Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Linoleum

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Il linoleum è un rivestimento per pavimenti a base, come dice il nome, di olio di lino. Per la sua fabbricazione l’olio di lino viene ossidato lentamente e trasformato in linossina, il prodotto di ossidazione completa, che viene poi polverizzata e addizionata con “gomme vegetali”; dopo un periodo di riposo, alla miscela vengono aggiunti polvere di sughero o farina di legno e colori inorganici. La pasta di linoleum così ottenuta viene stesa su una tela di iuta sotto pressione e poi lasciata essiccare a varie temperature; quando il linoleum ha raggiunto la solidità e flessibilità volute viene arrotolato in fogli di alcuni millimetri di spessore, larghi in genere due metri e lunghi da 20 a 30 metri. Talvolta impropriamente viene chiamato linoleum anche un materiale simile, ma costituito da resine sintetiche, per esempio viniliche. I rivestimenti di linoleum sono resistenti al fuoco, lavabili, resistenti all’umidità, assorbono il rumore; essendo a base di sostanze naturali di origine vegetale sono facilmente smaltibili e quindi ecologicamente attraenti. Per questo motivo si sta osservando un crescente interesse per il linoleum che, dopo un lungo periodo di lento declino, sta vivendo una sua resurrezione merceologica.

La protezione dei pavimenti, che spesso diventano sede di polveri e anche di batteri, ha attratto vari inventori; i tappeti, a parte l’elevato costo, possono anche loro attrarre polveri e sporcizia e alcuni hanno pensato di poter ricoprire i pavimenti con un materiale che fosse facilmente lavabile. Dapprima sono stati proposti rivestimenti a base di bitume, poi di caucciù, impastati con sughero o polvere di legno, ma con poco successo. Il linoleum è stato inventato nel 1863 dallo scozzese Frederick Walton (1833-1928). L’olio estratto dai semi della pianta da cui si ricava il lino, importante fibra tessile, è costituito da trigliceridi nei quali la glicerina è combinata chimicamente con gli acidi grassi linoleico e linolenico.

Tutti i grassi sono costituiti da trigliceridi; la glicerina è una delle sostanze che si formano durante la fotosintesi, il processo con cui, sotto l’azione della radiazione solare, l’anidride carbonica si combina con l’acqua e, dopo una lunga serie di reazioni, da luogo alla formazione di zuccheri in genere a sei atomi di carbonio; la glicerina ha tre soli atomi di carbonio, e quindi è una specie di ”mezzo zucchero”, di sapore dolciastro, da cui il nome (dal greco glucos, dolce). I tre atoni di carbonio della glicerina sono legati ad atomi di ossigeno e idrogeno che possono combinarsi con i gruppi acidi degli acidi grassi naturali con formazione di “esteri”, come si chiamano i risultanti trigliceridi. Le molecole di acidi grassi hanno in genere un numero pari, da sei a venti, di atomi di carbonio, ciascuno unito ad atomi di idrogeno. Negli acidi grassi “saturi”, come il palmitico e lo stearico, ogni atomo di carbonio è unito a due atomi di idrogeno e ciascun atomo di carbonio è legato ai due atomi di carbonio adiacenti. In molti altri acidi grassi alcuni atomi di carbonio sono uniti ad un solo atomo di idrogeno e impegnano due “valenze” (ogni atomo di carbonio ha quattro “valenze” con cui formare legami con altri atomi) per formare un doppio legame con l’atomo di carbonio adiacente. Si parla in questo caso di acidi grassi “insaturi”. L’acido oleico, il principale costituente dell’olio di oliva, possiede un doppio legame nella sua molecola. Altri acidi grassi, come i due citati, linoleico e linolenico, possiedono, nelle proprie molecole, rispettivamente due e tre doppi legami.

Gli acidi grassi insaturi hanno un certo valore biologico, ma presentano l’inconveniente che gli atomi di carbonio interessati al doppio legame sono suscettibili di assorbire ossigeno dando luogo a fenomeni di irrancidimento, con comparsa di sapori sgradevoli, in grado maggiore o minire a seconda delle tecniche di raccolta e di estrazione e conservazione. Peraltro nell’Ottocento i chimici hanno scoperto che l’ossidazione dei doppi legami degli acidi grassi insaturi poteva essere sfruttato a fini commerciali. Per esempio l’olio estratto dai semi di lino (che ne contengono circa il 40 percento) può essere ossidato artificialmente a caldo e si trasforma in un materiale viscoso adatto come veicolo per vernici. L’“olio di lino cotto” si presenta con diverse caratteristiche a seconda del trattamento ed ha avuto grande diffusione; con l’avvento e il successo della petrolchimica si è visto che un gran numero di materie sintetiche derivate dal petrolio si prestava anche meglio dell’olio di lino per la preparazione di vernici; è così diminuita la richiesta di olio di lino, proprio in un periodo in cui diminuiva anche la richiesta di fibre di lino, con conseguenze negative sull’economia agricola di molti paesi, fra cui l’Italia.

L’invenzione del linoleum ebbe grande successo commerciale; due decenni dopo la sua invenzione ad opera di Walton, in Inghilterra esistevano già venti fabbriche di linoleum. Le prime applicazioni furono a bordo delle navi perché i pavimenti di linoleum potevano essere facilmente lavati. Ben presto il linoleum entrò nelle case, nelle cucine, nelle scuole, negli ospedali, proprio per le sue caratteristiche di praticità, di lunga durata, di basso costo e anche estetiche perché poteva essere prodotto con vari colori. Il linoleum poteva essere steso sui pavimenti in fogli continui o in forma di piastrelle ottenute dai ritagli dei fogli continui. Alla fine dell’Ottocento è iniziata anche in Italia la produzione del linoleum in uno stabilimento a Narni, in provincia di Terni, nella zona industriale in cui si stavano insediando fabbriche chimiche e metallurgiche, attratte dalla disponibilità di energia idroelettrica. La fabbrica del linoleum ebbe varie vicissitudini, anche per la concorrenza di altri materiali da rivestimento a base di materie plastiche. In questi ultimi anni c’è una ripresa dell’interesse per il linoleum che, oltre ad essere duraturo e comodo da usare e lavare, è a base di materie naturali, quindi facilmente smaltibile e biodegradabile. Una resurrezione “verde” insomma.

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