Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Editoriale n°4

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I mesi passati sono stati segnati da alcuni eventi, piccoli, se si vuole, ma che confermano l’utilità dei programmi che la rivista si era posta. 

Uno di questi programmi riguarda la caccia e la salvaguardia dei documenti e delle testimonianze del Novecento. Segnaliamo con successo il ricupero di una parte importante dei documenti e dei libri di Laura Conti. Dove sono gli altri? Negli anni ottanta la Fondazione Cervia Ambiente, che era nata proprio con finalità simile alle nostre, per la salvaguardia e la diffusione dei documenti e della storia delle culture ambientaliste – “culture” al plurale, quella scientifica e naturalistica e quella di movimento e di contestazione – era riuscita, quando Laura Conti era ancora in vita, a farmi mandare a Cervia alcuni cartoni di documenti che si erano salvati dall’incendio della casa di Milano della Conti. Si trattava di veline di verbali del periodo in cui Laura Conti era consigliere regionale della Lombardia, di materiale relativo alla Resistenza, di materiale relativo a Seveso. 

In cattivo stato, molto disordinato, ma ben meritevole di essere ordinato e schedato. Nell’attuale ricerca di altri documenti di Laura Conti ci siamo naturalmente rivolti alla Fondazione Cervia Ambiente per chiedere di unire tali documenti a quelli già esistenti presso la Fondazione Micheletti a Brescia. Abbiamo così saputo che le carte di Laura Conti erano state portate in una cantina che è stata invasa dalle acque e sono state buttati via. 

La triste storia dei manoscritti e dei documenti di Giorgio Bassani, travolti da liti per questioni di  eredità, è un altro segno dell’Italia che scompare, dei documenti anche ”minori” che vanno perduti. Scompaiono, per mancanza di spazio, documenti e vecchi archivi nelle Università e nelle scuole. La sorpresa destata dalla scoperta di un saggio di Pasolini giovane nell’archivio di una delle scuole che ha frequentato da ragazzo è un segno del disordine degli archivi. È stato annunciato con sorpresa che è stato trovato in un qualche deposito una copia della tesi di laurea di Enrico Fermi. 

Le carte e i manoscritti dei professori e studiosi più noti sono migrati all’estero, raccolti o acquistati da università straniere; alcune altre, come le carte della Commissione Ambiente del CNR presieduta per trent’anni da Giuseppe Montalenti, giacciono in cartoni in qualche deposito inaccessibile, non schedate. E va detto grazie che non sono state gettate via. 

Ci sarebbe da chiedere ai” competenti” ministeri dove sono gli archivi con la storia degli insegnanti, gli archivi dei documenti presentati ai concorsi, gli archivi delle tesi di laurea? 

Abbiamo cercato invano notizie di due docenti, uno di università, Roberto Salvadori (c. 1875-c.1940), vissuto a Firenze, autore nel 1933 di un dimenticato saggio sul valore energetico delle merci che anticipa intuizioni modernissime; un altro, Valerio Broglia (c. 1900-c.1965), un insegnante in una scuola professionale a Milano, che ha scritto, negli anni cinquanta, degli articoli molto belli sulla storia dell’industria chimica in Italia, sepolti in rivistine scomparse, di cui sopravvive qualche estratto. Quale è stata la loro storia intellettuale? dove sono finiti le loro carte? Il bello è che le migliaia di nuovi docenti che arrivano all’Università spesso non sanno neanche chi li ha preceduti nella stessa cattedra! 

La caccia alle carte dell’”altronovecento” continua, ma deve fare i conti con la mancanza di spazio, con la mancanza di soldi, con la velocità con cui la modernità divora sé stessa e col totale disinteresse della cultura ufficiale per la storia della cultura “minore”. 

La rivista chiede ancora una volta” aiuto” ai lettori; li prega di segnalare depositi di carte, documenti, archivi, di persone o gruppi o associazioni, soprattutto nel campo delle innovazioni, delle lotte ambientaliste, operaie, contadine. 

Il secondo tema di impegno riguarda la dissepoltura dall’oblio dei libri sommersi: in Italia si pubblica un numero enorme di “cose”; pubblicano le banche e gli enti locali, le mostre e le associazioni e le singole persone, pubblicano piccole e piccolissime case editrici; spesso singoli autori pubblicano a proprie spese libri da usare come titoli per partecipare a concorsi; per non parlare dell’enorme materiale di volantini, testimonianze – i “ciclinprop”, riprodotti in tutta fretta o per evitare il sequestro – relativi a eventi, lotte, incontri. Probabilmente in parte roba trascurabile o magari anche miserabile, ma forse, in parte – ne abbiamo continuamente riprove – saggi di livello buono o eccezionale, testimonianze di momenti importanti della storia del Novecento, proprio di quell’”altronovecento” a cui dedica la sua attenzione questa rivista telematica. 

I lettori troveranno sottolineati questi aspetti di ”sommersità” in alcune delle recensioni o delle schede presenti nella rivista. Dove finiscono tutti i libri e gli scritti sommersi? C’è da dubitare che arrivino perfino nelle Biblioteche Nazionali e di certo raggiungono solo una minima frazione di coloro che sarebbero interessati a leggerli. 

La volatilità del ricordo e della storia aumentano, anziché diminuire, con la diffusione degli strumenti telematici. Ci siamo illusi – anche noi che “pubblichiamo” questa rivista – che Internet potesse rappresentare uno strumento liberatorio, potesse offrire spazio alternativo alla conoscenza e alla comunicazione, inaccessibile alla stampa e alle case editrici “serie”, cioè commerciali. Che la grande rete potesse creare quella biblioteca di Babele sognata da Borges, eterna e più duratura di quella di Alessandria. 

La quantità di informazioni sulla rete è certamente enorme, e tende ad aumentare; tende anche a scomparire dopo qualche tempo? Questa stessa rivista telematica quanto durerà? per quanto tempo sarà ancora leggibile con strumenti che cambiano continuamente? Quello che voi collaboratori o lettori scrivete o leggete sarà ancora disponibile fra un anno, fra cinque anni? 

Di questi risvolti delle innovazioni del Novecento la rivista vorrebbe parlare: nei primi quattro numeri, dobbiamo essere sinceri, il colloquio non c’è stato; ci siamo parlati fra di noi, fra quelli della redazione e poche altre persone. Non sappiamo quanti ci abbiano letto, ma di certo i contributi esterni, quelli che vorremmo, non ci sono stati; talvolta le offerte di contributi sembravano animate dalla voglia di “pubblicare” qualcosa da qualche parte, senza tenere conto dello sforzo che la redazione ha fatto per dare una” linea” ad “altronovecento”. 

Una linea che vorrebbe narrare le innovazioni, positive e negative, del Novecento, i rapporti fra tecnica, produzione, consumi e ambiente, al di là dell’ecologismo di moda – e fra tutte queste cose e gli esseri umani. 

Abbiamo cominciato a pubblicare alcuni contributi in inglese. Francamente perché non avevamo tempo e soldi per tradurli, ma anche contando sul fatto che la maggior parte dei lettori potrà riconoscerne il sapore e godere del contenuto. 

Comincia il 2001. Il supercomputer HAL non ci guida ancora nello spazio; al più i supercomputer ci scrutano e ficcano il naso in quello che scriviamo o diciamo. Da parte nostra continuiamo a sfruttare le risorse della tecnica almeno per non dimenticare il debito che abbiamo con coloro che ci hanno preceduto. 

Poiché il prossimo numero 5 della rivista apparirà ormai nei primi mesi dell’anno nuovo, insieme ai redattori e ai collaboratori telematici auguriamo ai lettori “buon anno nuovo”. 

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