I consumatori troveranno in futuro, nei negozi, al fianco della pasta alimentare “di semola di grano duro”, anche pasta alimentare prodotta con sfarinati di grano tenero o con miscele di sfarinati di grano duro e di grano tenero.
È una delle conseguenze dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea le cui norme prescrivono che in qualsiasi paese comunitario deve essere ammessa la vendita di una merce, di cui è consentita la produzione in un altro paese, anche se ne è vietata la produzione nel paese importatore. In Italia, pertanto, resta l’obbligo di produrre pasta soltanto con semola di grano duro, ma potrà essere venduta anche pasta alimentare prodotta con sfarinati di grano tenero in altri paesi europei, in cui ciò è ammesso. Gli italiani saranno costretti a mangiare paste scotte? si perderà l’antica tradizione gastronomica italiana?
La natura “fabbrica” un gran numero di cereali: fra questi, nei climi temperati, si è diffusa la coltivazione del frumento (Triticum) con due principali specie: grano duro e grano tenero, ciascuna con moltissime varietà.
Le differenze di valore nutritivo (contenuto energetico, contenuto proteico), sono abbastanza piccole; sono maggiori le differenze di carattere tecnico. Se si macinano i chicchi (cariossidi) del grano duro si ottiene uno sfarinato grossolano chiamato semola, di colore giallastro; se si macinano i chicchi del grano tenero si può ottenere uno sfarinato grossolano (granito) o una farina sottile e bianca (la farina, appunto), entrambi di colore biancastro.
Le farine di grano tenero vengono impiegate per produrre il pane e la semola di grano duro per produrre le paste alimentari. Poiché, sia pure con oscillazioni, gli sfarinati di grano tenero costano meno di quelli di grano duro, dal 1933 al 1967 è stata ammessa la produzione di paste alimentari contenenti grano tenero (le “paste comuni”), meno costose: in via di principio le paste di grano duro “tengono meglio la cottura”, mentre quelle con grano tenero, durante la cottura, lasciano passare una certa quantità di amido nell’acqua e appaiono un po’ più “scotte”.
Negli anni cinquanta fu scoperto che alcuni pastai, per frode, con adatti additivi, riuscivano a produrre delle paste di grano tenero che tenevano bene la cottura e che potevano essere vendute come paste di grano duro, con profitto per loro e con danno sia per i grandi pastifici, sia per i produttori di grano duro, sia, naturalmente, per gli acquirenti che pagavano un prezzo più alto per una merce di minor valore.
Per mettere fine a queste frodi, e in assenza di metodi di analisi in grado di stabilire con certezza se una pasta dichiarata di semola contiene anche sfarinati di grano tenero, gli industriali e gli agricoltori ottennero una legge, quella attualmente in vigore in Italia, che impone la produzione e la vendita di pasta alimentare confezionata soltanto con sfarinati di grano duro. In questo modo, di fatto, veniva bloccata l’importazione di paste alimentari straniere contenenti sfarinati di grano tenero.
La presenza in Italia di paste prodotte con (o anche con) sfarinati di grano tenero va contro gli interessi dei consumatori? Tutto dipende dal prezzo e dall’informazione. Se un consumatore si rende conto di quello che compra – che cioè acquista una pasta contenente sfarinati di grano tenero, con una chiara indicazione nelle etichette – se il prezzo è abbastanza basso e se si accontenta della qualità della pasta cotta, non mi sembra che ci sia da scandalizzarsi. Il consumatore non dimentichi che per la produzione delle “paste fresche” da sempre è ammesso l’impiego di sfarinati di grano tenero!
Un problema di adeguata informazione si pone piuttosto nelle comunità (mense, caserme, scuole) nelle quali il consumatore deve mangiare paste scelte da altri e della cui qualità non sa niente. La nuova normativa potrebbe forse stimolare nuove ricerche sul riconoscimento della presenza e della quantità di sfarinati di grano tenero nelle paste alimentari. Negli anni cinquanta furono proposti e messi a punto vari metodi di analisi merceologica, ma non del tutto soddisfacenti, anche perché le reali differenze fra le due specie, il grano duro e quello tenero, restano ancora in parte misteriose, benché il grano rappresenti, con la sua produzione mondiale di quasi 600 milioni di tonnellate all’anno, il più importante alimento della Terra.
Viene certamente a cessare, per la nostra industria pastaria, una posizione di privilegio durata trent’anni, ma non ci si può rallegrare quando esportiamo le nostre merci negli altri paesi europei e lamentare perché altri produttori europei esportano le loro merci da noi.