Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Franz Achard (1753-1821)

image_pdfScaricaimage_printStampa

Si parla tanto di unità europea, di globalizzazione, ma all’atto pratico, il comportamento delle imprese e degli stati è sempre lo stesso: cercare di guadagnare di più tenendo un concorrente fuori di casa propria: ci sono continui episodi nei rapporti finanziari e merceologici anche fra i fratelli europei. A questo proposito mi viene in mente un illustre precedente: nei primi anni dell’Ottocento Napoleone, all’apice della sua potenza, domina tutta l’Europa e, nel suo cammino, ha un solo ostacolo, l’Inghilterra con la sua potente flotta militare e con una altrettanto potente flotta mercantile che assicura l’arrivo in Europa di molte merci strategiche, fra cui il cotone e lo zucchero estratto dalla canna nelle colonie americane. L’Inghilterra poteva essere sconfitta non sui campi di battaglia e neanche sul mare, ma nei soldi e negli affari e nei commerci; Napoleone decise perciò di emanare, nel novembre 1806, il “decreto di  Berlino” che vietava l’approdo nei porti europei delle navi britanniche: era il cosiddetto “blocco continentale”. L’Inghilterra restava col suo zucchero invenduto, anche se i cittadini europei restavano senza zucchero.

Qualcuno disse allora a Napoleone che alcuni studiosi tedeschi avevano scoperto un sistema per estrarre dalle barbabietole uno zucchero esattamente uguale a quello di canna. Un certo Andrea Marggraff (1709-1782), professore di fisica a Berlino, nel 1747 aveva pubblicato uno studio sulla possibilità di ottenere zucchero “dalle piante che crescono nei nostri paesi”, cioè in Europa. Ci vollero alcuni anni per perfezionare il processo di estrazione, per scoprire le piante adatte – e la scelta cadde sulle barbabietole bianche della Slesia – e per la raffinazione dello zucchero greggio. Le ricerche furono continuate dall’allievo e successore di Marggraff, Franz Achard (1753-1821), il quale costruì un impianto pilota e nel 1799 presentò i suoi risultati al re di Prussia, Federico Guglielmo III, chiedendo una specie di monopolio per la coltivazione della barbabietola e per l’estrazione dello zucchero. 

Il re di Prussia intuì l’importanza della nuova industria e mise a disposizione di Achard la sua tenuta di Kunern, in Slesia, dove fu costruito uno zuccherificio, trasformato poi in “Scuola per l’industria saccarifera”. Achard ricevette anche un premio in denaro a condizione che rendesse pubblici i suoi risultati, ciò che fece in un “Trattato” apparso nel 1799. L’estrazione dello zucchero dalle barbabietole fu perfezionato in Germania da altri studiosi e imprenditori. Nei primi anni dell’Ottocento lo zuccherificio costruito da Johann Placke (1765-1833) a Magdeburgo lavorava mille quintali di bietole al giorno e lo zucchero ottenuto era venduto fraudolentemente come “coloniale” perché evidentemente la gente credeva che valesse di più lo zucchero di canna che in quel tempo non poteva arrivare in Europa per il “blocco continentale” di Napoleone.

Intanto il ”Trattato” di Achard del 1799 aveva cominciato ad essere conosciuto in  Francia e nell’ottobre 1808 Achard aveva descritto, in un giornale francese i risultati ottenuti in Germania. Napoleone capì immediatamente che una produzione europea di zucchero di barbabietola avrebbe contribuito a tenere le merci inglesi fuori dall’Europa e nel 1811 mandò un funzionario governativo a visitare gli zuccherifici prussiani; il 2 marzo 1811 il giornale francese “Moniteur” riferiva i risultati di questo sopralluogo; il 2 gennaio 1812 un industriale di Passy, Benjamin Delessert (1773-1847), presentava a Napoleone i primi pani di zucchero prodotti in Francia dalle barbabietole.  Nel 1813 in Francia funzionavano 334 zuccherifici e la produzione di zucchero di barbabietola era arrivata a 4000 tonnellate. Davvero la Francia era riuscita a tenere lo zucchero inglese “fuori di casa sua”. (Chiedo scusa ai lettori se li ho tediati con tante date, ma volevo mostrare come, due secoli fa, ricerca, sviluppo, innovazione e produzione merceologica, anche senza i perfetti strumenti oggi a nostra disposizione, andassero ad una velocità che oggi non ci sogniamo neanche). Con la caduta di Napoleone nel 1814 lo zucchero e le altre merci trasportate dagli inglesi poterono tornare in Europa e l’industria dello zucchero di barbabietole proseguì una vita con alterne vicende arrivate ai nostri giorni col declino dello zucchero europeo: è la globalizzazione.

La quale vale per alcuni paesi e non per altri; i paesi più forti si permettono di non far entrare in casa propria le merci o i servizi o i capitali degli altri; del resto noi stessi in Italia, tenuti fuori dalla Francia, non cerchiamo forse di tenere fuori da casa nostra le merci cinesi e asiatiche per non danneggiare i produttori nazionali ? Si potrebbe scrivere una intera storia degli strumenti con cui un paese cerca di non fare entrare “in casa sua” le merci straniere, per esempio attraverso leggi che permettano di rifiutare alcune merci con scuse di carattere ecologico o sanitario, magari abbassando artificiosamente la massima quantità di pesticidi o di microrganismi ammessi.

Non so se i padri fondatori dell’Europa, quegli antifascisti che, al confino a Ventotene, nel luglio 1941, scrissero il “Manifesto” per una Unione europea, sarebbero contenti di vedere che l’Europa è nata, con maggiore libertà di movimento per i cittadini, con una moneta (quasi) unica, ma ancora con egoismi e tentazioni autarchiche. Ma che sia un inevitabile carattere dell’”economia”?

image_pdfScaricaimage_printStampa
Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articolo Precedente

Dove seppellirli?

Articolo Successivo

Fabrizio Giovenale

Articoli Collegati
Total
0
Share