola; egli era ornitologo e tassidermista e nel 1929 – per la sua competenza – venne assunto al Museo di Storia naturale di Trento. Nel 1935 Castelli ha pubblicato il suo notissimo libro “L’orso bruno nella Venezia Tridentina“, nel quale ha raccolto una vasta doumentazione sull’orso nel Trentino. In tale opera ha scritto che “la protezione della natura vivente è per tutti un dovere imprescindibile, una questione che si impone dal punto di vista scientifico, forestale, cinegetico, estetico e consiste nel ristabilire l’armonia turbataÈ tempo – egli continua – che tra la maturità del senso civile e la febbre del consumo superfluo si interponga una legge di equilibrio e di economia che impedisca e compensi le perdite della natura“. 

Il messaggio di Castelli ha un carattere universale e trascende di gran lunga i limiti della nostra regione; anche oggi l’impegno dell’ambientalismo non può essere esclusivamente locale, ma collegato con le correnti di pensiero e con le iniziative internazionali. 

Guido Castelli nella sua attività protezionistica era in stretto collegamento con tre protezionisti che pure hanno avuto un ruolo fondamentale a livello nazionale e in Trentino. Il primo era il prof. Oscar de Beaux del Museo di Genova, che nel 1930 ha pubblicato a Trento presso la casa editrice Temi un libretto che per decenni è rimasto unico nell’ambito del protezionismo italiano: “Etica biologicaTentativo di risveglio di una coscienza naturalistica“. Il secondo era Gian Giacomo Gallarati Scotti di Milano, il quale già nel 1928 si era reso promotore di un progetto di istituzione del Parco Nazionale Brenta-Adamello, indipendentemente da Giovanni Pedrotti e dallo stesso Guido Castelli. Il terzo era Fausto Stefenelli, originario della Val di Ledro, dapprima allievo di Emilio Comici in Val Rosandra e quindi per lunghi anni Capo delle guide alpine dell’Alto Adige a Bolzano; dopo la lettura del libro di Castelli sull’orso, Fausto Stefenelli ne rimase talmente colpito da provocare la sua adesione incondizionata alla protezione della natura. 

Questo piccolo gruppo formato da Castelli, de Beaux, Gallarati Scotti e Stefenelli, ha costituito un punto di riferimento per le iniziative dopo la cessazione della seconda guerra mondiale di un altro grande trentino, Renzo Videsott. 

Renzo Videsott è nato a Trento il 10 settembre 1904 da una famiglia di origine ladina proveniente dalla Val Badia; dal 1922 in poi ha svolto un’intensa attività alpinistica aprendo numerose vie nuove sulle Dolomiti da solo o assieme ad un gruppo di giovani scalatori trentini fra cui Pino Prati, morto pochi anni dopo sul Campanil Basso, Raffaelo Prati, Giorgio Graffer e Domenico Rudatis di Venezia; la sua impresa più spettacolare è stata la prima salita dello spigolo Ovest della Cima della Busazza, eseguita nel 1929 e consistente in 1100 metri di arrampicata. Molti anni dopo, Renzo Videsott scriverà: “Solo perchè mi ero impegnato a fondo sulle vie nuove nelle Dolomiti, mi sono impegnato a fondo poi per la specie stambecco e per l’istituzione del parco!” 

Renzo Videsott era professore nella Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Universtà di Torino, quando nel 1943 – in piena guerra mondiale – cominciò ad occuparsi dello stambecco e del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Fino ai 30 anni, più che un cacciatore era stato uno “sterminatore di camosci e di selvaggina di alta montagna” per sua stessa ammissione, ma poi si convertì alla causa della protezione della natura; bastò l’incontro con lo sguardo di un animale ferito a morte. Quello sguardo rivelò nell’uomo l’assassino: spense per lui e per sempre ogni avidità, impegno emulativo, la vanità di sopprimere l’animale di qualunque specie fosse. 

Renzo Videsott è dunque arrivato alla protezione della natura con un percorso chiaro ed essenziale: attraverso il contatto, quasi l’immedesimazione con l’ambiente dolomitico dell’alta montagna, e attraverso la consapevolezza del valore intrinseco delle differenti forme di vita animale, tra le quali ben presto emerge e sovrasta tutte quella dello stambecco, assurta a simbolo e modello. 

Dal 1943 in poi, sul Parco Nazionale Gran Paradiso si alternarono dapprima i residui dell’esercito italiano, quindi l’assedio dei nazi-fascisti ed infine il controllo dei partigiani e degli anglo-americani. In questa caotica situazione Videsott ha iniziato clandestinamente la riorganizzazione del Parco, è riuscito ad organizzare un servizio informale di sorveglianza basandosi sui partigiani e sulle ex-guardie reali (che erano state allontanate dal Parco dalla Milizia Forestale) e nel 1945 a guerra ultimata viene nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale di Torino e di Aosta Commissario straordinario del Parco Nazionale Gran Paradiso. 

Fra grandissime difficoltà e rischiando in varie occasioni la vita, Renzo Videsott è riuscito a salvare lo stambecco, di cui a guerra finita erano rimasti soltanto 419 esemplari, e qualche anno dopo ha potuto ottenere l’autonomia amministrativa per il Parco Nazionale del Gran Paradiso con la ricostituzione dell’Ente Autonomo sciolto nel 1933 all’epoca della Milizia Forestale Fascista. 

*  *  * 

Ben presto Videsott avvertì la necessità di giungere alla costituzione di un’associazione protezionistica con lo scopo di sostenere il Parco Nazionale del Gran Paradiso, di aiutare la ripresa di quello d’Abruzzo, di creare nuovi parchi, in particolare il Parco Nazionale Brenta-Adamello, ed infine di diffondere l’idea della protezione della natura in tutto il paese, dato l’incalzare e l’aggravarsi dei problemi ambientali. 

Dopo molti contatti con persone interessate ai problemi protezionistici, nonostante la situazione del dopoguerra fosse ancora molto difficile in Italia – si era ad appena 3 anni dalla cessazione delle ostilità – Renzo Videsott promosse la costituzione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura, che ebbe luogo al Castello di Sarre in Val d’Aosta 50 anni fà, il 25 giugno 1948. Scopi della nuova associazione, la prima sorta in Italia dopo la cessazione avvenuta verso il 1930 dei movimenti di inizio secolo, ed unica operante a livello nazionale ed internazionale, erano i seguenti: 

– promuovere e diffondere la conoscenza della natura nei suoi aspetti materiali e spirituali; 

– risvegliare e alimentare nell’uomo l’amore per la natura ed il rispetto per ogni sua manifestazione, rendendolo maggiormente cosciente della necessità di non turbare equilibri naturali, nell’interesse immediato e futuro dell’individuo e della collettività; 

– sviluppare, con la conoscenza e l’amore per la natura, una più alta spiritualità ed un maggior impulso educativo e morale; 

– proteggere il comune patrimonio naturale contro le non necessarie distruzioni e deturpazioni, patrimonio comune della presente e delle future generazioni. 

Fondatori del Movimento Italiano per la Protezione della Natura furono Renzo Videsott e il fratello Paolo, Benedetto Bonapace, Fausto Stefenelli, Bruno Betta e il fratello Nino, e Raffaelo Prati, tutti Trentini, ed inoltre due Torinesi, Celestino Durando e Fausto Penati, e tre Aostani, Jules Brocherel, Albert Deffeyes e Mario Stevenin. 

Indubbiamente il Movimento Italiano per la Protezione della Natura è nato dalla comunità di intenti fra Trentini, Torinesi, Aostani e con la partecipazione esterna anche di Lombardi, il Conte Gian Giacomo Gallarati Scotti, ma si può ben dire – sulla base dei documenti esistenti – che anima e motore traente ne fu sicuramente Renzo Videsott. 

Di esso e della sua attività, ho già dato qualche cenno; presenterò ora brevemente gli altri Trentini che 50 anni fà hanno dato l’avvio con competenza, passione e grande dedizione a quella che mi piace chiamare la grande avventura dell’ambientalismo italiano. 

Paolo Videsott è un fratello di Renzo ed oggi vive 86enne a Maderno; chiamato alle armi e costretto a partecipare alle campagne di Grecia e di Albania, venne catturato dai Tedeschi e deportato in Germania, ove rimase per quasi due anni nei campi di sterminio assieme a Bruno e Nino Betta, ambedue insegnanti, umanisti, storici e letterati di ispirazione laica, fondatori anche loro e stretti collaboratori del movimento. La via alla protezione della natura di Paolo Videsott e dei due Betta è stata molto differente rispetto a quella di Renzo; mentre il punto di partenza di Renzo Videsott era stato lo stambecco e la montagna, Paolo Videsott e i Betta sono partiti dall’orrore dei campi di sterminio nazisti, tutti e tre compagni di prigionia e testimoni della barbarie della guerra. 

Benedetto Bonapace, di 79 anni, vive oggi a Trento; egli era l’unico naturalista in senso stretto presente al Castello di Sarre, e ciò sta a dimostrare – credo che vi sia ancora il bisogno di affermarlo – che la protezione della natura riguarda tutta la società e non soltanto pochi naturalisti o ambientalisti sfegatati, quasi sempre così poco presi in considerazione e sovente rifiutati dalla società odierna e dalla nostra cultura o per lo meno dalla parte più ipocrita di essa, ivi compreso il mondo accademico che ha finito per aderirvi più per opportunità che per convinzione. 

Fausto Stefenelli era “il più dolce, benigno e candido uomo che si possa desiderare“, ha scritto Dino Buzzati, anzi aveva una fede illimitata ed era di spirito francescano; tale era anche il suo atteggiamento per la natura, per la quale si è speso fino agli ultimi giorni della sua vita; uno degli ultimi fatti “contro natura” che molto lo hanno tormentato, è stata la realizzazione della nuova strada tutta in galleria che dalla Val di Ledro scende a Riva e che non avrebbe mai voluto vedere realizzata. 

Raffaelo Prati di Caldonazzo, infine, professore di storia e filosofia nei licei, Autore di un’opera teatrale in cinque atti della vita e del martirio di San Vigilio, in gioventù era stato un compagno di cordata di Renzo Videsott e in seguito suo stretto collaboratore a Roma. 

Il Movimento Italiano per la Protezione della Natura, di cui Renzo Videsott è stato il Segretario generale, ha svolto la sua attività fino al 1959 nelle Sezioni di Torino, Milano, Trento e Vicenza, ma la Sezione di Trento ha continuato qualche iniziativa – per quanto in forma ridotta – fino al 1971, mediante pubblicazioni di carattere protezionistico. 

Va a merito di Paolo Videsott la sua lotta negli anni 1946 – 1954 per l’istituzione del Parco Nazionale Brenta-Adamello-Stelvio, ma la Regione in quegli anni era sorda ai problemi protezionistici e il progetto, già approvato a Roma da alcune Commissioni, venne respinto con un ordine del giorno del Consiglio Regionale. A distanza di alcuni decenni, rimane tuttora incomprensibile come la Regione abbia potuto rifiutare dallo stato la cospicua somma annuale prevista dal progetto-legge per il finanziamento del nuovo parco. 

Benedetto Bonapace in un primo momento si è dedicato ai problemi della protezione della flora, anche in collaborazione con il prof. Giuseppe Dalla Fior e con il Museo di Trento; in seguito è stato il primo a proporre l’istituzione di parchi in Alto Adige nei più importanti gruppi dolomitici anche con la stampa di vari libretti illustrati, che ancora oggi mantengono il loro interesse sia dal punto di vista naturalistico che protezionisico; la Provincia Autonoma di Bolzano ha istituito in seguito diversi parchi naturali, nei quali però l’azione di tutela è molto blanda e si limita a una generica tutela del paesaggio. 

Altri soci molto attivi della Sezione di Trento del Movimento Italiano per la Protezione della Natura furono Giancarlo Avi, Ezio Mosna e Antonio Valenti, quest’ultimo abita oggi all’età di 88 anni sulla collina di Trento. Il prof. Mosna, oltre a numerose pubblicazioni tutte stampate presso la casa editrice Temi, nel 1950 organizzò a Trento un corso di protezione della natura per studenti delle scuole secondarie per incarico del prof. Jean Paul Harroy di Bruxelles, che allora era il Segretario generale dell’Unione Internazionale. Al corso, primo del genere in Italia, parteciparono anche il sottoscritto e Francesco Borzaga. 

Antonio Valenti nel 1950 ha scritto un articolo sul Corriere Tridentino nel quale afferma che “il movimento si appresta ad assumere tra breve tempo una vasta importanza nazionale. Il nostro è tempo di crisi e di svolte storiche…. ma quando l’umanità affratellata avrà eliminato i grossi problemi della giustizia sociale e della guerra, si troverà a dover dedicare tutte le sue energie alla soluzione di problemi non meno gravi: quello di sfruttare razionalmente le risorse del nostro pianeta che si avviano paurosamente in molti settori verso uno stato di allarmante insufficienza nei confronti della popolazione in continuo aumento. È saggio occuparsene fin d’ora…” 

L’eredità culturale del Movimento Italiano per la Protezione della Natura e del pensiero di Renzo Videsott è stata raccolta dalla Federazione Nazionale Pro Natura, la nuova organizzazione sorta nel 1959 per iniziativa della Sezione di Torino del movimento e tuttora esistente, però le idee dei pionieri del 1948 sono state trasmesse anche a tutte le nuove associazioni fondate in Italia negli anni seguenti. 

In Trentino il più degno successore di Renzo Videsott è stato Francesco Borzaga, che ha dato l’avvio dapprima a Italia Nosra e quindi al W.W.F.; Francesco Borzaga in questi ultimi 40 anni non si è mai risparmiato, i suoi interventi si contano a centinaia, egli è riuscito ad ottenere ciò che non era stato possibile né a Gallarati Scotti, né a Castelli, né ai Videsott, sia nel senso di bloccare progetti nefasti per l’ambiente, sia in in senso costruttivo mediante l’istituzione di aree protette, come la recente stupenda Oasi di Valtrigona nel Lagorai. 

*  *  * 

Passo ora all’ultimo aspetto del contributo dato dal Trentino all’ambientalismo, la partecipazione alla fondazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle sue Risorse, la maggiore organizzazione mondiale avente carattere ambientalista ancora oggi esistente, con sede in Svizzera. 

Nel 1947 Renzo Videsott, unico italiano presente, aveva partecipato alla Conferenza internazionale per la protezione della natura di Brunnen per la costituzione dell’Unione Internazionale Provvisoria per la Protezione della Natura. In tale occasione tenne un’appassionata ed impetuosa comunicazione sulla drammatica situazione nella quale si trovavano i quattro parchi nazionali italiani del Gran Paradiso, Abruzzo, Stelvio e Circeo, che ottenne una calorosa approvazione da parte dell’assemblea. 

Il 5 ottobre 1948 ebbe luogo a Fontainebleau la fondazione dell’Union Internationale pour la Protection de la Nature, come era chiamata allora, e la delegazione italiana era costituita da tre persone, tutte di Trento: Renzo Videsott, il fratello Paolo e la Prof.ssa Antonia Pruner. 

A conclusione dei lavori dell’assemblea, Renzo Videsott venne eletto componente del Consiglio Direttivo dell’Unione Internazionale, il ché gli permise di scrivere sul suo “Diario”: “E così il mio nome rappresenta questa porca, cara Italia, ed è approvato all’unanimità“. 

Paolo Videsott scrisse quattro articoli sulla fondazione dell’Unione Internazionale pubblicati sul Corriere Tridentino nell’ottobre del 1948. Nel servizio del 12 ottobre Paolo Videsott chiarisce cosa si deve intendere con “protezione della natura”, cioè i vasti problemi scientifici, economici, sociali, politici, culturali che si dibattono nel campo dei rapporti fra una umanità finalmente considerata unita e l’ambiente naturale che l’accoglie. Vedremo, continua Videsott, se il freddo della scienza e delle ambizioni nazionalistiche saprà veramente allacciarsi, una volta tanto, al calore dell’anima in un impeto di rinnovata umanità

Nel servizio del 15 ottobre Paolo Videsott si diffonde a parlare di Julian Huxley, Direttore generale dell’U.N.E.S.C.O., che aveva pronunciato il discorso introduttivo nella “sala delle colonne” del Castello di Fontainebleau: “Quella sala mi ricorderà sempre queste parole lì dentro pronunciate da Huxley alla fine del suo discorso: il peggior nemico dell’uomo è l’uomo stesso. Preservare le risorse spirituali e materiali della natura significa difendere l’uomo“. 

Nel servizio del 22 ottobre Paolo Videsott, al termine di sedute nelle quali venivano trattati i più svariati temi di carattere tecnico, organizzativo, promozionale e legislativo, con notevole saggezza preferisce concludere il suo articolo affermando che la protezione della natura è un’opera di pace internazionale che va oltre ogni confine di stato, per tutelare interessi comuni a tutti i popoli

L’ultimo servizio è del 27 ottobre e contiene il richiamo all’importanza dell’educazione per la conservazione delle condizioni di vita fisica e spirituale dell’uomo: “La conservazione delle condizioni di vita fisica e spirituale richiede educazione delle massse e delle élites“. 

I quattro articoli di Paolo Videsott sul Corriere Tridentino dell’ottobre 1948 sono stati gli unici pubblicati in Italia sulla fondazione dell’Unione Internazionale per la Protezione della Natura. 

*  *  * 

Queste sono le radici dell’ambientalismo nel Trentino, però va precisato che l’attività dei precursori e dei pionieri Trentini non è stata soltanto locale, cioè limitata al Trentino, ma di respiro internazionale, come risulta anche dal giudizio di tre storici dell’ambientalismo e cioè gli italiani Edgar Meyer e Luigi Piccioni e l’americano James Sievert. Secondo essi, l’importanza storica della figura di Renzo Videsott e della sua attivià risiede non solo nell’appassionata azione di immediata salvaguardia e nella successiva oculata gestione del Parco Nazionale del Gran Paradiso, ma anche nell’avere saldato il nascente movimento protezionistico italiano a quello internazionale. Fondando nel 1948 il Movimento Italiano per la Protezione della Natura, Videsott aveva subito compreso l’esigenza di stabilire dei collegamenti internazionali. Ecco perchè nel programma statutario dell’associazione era esplicitamente prevista la partecipazione ad ogni iniziativa internazionale o federale fattrice di utilità comune o d’intesa e di unione tra i popoli. 

Se si prende in considerazione la storia dell’ambientalismo in tutta Italia dalle origini, 1880 circa, al 1970, anno che era stato proclamato per volere dell’O.N.U. “anno mondiale della protezione della natura“, ne risulta che i grandi pionieri sono i seguenti: Luigi Parpagliolo, Renato Pampanini, Pietro Romualdo Pirotta, Alessandro Ghigi, Lino Vaccari, Giambattista Miliani, Erminio Sipari, Oscar de Beaux, Guido Castelli, Gian Giacomo Gallarati Scotti, Renzo Videsott e Umberto Zanotti Bianco: dunque i due Trentini Castelli e Videsott saranno ricordati, anche in futuro, per la loro attività per la protezione della natura. 

Ecco le ragioni per cui il Trentino può andare giustamente orgoglioso per il contributo dato alla causa della protezione della natura in Italia e nel mondo intero! 

*  *  * 

A cinquant’anni dalla fondazione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura, qual’è la situazione in Trentino del rapporto uomo – natura? 

Molti sono stati i risultati raggiunti, quando si pensi alla diffusa coscienza ecologica rispetto al passato, alle leggi ecologiche approvate come quelle per l’abolizione dell’uccellagione, per la protezione della flora e tante altre. Inoltre sono stati istituiti i “biotopi protetti” in laghi, torbiere, paludi ed altri ambienti naturali, che oggi costituiscono un modello di gestione ambientale, anche se qualche anno fa gli attacchi contro la loro istituzione furono ampi, polemici e strumentali. 

Controversi e contraddittori mi sembrano, invece, alcuni aspetti relativi ai parchi naturali e mi basti fare la seguente osservazione: nel Parco dell’Adamello-Brenta da una parte è stato avviato il progetto di rinsanguamento dell’orso con l’introduzione di esemplari dalla Slovenia, mentre dall’altra si permette l’apertura di nuove strade forestali proprio nel cuore dell’habitat dell’orso bruno. Inoltre permane il problema della caccia nei parchi che, previsto dalla legge istitutiva, evidentemente non potrà ancora continuare a lungo se i parchi naturali del Trentino vorranno diventare veramente tali, per cui dovrà essere prontamente cambiata la stessa legge istitutiva. E cosa dire della continua e crescente antropizzazione dell’ambiente naturale, anche degli angoli più sperduti e di grande pregio, e dei progetti di ulteriori distruzioni ambientali come quelli della Val Giumella nelle Dolomiti e delle Marocche di Dro nella Valle del Sarca, ove si vorrebbe costruire un campo da golf. E mi permeto di domandarvi: ve lo immaginate un campo da golf, tipico di una prateria, in una pietraia immane come quella delle marocche? E molto altro si potrebbe aggiungere. 

Non si può certo dire che in Trentino, come del resto in tutta l’Italia, si sia raggiunta quell’armonia fra uomo e natura auspicata dai padri fondatori e di cui oggi c’ è una sempre maggiore e irrinunciabile necessità. 

Cosa possiamo fare per raggiungere tale meta, che molte volte sembra così lontana e quasi utopica? 

Alexander Langer risponde al dilemma dicendo che la conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile e il suo motto è “più lenti più dolci più profondi“. Parole stupende e proprio per questo mi domando: chi si sentirebbe di andare contro simili postulati? 

Leonardo Benevolo nel volume “L’architettura nell’Italia contemporanea” afferma che l’incontro tra bellezza (che però io intendo anche in senso ecologico) e democrazia, in Italia è ancora in gran parte da realizzare. 

E d’altra parte non è possibile assistere quasi impotenti alle distruzioni e alterazioni ambientali sempre più gravi e più diffuse, che hanno deturpato quello che Luigi Piccioni chiama “il volto amato della patria” e che hanno ormai finito per compromettere l’esistenza stessa dell’uomo sulla terra. 

Credo che agli ambientalisti, ai verdi e a tutti noi che con loro ci identifichiamo, resti ancora molto da fare sul piano speculativo e filosofico, su quello sociale e umano, su quello concreto dell’intervento immediato per la salvaguardia di ambienti naturali minacciati, su quello dell’indignazione, su quello politico della protesta e della denuncia ogni volta che ce n’è bisogno (non si può essere ambientalisti e verdi se non si interviene in forma concreta, al di là delle posizioni accademiche e strettamente culturali), consapevoli che il tempo a disposizione è sempre meno ogni giorno che passa. 

 Assemblea programmatica dei Verdi del Trentino 

Trento, Centro S. Chiara, 13 novembre 1999 

image_pdfScaricaimage_printStampa
Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articolo Precedente

Dove troveremo tutto il pane per sfamare tanta gente?

Articolo Successivo

Un’opportuna iniziativa dell’Accademia dei Lincei

Articoli Collegati
Total
0
Share