Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Le risorse domani, problema centrale per la sopravvivenza umana

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Il tema del convegno “La Scarsità delle risorse: una sfida di lungo periodo” organizzato dal Dipartimento di Economia Politica dell’Università di Roma La Sapienza riguarda un aspetto fondamentale per la sopravvivenza umana, tanto più in un’epoca di grandi mutamenti in ogni ambito della vita. Non solo i mutamenti riguardano ambiti particolari come la scienza e la tecnologia nei vari campi ma anche il modo di rapportarsi tra gli esseri umani e la  società nel suo complesso con la scienza e la tecnologia. Si parla, infatti, da tempo della rapidità, della connessione e della globalità dei grandi mutamenti.
È indubbio, in questo quadro, che le risorse naturali della Terra sono essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo della popolazione umana. Alcune di queste risorse, come i minerali, le specie e gli habitat, sono finite: una volta esaurite o distrutte, sono perse per sempre. Altre, come l’aria, l’acqua e il legno, sono rinnovabili, ma sono legate ai sistemi naturali della Terra perché le facciano ricrescere, le rinnovino e le purifichino.
Qui sorgono i problemi perché basta menzionare l’acqua per renderci conto che anch’essa ha dei limiti. Infatti, benché l’acqua sia una risorsa rinnovabile le cui riserve sono continuamente reintegrate attraverso il grande ciclo naturale dell’acqua, in molte zone della terra l’acqua è scarsa, in altre  è continuamente peggiorata dagli inquinamenti e la disponibilità di acqua dolce di buona qualità  si fa progressivamente sempre più scarsa.
È indubbio che le risorse naturali debbano essere viste in termini di lungo periodo sia per quanto riguarda il passato che ancor più,  dati i grandi mutamenti, il futuro.
Una parabola, proposta nel 1833 da William Foster Lloyd (1785-1852) 1Foster Lloyd William, (1833), Two Lectures on the Checks to Population, S. Collingwood, Oxford., un demografo inglese poco conosciuto, e “ripescata” da Garrett Hardin (1915-2003) 2Garrett James Hardin , (1968), The Tragedy of the Commons, in “Science”, vol 162, n. 3859, December, pp. 1243-1248. Traduzione italiana “La tragedia dei ‘commons’“, in “Sapere”, vol. 70, n. 710, 4-10 marzo 1969., professore di ecologia umana nell’Università della California, in un celebre articolo apparso nel dicembre 1968 nella rivista “Science”, racconta, in sintesi e con grande impatto quasi visivo, come un pastore felice di quanto latte producono le sue mucche che pascolano  in un prato, ricco di erba  e con un bel ruscello ed  in cui tutta la comunità a cui appartiene  può portare le sue mucche a pascolare, decide di  aumentare le mucche per guadagnare di più. Questo però non avviene perché il prato non può sostenere  tanto  bestiame e  quindi non solo non guadagna di più ma addirittura non quanto prima.
Il pascolo, commentando Garrett Hardin, corrisponde alla Terra, un pianeta grande, ricco di beni materiali e di acque, che fornisce tutte le risorse necessarie alla vita degli umani che hanno tutti uguale diritto, in quanto abitanti e “proprietari” del comune pianeta. Le risorse sono sufficienti e si rigenerano, finché gli umani sono pochi e si accontentano di trarre dalla Terra quei beni che si rigenerano nei grandi cicli della natura.
Questa parabola descrive, a mio avviso molto bene, il degrado della Terra e l’importanza delle risorse. Infatti, le condizioni delle risorse naturali implicano la loro utilità per gli esseri umani, gli unici viventi che “portano via” qualcosa dalla natura per trasformarla in beni diversi da quelli necessari per la pura e semplice sopravvivenza.
Un altro autore ha molto ben descritto già nel 1984 il degrado della terra  e delle risorse di cui siamo tutti testimoni.  Si tratta di  Norman Myers che curò “L’Atlante di Gaia”, un pianeta da salvare descrivendo chiaramente  il percorso che la terra e le sue risorse  avrebbero potuto percorrere negli anni  2000 3Myers Norman, (1987), L’Atlante di Gaia, un pianeta da salvare, Zanichelli, Bologna, 1987..
Ancora recentemente, Lester Brown, noto esperto dell’ambiente che da decenni studia  il  pericolo per le risorse scrive che “è interessante notare che i valori che guidano il sovra-consumo delle risorse naturali sono gli stessi valori che guidano il sovra-consumo di risorse finanziare” 4Brown Lester, (2010), Earth Policy Release,  Earth Policy Institute, Washigton, December 12, 2010. Quindi  essi sono strettamente interconnessi.
Il problema maggiore che il mondo si trova a fronteggiare oggi è che l’economia negli ultimi cinquant’anni è cresciuta di circa quattro volte con il conseguente aumento del consumo delle risorse naturali molto oltre il livello sostenibile. L’agricoltura sta diminuendo, la pesca sta crollando, le falde acquifere stanno esaurendosi, i suoli si erodono, le savane si stanno desertificando. Stiamo lentamente distruggendo, forse non così lentamente, i sistemi naturali di supporto alla vita, sia essa umana che animale e vegetale. Lo stesso Brown  aggiunge che questo sovra consumo  non può che tradursi in una crisi di disponibilità di cibo, aumento di prezzi e aumento dell’instabilità politica.
Ancora un’indicazione che viene da Muhammad Yunus, il fondatore della Gramen Bank 5Yunus Muhammad, (2010), forward to 2010 State of the World, the World Watch Institute,  Transforming Cultures, from Consumerism to Sustainability, Norton Company, New York, London., il quale, insieme al presidente del Worldwatch Institute che  dal  1974 pubblica lo “State of the World”,  e descrive  i  dati sulla situazione ambientale del mondo affrontando ogni anno tematiche diverse, nel volume del 2010 sottolinea le connessioni tra i problemi ambientali e  le culture. Nel volume questi due autori sottolineano come il diffondersi del consumismo da cultura a cultura sia alla base della crescente richiesta di risorse e la conseguente produzione di rifiuti. Tale fenomeno continua ad essere ignorato da parte di leaders politici ed economici in quasi tutto il mondo anche se comincia in diversi paesi ad esserci una maggiore consapevolezza;  basta ricordare che nella costituzione della Germania esiste, tra i diritti del cittadino, il diritto alla protezione ambientale. Si tratta certo di un problema di lungo periodo e come tale, se  si comincia a riconoscerne anche l’aspetto culturale, sarà sempre più di lungo periodo.
Come spesso documentato, i mutamenti culturali sono più lenti di altri come quelli tecnologici ed economici ed anche di quelli  sociali,  è necessario quindi occuparsi del  fenomeno delle risorse in termini sempre più di lungo periodo. Questa considerazione aggiunta a quelle di ordine  ambientale impone sempre più la necessità di azioni tempestive  riguardanti le  risorse.  Per concludere questa parte vorrei ricordare tra i vari testi antichi che si occupano di ambiente che già nel brano della Genesi (Genesi:2:15) si ricorda che l’uomo per la sua sopravvivenza deve lavorare la terra, ma ne è anche il custode e quindi il responsabile. Recentemente (10 novembre 2010) collegandosi a questo brano, Benedetto XVI avverte del rischio  di  prosciugare le risorse naturali della Terra con l’aumento costante del loro consumo, mentre la terra è affidata da Dio Creatore all’uomo affinché la coltivi e la custodisca.
Non a caso il premio Nobel Alfred Schweitzer (1875-1965) aveva scritto che “l’uomo ha perso la capacità di prevedere e prevenire, finirà con distruggere la terra”. E’ interessante inoltre, notare  che già Thomas Huxley (1825-1895), padre dei vari scrittori e scienziati nel 1863 aveva trattato il rapporto uomo-natura scrivendo del “posto dell’uomo nella natura” ed al tempo stesso il nipote Aldous Huxley (1894-1963) molti anni dopo in una trasmissione  radio della BBC auspicava  la necessità di avere molti “futuristi”.

Previsioni sul futuro delle risorse nel periodo degli anni ‘60 e l’apporto del Club di Roma

 Il legame tra questioni ambientali in generale e previsioni relative alla società, cioè l’individuazione delle possibili alternative future che emergono dalle tendenze della società e dalle scelte ed azioni prese dalla e nella stessa, è di lunga data. Essa nasce dalla  consapevolezza delle questioni ambientali ma al tempo stesso dal riconoscimento che i loro  mutamenti  riguardano la società e sono di lungo periodo mentre  i mutamenti sociali nel loro complesso hanno dimensioni diversificate nel tempo. Ad esempio, i mutamenti tecnologici come quelli relativi alle comunicazioni, sono molto più rapidi di quelli sociali; per esempio, il loro impatto sulla famiglia ha tempi più lunghi.  I mutamenti tecnologici ed economici sono relativamente brevi mentre quelli culturali  sono ancora più di lungo periodo di quelli sociali come ad esempio il mutamento dei valori.
Da queste considerazioni è nata l’ecologia umana che recentemente si è sviluppata in molti paesi anche a livello Universitario. La questione delle risorse è indubbiamente parte del rapporto natura-uomo-società ed è stata ampiamente trattata in termini previsionali come cercherò di scrivere in  relazione agli ultimi cinquant’anni.
 Magda Cordell McHale (1921-2008) con il marito John McHale (1922-1978), sociologo e uno dei fondatori degli studi sul futuro, iniziarono nel 1962 “The World Resources Inventory” alla Southern Illinois University. Questo inventario faceva parte di un programma iniziato da Buckminster Fuller (1895-1983) dal titolo “Design Science Decade” che intendeva   promuovere da una parte la verifica continua delle risorse disponibili  all’uomo ed allo stesso tempo  le tendenze ed i mutamenti dei bisogni umani in rapporto alle risorse. Questo studio doveva portare alla verifica dell’uso delle risorse affinché queste potessero continuare a servire tutta l’umanità.
Con questo esempio si vuole dimostrare come il problema delle risorse naturali ed il loro utilizzo in termini di lungo periodo, sia stato affrontato da molto tempo in modo molto rigoroso, soffermandomi anche a presentare  il contributo, a partire dal 1968, del Club di Roma   quando fu fondato da Aurelio Peccei (1908-1984) ed Alexander King (1909-2007).
Prima di descrivere il pensiero di Peccei ed il lavoro del Club di Roma, desidero  ricordare un testo italiano coordinato da Bruno de Finetti (1906-1985), il grande matematico che influì molto sul pensiero matematico in Italia e non solo, in quanto inventore dell’impostazione soggettiva del calcolo delle probabilità.
Il testo di de Finetti, del 1975, ha un titolo significativo:” Crisi dell’energia e crisi di miopia” (6) in cui sono inseriti i contributi di vari studiosi nel settore ambientale e delle risorse in particolare, tra  gli altri, Francesco Forte  che descrive un possibile  scenario energetico al 2000  centrato sulla crisi petrolifera e le scelte che sarebbero state possibili. Un altro contributo è quello di Pietro Ferraro (1908-1974), fondatore del gruppo  “Futuribili” in Italia e dell’omonima rivista. Il gruppo “Futuribles” ha origine in Francia dove ancora sviluppa studi previsionali a livello europeo e pubblica l’omonima rivista .
Il richiamo maggiore al problema dell’ambiente nel lungo periodo ed alla necessità di  studiarne i cambiamenti  a livello globale  emerge con  il testo prodotto dal Club di Roma nel 1972, “The Limits to Growth”6de Finetti Bruno ,(1975) (a cura di), Crisi dell’energia e crisi di miopia, Franco Angeli Editore, Milano. tradotto in Italiano erroneamente come “I limiti dello sviluppo” e non  “Limiti alla crescita” come nel testo originale. Il testo fu chiamato primo rapporto al Club di Roma e sviluppato al MIT  sulla base degli studi di J. Forrester  che, in quel tempo  sviluppò una nuova scienza della dinamica dei sistemi ed in particolare andava disegnando un modello matematico globale basato sui ben noti parametri interdipendenti: popolazione, eccessivo utilizzo e impoverimento (depletion) delle risorse naturali non rinnovabili, industrializzazione, produzione alimentare e degrado ambientale. Forrester passò la responsabilità del progetto a Dennis Meadows che con Donella Meadows (1941-2001), J.Randers e  W.W.Behrens lo svilupparono. Il testo fu oggetto di molte discussioni positive e negative, queste ultime prevalentemente in Italia. Positive in molti paesi compresa l’allora Unione Sovietica e indubbiamente gli Stati Uniti, per le sue indicazioni di scelte economiche e politiche. Il rapporto fu tradotto in più di 35 lingue. Durante una mia visita in Cina, su invito della Accademia delle Scienze Sociali Cinesi, agli inizi degli anni 80, la prima domanda che mi fece il presidente dell’Accademia al  nostro primo incontro, fu su cosa io pensassi  del libro “ The Limits to Growth”. Il rapporto era stato tradotto e studiato dai sociologi cinesi, poco dopo la sua uscita.
È un fatto che con  il  rapporto   “I Limiti dello sviluppo”, si diffuse nel mondo il concetto che, a livello mondiale, vi sia uno stretto legame tra  i limiti delle risorse naturali e la popolazione  crescente. Infatti, anche se la popolazione da tempo invecchia  in quasi tutta la parte più sviluppata del mondo, anche  il consumo delle risorse aumenta anche  nei paesi così detti in via di sviluppo. Inoltre bisogna ora  tenere conto  dell’aumento del consumo di paesi che al tempo dei “ I Limiti dello sviluppo” erano considerati in via di sviluppo, come la Cina , l’India e il Brasile che  sono ora anche  essi forti consumatori di risorse naturali.
Va qui ricordato che il  concetto di “scarsità”  è ben differente dalla carestia che può verificarsi occasionalmente come forma di una scarsità temporanea di una delle molte risorse. La scarsità  va invece considerata sopratutto sulla base delle rigorose leggi della natura, per cui l’uso umano di una fonte di risorse (limitate, non rinnovabili) ne impoverisce la disponibilità futura e ne fa peggiorare la qualità in quanto la stessa fonte è contaminata delle scorie derivanti inevitabilmente dal suo uso.
Inoltre, “ I Limiti dello sviluppo” non dicono, come nessuno studio sul futuro può dire, che cosa accadrà, ma soltanto che cosa potrebbe accadere se verranno prese o non prese alcune decisioni in campo, economico, tecnologico o sociale.
Il rapporto nel suo complesso, ed in generale, venne comunque, preso da molti come se il modello matematico indicasse quello che sarebbe successo, e non come un richiamo all’attenzione al presente ed ai suoi possibili sviluppi e quindi come la previsione di possibili futuri. Si possono certo fare critiche, come fecero matematici ed economisti al modello matematico o come fece in genere il potere economico dal punto di vista politico, ma la sua importanza e la sua diffusione, non si possono negare.
A questo proposito è interessante notare che un’anticipazione del progetto fu discussa dalla Commissione sull’Ecologia del Senato italiano nel 1971 (su iniziativa di Amintore Fanfani). A parte questa iniziativa  ci fu un incontro dove si discussero in Italia “The Limits to Growth” dal titolo “Processo alla tecnologia?” a cui parteciparono lo stesso Peccei e Giorgio Nebbia, che si è occupato, sin dagli anni ‘60 e a tutt’oggi si occupa, di risorse rinnovabili e non, nel quadro di  una problematica mondiale relativa all’ambiente naturale  e alle sue interconnessioni sociali sottolineando anche  le  implicazioni etiche necessarie per ben comprendere  l’insieme dei problemi connessi ed  a livelli diversi e  quindi per offrire indicazioni per meglio agire. 
Le critiche dal mondo scientifico furono varie come quelle, molto bene  articolate, che fece  lo SPRU, all’Università del Sussex negli anni ‘70,  oltre a molti altri studiosi nel mondo, ma è certo che il richiamo alle future conseguenze delle decisioni e alle decisioni non  prese nel presente, fu  sentito come importante  in molti e diversi paesi come l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti ed il Canada  oltre a vari paesi Latino Americani e al Giappone, tanto da influire sulle loro decisioni.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti è interessante ricordare, che data anche la sopravvenuta crisi del petrolio nel 1973 e le varie guerre locali per le materie prime degli anni ‘80,  il messaggio del  Club di Roma fu  preso in seria in considerazione.
Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti (1977-81), fu molto influenzato dal richiamo da “Limits to Growth” tanto che prese varie decisioni soprattutto in termini relativi al risparmio  delle risorse energetiche o alla ricerca di energie alternative, che certo diminuirono la sua popolarità conclusasi con  una  mancata rielezione. Carter  commissionò anche  un rapporto, su le stesse problematiche  nel 1980, a Gerald  O. Barney dal titolo  “Global 2000 Report to the President”7Barney Gerald, (1977), The Global Report to the President, vol.1-2, Council of Environmental Quality and the Department of State, Washington. e sviluppato dal Consiglio per l’ambiente e dal Dipartimento di Stato.  Il testo  è senz’altro meno conosciuto dei “Limits to Growth”, ma importante per il periodo e l’ambiente in cui  emerse e cioè sotto  il governo Carter. Il problema delle risorse naturali e del loro consumo fu una delle questioni rapidamente disconosciute dal successivo governo di Ronald Reagan, teso prevalentemente agli obiettivi della crescita economica.
Dopo avere presentato Il Club di Roma nel suo prodotto più noto vorrei aggiungere qualche pensiero su Aurelio Peccei così poco riconosciuto in Italia in vita e che solo negli ultimi anni, con l’aumento della pressione dei problemi ambientali su tutti i paesi ed a livello mondiale, si è ricominciato a ricordare attraverso il  suo pensiero e le attività, con alcune pubblicazioni ed incontri specialmente nella sua città natale, Torino. Vorrei però brevemente ricordare alcuni dei suoi concetti guida che iniziò a sviluppare ben prima dei “ The Limits to Growth” e  che approfondì nel corso della sua successiva attività. Sin dai tempi, anni 60’ quando viveva in Argentina e dove aveva fondato la FIAT oltre che la società ADELA (Atlantic Development of Latin America). La sua attenzione alla “qualità umana” indicava la preoccupazione per i problemi che nel futuro avrebbero messo a rischio la sopravvivenza umana, come l’eccessivo utilizzo delle risorse naturali, la crescita della popolazione e la conseguente necessità di maggiore produzione alimentare. Peccei presentò in varie occasioni, anche negli Stati Uniti, al Senato, le sue idee. Molti sono stati i sui libri in cui ha sviluppato questi pensieri ed in particolare vorrei citare quello sulla “Qualità umana”8 Peccei Aurelio, (1976), La qualità  umana, Biblioteca dell’Est, Edizioni scientifiche e tecniche, Mondadori, Milano., in cui percorre la sua vita compresa la sua esperienza in Cina negli anni ‘30 per la FIAT e  quella da partigiano poi imprigionato a Torino per 11 mesi dal 44 al 45.   Ricorda anche la non facile fondazione della IIASA (International Institute of Applied Systems Analysis) nel 1972 vicino a Vienna, i cui membri fondatori furono Stati Uniti, Unione Sovietica, Canada, Giappone, Germania Occidentale, Germania Orientale, Polonia, Bulgaria, Francia Gran Bretagna ed Italia (CNR). L’Istituto, che ancora opera, aveva l’obbiettivo di applicare l’analisi dei sistemi ai problemi globali. Fu ed è ancora luogo di incontro e di ricerca di scienziati  appartenenti ai vari paesi. Si possono certo riconoscere le difficoltà incontrate da Peccei per questa iniziativa in quegli anni ma fu possibile affrontarli mantenendo il livello scientifico.
Forse per meglio comprendere la figura di Peccei, che tanto ha contribuito a suscitare l’attenzione di molti decisori nel mondo sull’importanza di un approccio di lungo periodo per le risorse naturali e per la necessità di una   visione globale, è importante ricordare alcuni punti del suo testamento dettato a pochi giorni dalla sua morte. Si tratta dell’importanza del legame tra le risorse naturali con la popolazione mondiale  e lo sviluppo tecnologico che molto influisce  sullo sviluppo umano, nonché, sulla pace mondiale. Ancora oggi il Club di Roma si occupa di problemi mondiali e di risorse naturali ed in particolare nell’ultima conferenza in Svizzera nell’ ottobre 2010, dal titolo: “Sustainability in Practice: Hands on Approaches to Resources and Energy Sufficiency”, dimostra ancora un invito ad occuparsi delle risorse e dell’energia e della loro  sufficienza a livello mondiale in termini di efficienza nel loro uso.

Indicazioni conclusive

In questo articolo ho voluto sottolineare soprattutto come la questione delle risorse rinnovabili e non rinnovabili sia, e sia stata sempre, una questione di lungo periodo fin dai tempi della Bibbia con il citato brano della Genesi ed ancora più dal Levitico 25, in cui Dio dice a Mosè che la terra ha bisogno di un settimo anno di riposo dopo sei anni di utilizzo da parte dell’uomo e quindi per  avere il cibo necessario la terra non può produrre  senza interruzione. Qui sono già chiari i concetti di risorse rinnovabili e non rinnovabili e quindi dei tempi per l’uomo e per la sua sopravvivenza. Si è cercato inoltre di ricordare quanto è stato fatto in questo campo negli ultimi 50 anni e che quindi non  si tratta di un problema riconosciuto solo da poco tempo, ma che  è nella natura del  rapporto uomo-natura e  che negli ultimi anni è stato studiato anche se poco riconosciuto a livello decisionale economico-politico  e sociale.
Tornando ai nostri giorni e alle risorse non possiamo che  richiamarci al fatto che le risorse naturali sono limitate, rinnovabili e non rinnovabili, e che quindi  la  loro continua trasformazione ed il loro continuo consumo sono destinati ad avere  un ciclo di crescita che dopo aver raggiunto  un massimo di produzione o utilizzo  non può che seguire una fase di declino se non di estinzione come ben  scrive Giorgio Nebbia 9Nebbia Giorgio, (2010), Il dibattito sulla scarsità delle risorse, La Gazzetta del   Mezzogiorno, 21 dicembre..
E quindi mi sembra opportuno, risponde  a tutto ciò con  la frase, citata prima, di Alfred Schweitzer (1875-1965) che “l’uomo ha perso la capacità di prevedere e prevenire, finirà con distruggere la terra”. La capacità di prevedere, e quindi prevenire, è ciò di cui si ha più bisogno oggi e cioè guardare avanti per evitare oggi, con le nostre scelte ed azioni, di  mettere in pericolo la sopravvivenza delle future generazioni di cui  spesso dimentichiamo di essere responsabili.  Qui emerge ancora la componente etica della previsione  legata alla questione delle risorse rinnovabili che implica la necessità del prevedere per le future generazioni.  È sorprendente, a questo proposito, che  non vi siano, ancora norme giuridiche a tutelare i diritti delle future generazioni neanche   in relazione alle ricchezze naturali.
Esistono alcune indicazioni al rispetto delle risorse naturali in pochissimi paesi, ma l’indicazione della responsabilità verso  le future generazioni e quindi il riconoscimento dei  loro diritti, non esiste a livello giuridico e quindi in termini  concreti non vi è la responsabilità delle future generazioni. È importante  invece salvaguardare la natura ed avere cognizione dei danni a lungo termine prodotti dall’opera dell’uomo e della società, ma se non si vede in termini di responsabilità sia verso chi ci ha  ci preceduto che verso, soprattutto,  chi ci seguirà, questa problematica  non può che indicare le  più oscure previsioni  che  possono essere infatti giustificate.
Da quanto  scritto emerge, a mio parere, la necessità di sottolineare l’importanza della connessione tra analisi delle risorse naturali  e studi previsionali, studi sul futuro e l’importanza dell’apporto di questi ultimi in termini di futuri alternativi che derivano dalle scelte e  decisioni nel presente ,”prevedere per prevenire” come scritto molto tempo fa dal già citato Alfred Schweitzer.

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