Lo zucchero è una delle merci così banali e comuni che non viene in mente a nessuno che sia stato al centro di grandi battaglie merceologiche. E neanche in tempi lontani, appena 200 anni fa, in epoca napoleonica.
Tutto lo zucchero consumato allora in Europa veniva dalle colonie spagnole o francesi o britanniche ed era ottenuto dalla canna, una pianta che nasce nei climi tropicali. Negli scontri fra Francia e Inghilterra gli inglesi decisero di colpire economicamente l’Europa dominata da Napoleone impedendo, con un blocco navale, l’arrivo delle merci coloniali, fra cui lo zucchero.
Si da il caso che pochi anni prima Andrea Marggraf, professore a Berlino, aveva scoperto che certe piante come la barbabietola, coltivabili nei climi temperati, contenevano uno zucchero identico a quello allora estratto dalla canna. Il successore di Marggraf alla cattedra di “fisica” di Berlino, Carl Achard, in una piccola fabbrica riuscì ad estrarre lo zucchero dalle barbabietole e nel gennaio del 1799, proprio duecento anni fa, presentò i primi “pani di zucchero” al re di Prussia, Federico Guglielmo III, il quale finanziò la costruzione del primo zuccherificio industriale che entrò in funzione a Cunern, in Slesia, nel 1802.
Napoleone, stretto dall’assedio navale inglese, approfittò subito di questa esperienza e incoraggiò la coltivazione in Europa della barbabietola e la produzione industriale dello zucchero, in concorrenza con quello coloniale. Nel 1813 in Francia funzionavano 334 zuccherifici che utilizzavano la barbabietola come materia prima; per inciso, nel 1811 fu aperto uno zuccherificio anche a Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza, vicino Parma.), allora parte del Regno italico legato ai francesi, stabilimento che fu chiuso dopo alcuni anni.
A pensarci la situazione ha molte somiglianze con la crisi del 1973-74, quando, dopo il blocco delle forniture di petrolio, furono cercate altre fonti di energia, dalla gassificazione del carbone, agli impianti solari, a motori a basso consumo energetico.
La produzione di zucchero di barbabietola è continuata fino ad oggi, sia pure, in molti periodi con incentivi e protezioni economiche da parte degli stati; ma anche la produzione dello zucchero di canna ha una sua interessante storia economica: è stata al centro della rivolta della mano d’opera schiava, di rivoluzioni a Cuba, in India, in Indonesia. La coltivazione sia della barbabietola, sia della canna, ha avuto effetti sull’ambiente e provoca inquinamenti delle acque; in certi periodi, vasti tratti di foresta tropicale sono stati distrutti per ricavarne terre da coltivare a canna da zucchero. Oggi oltre due terzi dello zucchero mondiale (circa 130 milioni di tonnellate all’anno) sono prodotti dalla canna; la produzione italiana, tutta dalle barbabietole, è di circa un milione e mezzo di tonnellate all’anno. Il lettore che volesse sapere di più sullo zucchero può consultare il sito Internet: <www.chass.utoronto.ca/epc/wshn>
Sulla produzione saccarifera europea si può utilmente leggere il libro: M. Elisabetta Tonizzi, “L’industria dello zucchero. La produzione saccarifera in Italia e in Europa 1800-2000”, Milano, Franco Angeli, 2001. Sulla produzione dello zucchero di canna si veda: Sidney W. Mintz, “Storia dello zucchero fra politica e cultura”, Torino, Einaudi, 1990.