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Turismo e storia della produzione cartografica: la carta d’italia del touring club italiano al 250.000*

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Sviluppo economico-sviluppo del turismo

I documenti cartografici, secondo una felice definizione di Lucio Gambi, sono da
considerarsi come “oggetti che, quasi in termini dialettici col discorso scritto, riflettono con
messaggi grafici i modi di pensare o interpretare la realtà materiale entro cui si svolge la
nostra vita”1L. GAMBI, Prefazione al catalogo L’immagine interessata. Territorio e cartografia in Lombardia tra 500 e 800, Archivio di Stato di Milano, 1984.. In funzione di questa logica può risultare utile studiarne non solo i contenuti, ma anche e soprattutto i vasti rapporti con la società che li ha prodotti: le ragioni che ne hanno determinato la nascita, il tipo di cultura che li ha realizzati, i diversi linguaggi con cui si sono espressi, l’impronta che hanno lasciato nella forma e nei gradi di comprensione delle realtà territoriali 2Si veda a questo proposito F. MIANI ULUHOGIAN, Cartografia storica e didattica della geografia, in “Bollettino dell’Associazione Italiana di Cartografia”, n. 61-62, Napoli, 1984, pp. 135-143.. Scopo del presente saggio è appunto quello di
mettere in luce alcuni di questi aspetti, analizzando la produzione cartografica di uno dei
primi editori privati italiani, il Touring club italiano, ed in particolare quella che è stata
definita “la carta turistica d’eccellenza”, la Cartad’Italia al 250.000, pubblicata tra il 1906 e
il 1914 e, con successive edizioni, fino al 1962 3Cfr., ad esempio, A. GERELLI, I cinquant’anni del Touring: 8 novembre 1894-8 novembre 1944, Milano, Tci, 1944, dattiloscritto inedito; M. P. FABBRINI, L’attività del Touring Club Italiano dal 1906 al 1914, Università degli studi di Milano, tesi di laurea, Facoltà di Lettere moderne, a.a. 1975-76, pp. 26-43.Sulla carta può essere utilmente consultato l’ottimo saggio A. MARCARINI, Fonti cartografiche non ufficiali per lo studio delle trasformazioni territoriali: la carta d’Italia del Touring club italiano (1907-1914), in “Storia urbana”, n. 18, 1982, pp. 71-86., sottolineando il ruolo giocato dal
Touring club -per tutto il Novecento- di propulsore dello sviluppo dell’industria del
turismo, della scienza cartografica e, nondimeno, della conoscenza delle bellezze naturali e
artistiche del paese.
Il sodalizio era sorto a Milano nel 1894 -inizialmente con il nome di Touring club ciclistico
italiano, che mutò tuttavia già nel 1900 in quello attuale- su iniziativa di un gruppo di
esponenti della borghesia cittadina, con l’intento di promuovere il turismo e di fornire a
ciclisti ed escursionisti una serie di pubblicazioni studiate in modo specifico per le loro
esigenze. L’attività dell’associazione s’inseriva in un contesto storico denso di importanti
novità: tra il 1895 e il 1907 iniziava il primo periodo del decollo industriale italiano, con la
conseguente crescita economica ed imprenditoriale, localizzata peraltro in particolare
nell’Italia settentrionale. Negli ultimi anni del XIX secolo si era registrata infatti una
accelerazione dello sviluppo economico e del progresso tecnico e scientifico, con un lento
incremento generale dei consumi ed un aumento del reddito pro capite dei ceti medi –
divenuti più numerosi per l’espansione delle attività del settore terziario- e di alcuni settori
della classe operaia, in virtù delle lotte sindacali e dei conseguenti aumenti salariali. Nuovi
fermenti animavano la vita civile: il rapido sviluppo della rete ferroviaria dopo
l’unificazione nazionale 4Se nel 1859 solo 1798 km erano percorribili in tutta la penisola, 919 dei quali si trovavano in Piemonte e 522 nel Lombardo-Veneto, nel quindicennio 1861-1876, periodo della massima espansione costruttiva, venne aggiunta una media di 376 km all’anno; successivamente vennero realizzati in media 290 km l’anno nel 1877-1885 e 302 km l’anno nel 1886-1905. Nel 1913 il paese disponeva di 19.000 km di rete ferroviaria. Cfr. S. POLLARD, La conquista pacifica, Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 355-356. e la diffusione dei sistemi di trasporto locale stimolavano nuovi
e più allargati interessi per la conoscenza del paese. In questi anni nascevano le prime
forme di turismo -con caratteristiche diverse rispetto al fenomeno elitario del
settecentesco-ottocentesco Grand Tour, che andava tramontando-, alimentate dalle
disponibilità economiche della borghesia cittadina: da un lato l’industrializzazione in atto,
fonte di nuova ricchezza per un numero sempre più allargato di persone, dall’altro
l’evoluzione dei nuovi mezzi di trasporto e le conseguenti facilitazioni delle comunicazioni
avevano forti ed immediate ripercussioni sullo sviluppo del turismo. Un passo decisivo
nell’incremento della pratica turistica si compiva con la nascita della bicicletta, avvenuta
tra il 1855 ed il 1868 con l’invenzione del pedale e della catena di trasmissione. Il nuovo
mezzo di locomozione si diffuse rapidamente, in particolare come mezzo di svago sia sportivo che escursionistico. Il fenomeno, che andava assumendo anche in Italia un certo
rilievo, era favorito, oltre che da una superiore disponibilità degli individui a viaggiare,
dettato dalla maggiore agiatezza e dalla conseguente possibilità di usufruire di svago e di
riposo, da un periodo di pace internazionale tra le grandi potenze. 5Nonostante non manchino tentativi di ricostruzione storiografica del fenomeno relativo allo sviluppo turistico, non si può parlare in Italia di una tradizione di studi in questo campo. Come venne autorevolmente osservato ormai quasi quarant’anni orsono, “in un secolo e mezzo di esistenza, il turismo non ha saputo ancora attrarre su di sé l’attenzione degli storici. Una storia del turismo resta ancora da scrivere.” H. M. ENZENSBERGER, Una teoria del turismo, in Questioni di dettaglio, Milano, 1965, p. 69. Tuttavia può essere utilmente consultato C. MOCHI, Il Turismo, in “Annali dell’Economia italiana”, 6, t. 2 (1915-1922), Milano, 1982; 1, t. 2 (1923-1929); Milano, 1982; 8, t. 2 (1930-1938), Milano, 1983.
In questo contesto economico e culturale si collocavano dunque i primi anni di attività del
Touring club, la cui nascita nel novembre del 1894, a distanza di pochi anni dagli analoghi
club europei, indicava non tanto l’istituzionalizzazione di una nuova attività umana,
quanto il bisogno di unire in una libera associazione coloro che la praticavano in mezzo ad
ostacoli ed incomprensioni. La composizione sociale del Tci, pur distribuita su tutto il
territorio nazionale, rifletteva la distribuzione territoriale di quella borghesia industriale
che tendeva a concentrarsi nell’Italia settentrionale ed in particolare in Lombardia, una
delle tre regioni nord-occidentali di quel triangolo industriale che si andava formando e
consolidando in quel periodo. Il sodalizio trovava dunque, viste le premesse, larga
adesione soprattutto negli strati dell’alta borghesia imprenditoriale, tra funzionari,
professionisti, letterati, artisti: in quel ceto che a cavallo del secolo andava acquistando una
forza e un peso sempre crescente ed una precisa consapevolezza di sé e, con queste, la
determinazione a legittimare questo suo ruolo anche mediante strumenti di coesione quali
il Touring. La stessa dirigenza del Touring era espressione dell’alta borghesia lombarda, di
quella borghesia liberale insieme erede e contraltare dell’aristocrazia e del potere
economico di rendita 6Tra i 57 “gentiluomini appassionati di bicicletta” che nel novembre 1894 diedero vita a Milano al Touring Club Ciclistico Italiano vi erano industriali come Bertarelli, Johnson e Riva, professionisti quali Arlonghi, Dell’Oro, Forlanini, Fioroni, Luzzatto, Segrè, pubblicisti quali Bianchi -fondatore della rivista “Il Ciclo”-, Carugati, Magnasco, impiegati e funzionari come Citterio e Guicciardi, commercianti come Gorla, architetti come Broggi e Venegoni ed un editore di musica, Ricordi. Nel 1915, a un anno di distanza dalla conclusione della prima edizione della carta d’Italia, dei sessanta membri del consiglio direttivo succedutisi nel corso del primo ventennio, 14 risultavano essere avvocati, notai, dottori in legge o professori di lettere, 12 industriali, 9 commercianti o uomini d’affari, 6 impiegati, 5 medici, 4 ingegneri, 3 pubblicisti, 2 militari non in servizio attivo e 5 risultavano senza professioni definite. Cfr. G. BOZZINI, Turismo insieme: l’associazionismo e il Touring Club Italiano, in AA.VV., 90 anni di turismo in Italia 1894-1984, Milano, Touring club italiano, 1984, pp. 33-38.
Costituito con finalità di carattere sportivo, il sodalizio si tramutò ben presto in uno degli
enti più attivi nella diffusione della cultura geografica, trasformandosi in uno dei primi
editori privati a proporre sul mercato italiano delle opere cartografiche significative, le
quali avrebbero segnato alcune tappe fondamentali di un turismo in continua evoluzione.
Una delle prime iniziative fu di fornire a ciclisti e turisti degli strumenti utili per la pratica
del loro diporto e, tra questi, in particolare carte e guide. Planimetrie e profili altimetrici di
numerosi percorsi stradali alpini ed appenninici apparvero già nel primo anno di vita del
sodalizio. Ma il grande salto di qualità fu compiuto nel 1906, con la realizzazione della
Carta d’Italia al 250.000, un avvenimento cartografico senza precedenti e di importanza
non secondaria per lo studio geografico del paese. 
Il XIX secolo aveva visto il diffondersi di nuove ed inusitate forme di rapporto uomo-
ambiente, dettate da quel gusto della scoperta, della conquista e della conoscenza
dell’ambiente geografico che rappresentava un tratto caratteristico della cultura
illuministica e borghese della società industriale. La nascita di questo nuovo interesse per
il territorio e per le sue particolari ricchezze naturali e storico-artistiche comportava un
incremento di esigenze di conoscenza, così come di necessità di documentazione e di
utilizzazione di supporti descrittivi di ogni tipo, compresi quelli cartografici. Con il
diffondersi della bicicletta, il primo mezzo rapido di trasporto, l’esplorazione del territorio
divenne ancora più capillare e l’uso delle carte topografiche si diffuse ulteriormente come
strumento per la programmazione di itinerari. Tuttavia agli inizi del secolo l’Italia non
disponeva ancora di una buona carta geografica che servisse da chiaro orientamento per il
turista. L’Istituto geografico militare, fondato nel 1872 7L’Istituto derivava dall’Ufficio Tecnico del Corpo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, organo cartografico del Regno sardo, il quale aveva riunito in sé i vari uffici cartografici esistenti nella maggior parte degli stati in cui era divisa la penisola e nel 1865 era stato trasferito a Firenze. Compito dell’Igm era realizzare il rilievo e la compilazione delle carte topografiche dello stato per realizzare una rappresentazione cartografica uniforme ed omogenea del territorio nazionale., aveva da poco ultimato l’ingente
lavoro di rilevamento topografico regolare dell’intero territorio nazionale, consegnato in
circa 2000 fogli alla scala 1:25.000 o 1:50.000, e l’edizione della grande carta topografica
al 100.000 in poco meno di 300 fogli. Tali carte tuttavia, insostituibili per scopi tecnici e scientifici, risultavano eccessivamente ingombranti ed inadatte all’uso turistico ordinario
sia per la loro scala, sia per il numero elevato dei fogli, nonché per il loro eccessivo prezzo.
La necessità di una carta corografica d’Italia, a scala media e tale da rispondere in modo
più particolare alle esigenze di una carta itinerario-turistica e di una categoria di fruitori
sempre più vasta, era imposta dal rapido e crescente sviluppo del turismo e dalle numerose
associazioni esplicanti nel campo sportivo e turistico le più svariate e multiformi attività ed
era peraltro generalmente riconosciuta dagli stessi geografi 8L’esigenza di una carta corografica al 200.000 o al 250.000 veniva ad esempio sottolineata da Olinto Marinelli, uno dei più prestigiosi geografi dell’epoca, nel corso del IV congresso geografico italiano svoltosi nell’aprile 1901 a Milano. Cfr. Atti del IV Congresso Geografico Italiano, parte III, sezione I scientifica, Milano, 1901, pp. 3-4.. Questi ultimi lamentavano
in particolare l’impossibilità di accedere alla totalità della produzione dell’Igm, la cui
diffusione, per le aree prossime ai confini nazionali, era limitata e circoscritta. Le carte
dell’Igm, studiate e realizzate per scopi militari, avevano inoltre spesso privilegiato territori
di una certa importanza sotto il profilo strategico, quali le zone alpine e le regioni nord-
orientali, trascurando altre aree che da un punto di vista storico-urbanistico avevano
conosciuto mutamenti rapidi e trasformazioni profonde. In particolare nel rilievo delle
aree urbane la produzione cartografica ufficiale risultava sovente subordinata ad esigenze
di natura militare, che necessitava il mascheramento o la totale eliminazione di complessi
industriali rilevanti e di potenziali obiettivi bellici 9Esemplare risultava il caso di La Spezia: l’Arsenale militare occupava una superficie molto vasta della città, la quale tuttavia era stata trasformata nelle rilevazioni dell’Igm in una vera e propria città-giardino.. Mancava insomma una copertura
cartografica completa, su di un’unica carta a scala media, di intere regioni o di parti del
territorio nazionale, che riuscisse di aiuto alla promozione del turismo e che rispondesse
alle esigenze di una sempre più larga schiera di fruitori, quali i viaggiatori, i naturalisti, gli
alpinisti, i geografi 10Annunciando ai soci nel 1906 sulla rivista mensile la decisione di realizzare la carta al 250.000, Luigi Vittorio Bertarelli, principale promotore e ideatore della stessa, compiva un breve excursus sulla situazione cartografica contemporanea: in Italia esistevano due sole carte generali, al 100.000 e al 500.000, entrambe edite dall’Igm; la prima risultava oltremodo scomoda e non utilizzabile dal punto di vista turistico, sia per il prezzo proibitivo, sia per le dimensioni troppo ingombranti. La seconda, al 500.000, aveva il difetto opposto: in scala eccessivamente ridotta, riportava indicazioni troppo semplificate ed insufficienti al viaggiatore. Cfr. L. V. BERTARELLI, La forza dei 50.000 soci del Touring. Una Carta d’Italia all’1:250.000 gratis ai soci, in “Rivista Mensile”, XII, n. 1, gennaio 1906, pp. 1-2.. Per colmare questa lacuna furono necessarie una completa opera
di revisione delle stesse carte dell’Istituto geografico militare e l’adozione di più moderni
criteri cartografici che riservassero il giusto risalto alle infrastrutture civili, quali strade e
ferrovie, indicandone condizioni e percorribilità.
 
 
IL DISEGNO DELL’OPERA E LA SUA REALIZZAZIONE
 
L’operazione fu resa possibile dalla collaborazione del Touring club con il primo e
maggiore istituto cartografico privato d’Italia: l’Istituto Geografico De Agostini 11L’istituto era stato fondato a Roma nel 1901 da Giovanni De Agostini, che vi aveva creato un attrezzato laboratorio cartografico. Già nel corso del 1893 De Agostini, nato 30 anni prima nel vicentino, aveva aperto a Como un primo laboratorio cartografico per la pubblicazione di un Atlante dei Laghi Lombardi a scala 1:50.000. Successivamente l’Istituto, che conobbe uno sviluppo notevole, si trasferì da Roma a Novara, dove confermò la propria leadership nazionale nel settore della tecnica cartografica.. Studi
preparatori per la carta d’Italia erano stati avviati tra i due enti già da alcuni anni, tuttavia
per motivi economici il progetto non era stato realizzato. Raggiunti i 50 mila soci nel 1906,
i dirigenti del Touring ed in particolare il vicedirettore Luigi Vittorio Bertarelli 12Luigi Vittorio Bertarelli, indiscutibilmente la figura di maggiore spicco all’interno del Tci, era nato a Milano nel 1859. Il padre possedeva una piccola fabbrica di candele che Bertarelli ricostruì su basi più razionali prima di passare alla fabbricazione di arredi sacri. Industriale, organizzatore, uomo d’affari, realizzatore, campione sportivo, venne eletto alla carica di direttore generale del Tci nel 1919, ma fin dalla fondazione permeò di sé il sodalizio. L’eccezionalità della sua esperienza turistica -al momento dell’istituzione del Tci aveva già percorso, a piedi o in bicicletta, l’intera penisola, con un rapporto quasi fisico con il territorio- e le sue doti di organizzazione e realizzazione sono alla base di una produzione sterminata e quasi sempre di buona qualità, che lo portò a pubblicare sulla rivista mensile del Tci ben 325 articoli oltre ad una miriade di scritti minori. Sulla vasta attività di Bertarelli si vedano C. OTTAVIANO, Luigi Vittorio Bertarelli e il Touring club italiano, in “Economia Pubblica”, XIV, n. 10-11, 1984, pp. 587-596; V. VOMERI, Le origini e i primi anni di attività del Touring club italiano (1894-1905), tesi di laurea, Università degli studi di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1975-76, pp. 32-42; I. BIANCHI, L. V. Bertarelli. Il fondatore del Touring, Milano, Domus, 1954; G. MAZZOTTI, Luigi Vittorio Bertarelli nel centenario della nascita, Milano, Tci, 1959; C. BERTACCHI, Luigi Vittorio Bertarelli e l’opera sua in relazione ai progressi della geografia in Italia, in Note e commenti all’Atlante internazionale, Milano, Tci, 1928; cfr. infine il fascicolo del marzo 1926 de “Le Vie d’Italia”, dedicato alla ricostruzione della sua figura.,
ritennero di disporre delle risorse economiche e di mercato necessarie ad affrontare
l’impresa 13Cfr. L. V. BERTARELLI, La forza di 50.000 soci del Touring, cit., pp. 1-2..
Le caratteristiche vennero stabilite d’accordo tra il Tci e l’Istituto De Agostini. Il primo
realizzò il progetto generale e la ricerca toponomastica, fornendo il materiale di
documentazione al secondo, il quale si occupò dell’incisione, della produzione e
dell’impianto esecutivo dell’opera. Venne adottata la proiezione cosiddetta “naturale” o
“policentrica”, la stessa di cui si serviva l’Igm. Tale tipo di proiezione venne ritenuta la più
adatta per una carta in scala particolareggiata ed articolata in molti fogli, ognuno dei quali
veniva così ad avere un suo centro di sviluppo indipendente dagli altri. Come formato
venne adottato il foglio di cm 44,3 x 33,2; il quadro d’unione risultava formato da 59 fogli,
che successivamente diventarono 62. La superficie disegnata dei 59 fogli primitivi è di mq
8,63; riunita in un solo foglio, la carta presenterebbe un’altezza di m 4,43 ed una larghezza
media di m 3,98 14Per ulteriori notizie dettagliate relative ai criteri scientifici, alle norme tecniche di redazione ed all’impianto esecutivo dell’opera cfr. G. DE AGOSTINI, Carta d’Italia del Touring Club Italiano. Relazione sull’opera dell’Istituto Geografico Dott. G. De Agostini & C., Roma, Igda, 1907, pp. 2-17 e Archivio storico Touring club italiano (d’ora in poi ASTCI), Presidenti e direttori generali, c. 120/1, Bertarelli L. V., Studi-Relazioni-Articoli 1909-1912, n. 15, “Relazione Geografica sull’opera dell’Istituto Geografico del dott. G. De Agostini & C.”Per quanto concerne il lavoro di raccolta di materiale e di costruzione della carta risulta fondamentale la lettura di L. V. BERTARELLI, Carta d’Italia del Touring Club Italiano, Roma, Igda, 1907, pp. 18-29; L. V. BERTARELLI, La Carta d’Italia del Touring Club Italiano, Conferenza al Circolo Filologico Milanese, aprile 1911, pp. 1-52; L. V. BERTARELLI, Relazione Finale al Consiglio del Tci sulla Carta d’Italia al 250.000, Milano, Tci, 1913; ASTCI, Presidenti, c. 120/1, Bertarelli L. V., Studi-Relazioni-Articoli 1909-1912, n. 3, “Conferenza sull’Attività Geografica del T.C.I., Un esempio di collaborazione civile ad una istituzione militare (T.C.I. e I.G.M. per la cartografia dell’Italia)”; nonché i due testi rievocativi della storia del sodalizio promossi dal Tci A. GERELLI, I cinquant’anni del Touring, cit., pp. 83-84 e 695-704 e G. VOTA, I sessant’anni del Touring Club Italiano 1894-1954, Milano, Tci, 1954, pp. 109-117.

Caratteristica distintiva della carta -e senza dubbio uno dei maggiori elementi del suo largo
successo- fu l’uso della policromia, che non solo rispondeva ad esigenze di natura estetica
ma consentiva, rispetto al bianco e nero, una maggiore concentrazione di dati in un piccolo
spazio, mantenendo chiarezza e facilità di lettura 15Va rilevato che le carte a più colori non rappresentavano una novità assoluta nel panorama editoriale. Tuttavia nelle carte a media scala la policromia era di recente introduzione. La Carta d’Italia al 200.000 uscì a ben sette colori, numero allora inconsueto: nero per la segnalazione di strade, ferrovie, caseggiati, sentieri e per la toponomastica; azzurro per le acque; marrone per il tratteggio; terra di Siena per le curve di livello della montagna; verde per i boschi; rosso per le distanze chilometriche, i caposaldi, le pendenze stradali; carnicino per il fondo.. Per la rappresentazione del rilievo
fu adottato il tratteggio inciso, sussidiato dalle curve di livello -le quali disegnano le
sinuosità della montagna e ne precisano le pendenze 16Nelle edizioni successive le curve di livello vennero eliminate, mentre si aggiunse agli effetti plastici l’ombreggiatura chiamata dai tecnici “contromontagna”, che fa risaltare il disegno del rilievo con il chiaroscuro. -, cosicché la carta del Touring
riuscì a rendere i minimi particolari con efficacia e precisione superiori alla norma. La rete
stradale, di preminente importanza in una carta con finalità prevalentemente turistiche,
venne rappresentata nella sua totalità: le strade vennero classificate in cinque categorie, in
rapporto alla quantità di traffico che di norma le percorreva, e furono riprodotte fin nei
minimi dettagli comprendendo quindi, oltre alle strade di grande comunicazione, anche le
carreggiabili, le vicinali, le principali mulattiere, i tratturi ed i sentieri più importanti 17La rete dei tratturi venne radicalmente riordinata ed aggiornata nella Carta d’Italia. Questa immensa viabilità speciale delle regioni meridionali, riservata fin dall’epoca romana agli armenti, consisteva in 3000 km di strade a fondo naturale soggette a continue usurpazioni da parte dei proprietari frontisti. Per lunghi anni la Direzione generale dei tratturi, sita in Cerignola, aveva proceduto ad un lavoro di rivendicazione della proprietà demaniale -con alcune decine di migliaia di atti esecutivi-, che aveva a sua volta portato a notevoli trasformazioni della rete, le quali non erano mai state registrate dalle carte dell’Igm. Per la prima volta queste strade vennero dunque cartografate unitariamente e simultaneamente, lavoro che contribuì alla reintegrazione di tali vie di comunicazione nel demanio pubblico. Cfr. L. V. BERTARELLI, Relazione Finale, cit., p. 17 e ASTCI, Presidenti, c. 120/1, Bertarelli L. V. – Studi-Relazioni-Articoli 1909-1912, n. 3, “Conferenza sull’Attività Geografica del T.C.I.”, pp. 14-15..
Nella carta vennero inseriti tutti i percorsi ferroviari, statali e privati, quelli tranviari, le
funicolari e le funivie utilizzabili dai viaggiatori 18Da un particolare della rappresentazione delle ferrovie risulta la minuziosa cura -per lungo tempo ancora insuperata- posta nella redazione della carta: sulle linee ferroviarie le stazioni venivano indicate con un rettangolo vuoto che interrompeva il tratto nero della linea sul suo asse; dal rettangolo vuoto, segno convenzionale della stazione, sporgeva un puntino sul lato ove sorgeva il fabbricato della stazione stessa: in questo modo si indicava al viaggiatore la posizione esatta dell’edificio rispetto alla linea dei binari.. Per venire incontro alle esigenze del
turismo ciclistico venne riservato un particolare risalto, per le strade di grande
comunicazione, alle indicazioni clivometriche, ossia alle pendenze degli itinerari stradali
19La Carta d’Italia riportava tre tipi di pendenza, ricorrendo a tre diverse colorazioni: avana dallo 0% al 4%, rosso dal 4% al 7%, marrone oltre il 7%. Nelle ultime edizioni tale segnalazione venne soppressa, considerate le maggiori risorse del turismo motoristico. Del particolare pionierismo in materia di indicazione i dirigenti del sodalizio erano perfettamente consapevoli, tanto che Bertarelli puntualizzava: “Il materiale da cui l’Istituto Geografico De Agostini ricaverà questa clivometria, coll’esattezza che essa avrà nella Carta del Touring, è il frutto di undici anni di lavoro di questa Sezione Strade, ora consacrati in una nuova forma grafica, accessibile a colpo d’occhio con grande utilità pel turista”. AAVV, L’Italia e il Touring negli scritti di L. V. Bertarelli, Tci, Milano, 1927, p. 11.. L’indicazione della struttura delle pendenze risultava di importanza cruciale per il
turismo prevalentemente ciclistico che si andava sviluppando. Va sottolineato a questo
proposito che a Bertarelli viene storicamente riconosciuto dagli stessi geografi il merito di
avere “scoperto l’Italia clivometrica”, avendo egli, prima ancora della redazione della Carta
d’Italia, personalmente elaborato e verificato i dati relativi alle pendenze di oltre 3000
km di strade 20Cfr. O. MARINELLI, L. V. Bertarelli e l’attività geografica del Touring, in “Le Vie d’Italia”, XXXII, n. 3, marzo 1926, pp. 271-282.. Per la prima volta una carta italiana forniva un riassunto così ampio
delle isoipse del paese, esercitando così un’influenza notevole sugli sviluppi della
cartografia nazionale. Una particolare cura fu riservata alla rappresentazione dei segni
convenzionali 21Era sempre Bertarelli a sottolineare l’importanza di tale elemento: “In generale non si presta sufficiente attenzione a quelli che sono gli elementi necessari per la lettura di una Carta: per esempio ai segni convenzionali, che pure stanno scritti sempre nei margini. Sono l’alfabeto, e bisognerebbe cominciare con essi. Per esempio, guardate le acque e i caratteri di scritto: le acque sono tutte in turchino; ma avete riflesso in quanti modi esse si presentano? Guardate la distinzione tra canali principali e canali d’irrigazione; guardate il reticolato delle saline; osservate la differenza fra le paludi e i laghi temporanei. Per quanto io sappia la Carta del Touring è la prima a portare questo segno, che pure non è senza importanza”. L. V. BERTARELLI, La Carta d’Italia del Touring Club Italiano, Conferenza al Circolo Filologico Milanese, aprile 1911, pp. 29-30.. I centri abitati, ad esempio, furono rappresentati -quasi si trattasse di
una carta topografica e non di una corografica- non mediante i soliti circoletti
convenzionali, bensì con la loro piantina sommaria, tanto da avere anche un’idea della
forma degli aggregati delle case e rendere più armonica e vera la notazione degli abitati,
obiettivo ritenuto di importanza per una carta prevalentemente turistica. Nelle intenzioni
di Bertarelli, la Carta d’Italia doveva essere uno strumento capace di esprimere “con
chiarezza suggestiva, non soltanto la natura del terreno, ma persino tutta la sua
fisionomia”, ovvero tutte quelle componenti del territorio che sono testimonianze della
stratificazione storica “impregnate di fatica e di amore quotidiani dalle quali sono potuti
nascere, nei secoli, i monumenti delle città e le opere d’arte dei musei” 22Le citazioni sono tratte da I. BONACINA, Il Touring club italiano dal 1894 al 1944. Cinquant’anni di attività per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, tesi di laurea, Politecnico di Milano, facoltà di architettura, a.a. 1986-87, pp. 182-183.
 
 
LA CARTA COME PRODOTTO DI UNA CULTURA
 
La carta del Touring al 250.000 nasceva dalla cultura del primo Novecento che aveva
ereditato, dalla filosofia positivista ottocentesca, la fiducia nel progresso, l’attenzione per la
scienza, l’interesse per il dato concreto, il ripudio della metafisica. Espressione della
borghesia post-risorgimentale, il Touring club si faceva fautore di quel mito del progresso
diffuso nella classe emergente frammisto a paternalismo pedagogico e ad un patriottismo
non privo di sfumature di retorica ma basato sull’equazione amore-conoscenza; per i
fondatori del sodalizio progresso significava però soprattutto aumento del sapere – alimentato dal moltiplicarsi di giornali e di periodici ed esaltato dalle esplorazioni e dalle
invenzioni che si susseguivano nei più vari campi-, così come sviluppo fisico dell’individuo
e fiducia in un futuro migliore. Accanto allo spirito patriottico-risorgimentale caratteristico
del Tci va dunque collocata la derivazione culturale positivista dei fondatori, cosicché le
pubblicazioni del Touring club promuovevano costantemente la conoscenza globale del
territorio e contenevano un’attenta analisi del tessuto territoriale. Va sottolineato, ad
esempio, che il 250.000 del Touring fu la prima Carta d’Italia nella quale le aree boschive
venivano rappresentate con un criterio metodico costante di classificazione dei terreni. In
precedenza, come faceva rilevare lo stesso Bertarelli, nei documenti cartografici “la
convenzione del terreno boscato era, con criteri affatto personali, applicata sì o no, a
seconda dei rilevatori, oltre che al bosco propriamente detto, al pascolo alberato, al ceduo,
al terreno cespugliato e perfino al terreno coltivato, in modo che (sic) per l’abbondanza o la
natura della vegetazione veniva elasticamente dato per bosco” 23L. V. BERTARELLI, Relazione Finale cit., p. 28.. Il lavoro di
rappresentazione cartografica dei boschi fu motivo di una quantità non indifferente di
sopralluoghi presso le Ispezioni Forestali e riuscì, nonostante l’arretratezza organizzativa
dell’amministrazione competente, il generale disordine forestale e la costante
sottovalutazione dell’importanza del patrimonio naturale nazionale, molto interessante,
almeno come primo sforzo, riportando una serie di informazioni mai riassunte su base
cartografica omogenea con dati attuali e con un unico criterio 24I documenti forniti dall’amministrazione forestale al Touring furono giudicati, per una gran parte del territorio nazionale, “purtroppo insufficienti, incompleti, incerti”. Uffici da lungo tempo mancanti di personale e di mezzi, ancora sotto l’influenza delle antiche organizzazioni locali mal fuse in quella unica di Stato, non ancora avviati ad una seria e generale applicazione delle leggi, non potevano dare una documentazione metodica e uniforme. “Gli è che nel nostro paese -sottolineava Bertarelli- disgraziatamente l’organizzazione degli Uffici Forestali fu lasciata nel più completo abbandono per una lunga serie d’anni. Soltanto da non molto tempo si è determinato nell’opinione pubblica un movimento che accenna a farsi sempre più attento per quanto riguarda, se non l’organizzazione di un’amministrazione forestale, per lo meno gli effetti troppo palesi del disordine forestale. Va formandosi una coscienza forestale e il Touring vi contribuisce potentemente con la propaganda fatta dalla propria Commissione speciale. L. V. BERTARELLI, Relazione Finale cit. pp. 27-28. L’attività pionieristica del Tci a favore della conoscenza della natura e della sua salvaguardia, pur con le sue luci e le sue ombre, è stata solo recentemente messa in luce, sottolineandone il ruolo di precursore -in assenza delle associazioni ambientaliste- svolto dalla nascita fino agli anni ’60 del Novecento. fr. E. H. MEYER, I pionieri dell’ambiente. L’avventura del movimento ecologista italiano: cento anni di storia, Milano, Carabà ed., 1995, pp. 63-132, ed in particolare i paragrafi “La fondazione del Tci e la sua attività editoriale per la conoscenza e la tutela del patrimonio ambientale” (pp.65-72), “L’azione conservazionistica diretta” (pp.72-79) e “Monti e boschi. La conservazione del suolo” (pp. 104-109)..
 
 
LE INCHIESTE: UNA PARTECIPAZIONE COLLETTIVA.
 
Il lavoro di preparazione della carta consisteva in cinque fasi distinte: la prima di raccolta e
selezione degli elementi necessari per la compilazione della stessa; la seconda di disegno;
la terza di controllo ed aggiornamento di ogni nome e dato; la quarta di incisione e prove;
la quinta di stampa. Base principale per il lavoro di preparazione fu il 100.000 dell’Igm,
raffrontato con le più recenti levate di campagna al 25.000 e al 50.000, con le carte
idrografiche della Marina e con i rilievi dei ministeri dei Lavori pubblici e dell’Agricoltura,
nonché di una serie di altri enti quali il Magistero delle acque di Venezia. Furono presi
inoltre in considerazione tutti gli studi e gli elementi geografici e cartografici più recenti ed
attendibili apparsi in guide, profili, monografie, riviste ed altre pubblicazioni.
Particolarmente laborioso si rivelò il processo di concentrazione dei dati su una superficie
sei volte minore, quale era la planimetria al 250.000 rispetto alla carta militare. “Non si
tratta di fare un centomila più piccolo – faceva notare Bertarelli – bensì di riprodurre solo
ciò che è più saliente ed importante, di sfollare con criterio e metodo”. La revisione doveva
quindi servire anche all’eliminazione degli elementi non necessari ed all’aggiunta di quelli
topografici interessanti il turista in particolare. Si ricorse ad una serie di inchieste speciale
in luogo e si ottennero in tal modo elementi di preminente interesse per il turismo, la
storia, l’arte, che furono integrati al posto di altri dati topografici di secondaria importanza
per il turista. Fu così possibile inserire, per la prima volta in una Carta d’Italia, “molte
centinaia di castelli, santuari, monumenti isolati, croci monumentali in cima ai monti,
rifugi alpini (questi furono tutti collocati con studio metodico) centrali elettriche, massi
erratici, sorgenti, cascate, gole, grotte e altri fenomeni e bellezze naturali” 25L. V. BERTARELLI, Relazione Finale, cit., p. 27., che conferivano alla carta una fisionomia turistica poco appariscente che tuttavia si svelava
praticamente con l’uso sul terreno. 
Il consistente lavoro che i dirigenti del sodalizio si avviavano a compiere rifletteva gli ideali
post-risorgimentali che avevano animato ed ancora permeavano la società italiana: far
conoscere la nazione, costruire un comune storico retaggio per consolidare quell’unità
nazionale così sofferta e che tuttavia si rivelava, tutto sommato, deludente 26L’ideale del “far conoscere l’Italia dagli italiani” rispondeva al preciso programma dell’associazione, costantemente sottolineato in occasione della presentazione delle imprese editoriali o di turismo sociale -quali le escursioni nazionali- realizzate dal sodalizio, come nell’occasione della presentazione ai soci della collana dedicata alle guide regionali, in cui il direttore generale Federico Johnson ribadiva che “Far conoscere l’Italia agli italiani è uno dei più grandi scopi del nostro programma (…) per creare una grandiosa illustrazione collettiva dell’Italia che abbraccia i diversi caratteri pittorico, archeologico, monumentale, etnico, antropologico, usi e costumi, folclorismo. (…) Far conoscere l’Italia agli italiani e affratellare sempre più gli abitanti delle diverse regioni della nostra nazione”. F. JOHNSON, Relazione del Direttore Generale del T.C.C.I., in “Rivista Mensile, V, n. 5, maggio 1899.. A ciò va
affiancata la particolare concezione turistica di Bertarelli e in generale dei fondatori del
Touring club, la quale imponeva “che il viaggio non sia più una semplice traslazione, ma
sia davvero uno studio, uno studio della nostra Patria”, mettendo in luce lo spiccato spirito
patriottico che animava il gruppo dirigente del sodalizio. Tale patriottismo era tuttavia
sufficientemente lontano da sfumature di provincialismo e sciovinismo, trattandosi invece
di “amore per il proprio Paese, orgoglio di essere cittadino, gelosa cura del suo decoro e
della sua dignità” 27I. BONACINA, Il Touring club italiano dal 1894 al 1944 cit., p. 15.. Queste caratteristiche permettevano al sodalizio di essere
considerato un’istituzione insieme “scientifica e patriottica” 28O. BRENTARI, Touring, Scienza, Patria, in “Corriere della Sera”, 14 luglio 1899. L’estensore dell’articolo scriveva tra l’altro: “Non è una delle solite società di sport e relativo perditempo, ma bensì un’istituzione scientifica e patriottica; scientifica, perché per far conoscere l’Italia agli italiani fece più essa in cinque anni che dieci accademie in dieci lustri; e patriottica, perché contribuendo a far sempre più conoscere il nostro Paese, contribuisce a farlo sempre più amare.”. La scientificità del
sodalizio derivava dall’abito culturale dei fondatori ed era rappresentata dalla cura
minuziosa con cui veniva rilevato nelle pubblicazioni il contesto ambientale, storico,
artistico e produttivo, dall’attenzione alla realtà territoriale e dalla metodologia di raccolta
dei dati; il patriottismo consisteva, come si è già rilevato, nell’amore per il proprio paese,
nella cura del suo decoro e della sua dignità e nella volontà di farne conoscere il volto nei
suoi aspetti naturali, artistici e storici, facendo della geografia, per la prima volta, qualcosa
di popolare e di vissuto e trasformando un’associazione turistica in uno strumento di
italianità e di prestigio nazionale.
Esaurita la fase di raccolta e selezione dei dati, tirata in torchio una bozza della carta, si
diede l’avvio al lavoro di revisione, controllo e aggiornamento. 
L’originalità della carta d’Italia del Touring club si evidenziò proprio nel rigoroso lavoro di
selezione, controllo, aggiornamento e sintesi operato su tutti i dati, in quello di aggiunta di
nuovi elementi di interesse prettamente o prevalentemente turistico, oltre che nella
maniera di rappresentare tutti gli elementi, dando ad alcuni la preminenza su altri e
ricercando -con l’ausilio di una ben dosata scala di caratteri, di segni convenzionali e di
colori- una facile leggibilità ed un’integrale rapida consultazione. La carta militare al
100.000, utilizzata come fonte di derivazione principale, non era esente da imperfezioni,
richiedeva significativi aggiornamenti ed accusava incompletezze proprio a riguardo delle
opere infrastrutturali, determinanti invece nella logica di una carta di tipo turistico. Il
lavoro di controllo e perfezionamento, della durata di otto anni, investì ogni particolare
della carta. L’aspetto più rilevante di quest’opera di inchiesta è rappresentato dal
coinvolgimento e dalla massiccia partecipazione dei soci e degli studiosi locali nel lavoro di
arricchimento ed aggiornamento delle informazioni desunte dai rilievi cartografici ufficiali.
Gli elementi da inserire vennero infatti prescelti in base ad “inchieste speciali” condotte
presso soci, consoli del Touring, locali studiosi. In questo lavoro, in cui risiede l’originalità
sostanziale del prodotto, consiste l’apporto più pregevole dell’organizzazione del Tci alla
creazione della carta stessa: nella storia delle iniziative private di questo genere la
Carta d’Italia del Tci resta come il primo esempio di una collaborazione tanto larga,
costante ed importante da potersi definire nazionale 29A proposito della “collaborazione nazionale” si veda G. DE AGOSTINI e L. V. BERTARELLI, Sulla Carta d’Italia al 250.000 e sulle pubblicazioni fatte dal T.C.I. nel dodicennio e i loro rapporti con la diffusione della piccola cultura geografica, memoria presentata al VI Congresso Geografico Italiano, Venezia, 26-31 maggio 1907.. Il sodalizio aveva peraltro
dimostrato immediatamente la propria capacità di penetrazione nel tessuto sociale,
conoscendo notevoli e costanti incrementi della propria dimensione associativa: se dopo soli tre anni di attività l’associazione aveva raggiunto e superato le 10.000 iscrizioni, nel
1906 -l’anno in cui si iniziava la redazione della carta- questa era già arrivata ad
annoverare, come già si è sottolineato, oltre 50.000 soci, i quali peraltro raddoppiarono
solo sei anni più tardi, nel corso del 1912, raggiungendo e superando la 100.000 unità.
Queste cifre sono forse più eloquenti se confrontate con i 104.614 iscritti del 1914 alle
complessive 374 leghe cattoliche, con i 32.000 tesserati del Partito socialista di quello
stesso anno e con i 302.400 affiliati alla Confederazione generale del lavoro 30Cfr. C. OTTAVIANO, Luigi Vittorio Bertarelli e il Touring Club italiano, in “Economia Pubblica”, XIV, n. 10-11, ott. – nov. 1984, pp. 587-596.. Va
peraltro rilevato che, da indagini condotte dalla stessa dirigenza del Tci, emergeva come il
corpo sociale, pur distribuito su tutto il territorio nazionale, fosse radicato
prevalentemente nell’Italia settentrionale e nei centri di dimensione medio-grande 31Cfr. ASTCI, Statistiche Movimento Annuale Soci 1894-1972, c. 550.,
avesse un’età più matura rispetto alla media nazionale e, pur evolvendo in sintonia con i
mutamenti del contesto sociale, fosse rappresentato da individui appartenenti ad uno
status economico-sociale e culturale elevato rispetto alla media nazionale 32Queste caratteristiche contraddistinguono peraltro il Touring club nel corso della sua intera esistenza. Sulla “Rivista Mensile”, organo ufficiale del sodalizio, nel febbraio 1922 non si nascondeva, in un articolo intitolato Il numero presente e futuro dei soci del Touring, un certo compiacimento nel comunicare che della compagine sociale facevano parte industriali, avvocati, farmacisti, medici ed anche un buon numero di parlamentari e di alti burocrati. Cfr. anche Chi si fa socio del Tci?, in “Il Touring – Bollettino bimestrale d’informazione ai soci”, n. 6, 1953; Quanti sono e dove sono i nostri soci, in “Il Touring”, n. 5, 1960; ed inoltre ASTCI, Vicepresidenti e direttori generali, Vota Giuseppe 1948-1966, c. 120/2, Totale soci – percentuali – abitanti – 1963; ASTCI, Statistiche Movimento Annuale Soci 1894-1972, c. 550, Campagna sociale per Regioni – 1960; ASTCI, Statistiche Generali dei Soci, c. 553, Critiche a inchiesta Doxa – 1965. Può essere significativo ricordare che, nel 1961, degli 88 senatori iscritti al Tci sui 249 totali, oltre la metà (48) appartenevano al gruppo parlamentare democristiano, 13 al PSI, 13 al gruppo misto, 8 al PCI e 6 al MSI, evidenziando uno scarto rispetto alla realtà elettorale del paese. Il 40% dei senatori DC era iscritto al sodalizio, mentre la percentuale scendeva al 14% per il PCI. Cfr. ASTCI, Senatori e Deputati soci TCI 1961-1967, c. 402/1/A, “Verifica in schedario della ripartizione divisa per gruppo parlamentare da parte dell’Ufficio Propaganda, 24-4-1961”.
È possibile dunque attribuire all’impresa un notevole significato partecipativo. Il lavoro di
revisione e di aggiornamento investì di fatto ogni particolare della nuova carta e proseguì
per 8 anni, impegnando pressoché per intero l’organizzazione del sodalizio. Tra le inchieste
attivate vanno ricordate un’inchiesta preliminare per l’aggiornamento stradale, che
permise di adeguare circa 1800 fogli del 100.000 dell’Igm da parte dei 69 uffici del Genio
civile e dagli altrettanti uffici tecnici provinciali, un’inchiesta preliminare per
l’aggiornamento ferroviario, che portò alla revisione di 250 fogli della carta militare,
un’inchiesta preliminare per lo “sfollamento” del 100.000, costituita da circa 1200
corrispondenze inviate da informatori e studiosi locali, onde facilitare la cernita dei nomi
di interesse per il 250.000, un’inchiesta preliminare per la correzione e l’aggiornamento
toponomastico sul 100.000, costituita da circa 6000 corrispondenze che permise di
disegnare ed incidere il 250.000 già dopo una discussione a fondo dei nomi, due inchieste
preliminari speciali per la trasformazione della toponomastica per il Trentino e la Venezia
Giulia e l’Istria, operate sulla carta ufficiale austriaca al 200.000 ed infine, a lavoro
ultimato, un’inchiesta per la correzione delle bozze del 250.000 del Tci, la quale costituì
uno dei lavori di maggiore importanza, risultando costituita da circa 14.000 questionari
33Attraverso le diverse fasi delle inchieste si manifestò il credito ottenuto dal sodalizio fin dai primi anni di esistenza. Per l’aggiornamento della rete stradale il Tci poté ricorrere agli Uffici del Genio civile per le strade nazionali, agli Uffici tecnici provinciali per quelle provinciali e agli Uffici tecnici dei Comuni per i tracciati delle zone suburbane, a cui si aggiunsero, per le strade private o per costruzioni dei cui dati gli uffici pubblici non erano ancora stati investiti, uffici privati di imprese di costruzione e singoli progettisti. Un aggiornamento che aveva un rapporto diretto con quello stradale riguardava la costruzione edilizia perimetrale dei grandi centri, la cui espansione era soggetta in quel periodo ad un notevole sviluppo, ed a cui provvidero gli uffici tecnici comunali locali. Agli aggiornamenti ferroviari delle Ferrovie dello Stato provvidero la Direzione generale e le diverse direzioni compartimentali, le quali, sui fogli al 100.000 inviati dal Tci, segnarono tutti gli spostamenti delle stazioni, le stazioni nuove e le nuove fermate, il lato della linea occupato dalla stazione e lo stato aggiornato dei passaggi a livello nonché dei sopra e sottopassaggi. Analogamente si ricavarono notizie dalle direzioni delle ferrovie economiche, ferrovie industriali private, funicolari, funivie e ferrovie a dentiera. Anche i porti, i fari, le opere marittime furono oggetto di controllo e revisione a cura dell’Ufficio idrografico della Marina, delle capitanerie di porto e talora anche degli uffici municipali, sulle tavolette o i quadranti inviati dal Tci. All’aggiornamento dell’idrografia, particolarmente impegnativo considerato il carattere mutevole degli alvei fluviali e di alcuni tratti di costa, provvidero in varia misura l’Ufficio idrografico della Marina -per le foci e le coste- ed una serie di Uffici speciali quali quello del magistrato delle acque di Venezia, quello idrografico del Po di Parma, oltre che una serie di consorzi di bonifiche pubbliche e private e d’irrigazione, e diverse società di navigazione. Dati relativi ad acquedotti e impianti idroelettrici si ebbero dalle rispettive società e imprese di costruzione o d’esercizio. Per le zone montane si elaborò un’apposita inchiesta presso tutti i soci del C.A.I., alpinisti, conoscitori specializzati dei vari gruppi alpini, ai quali fu chiesto di proporre delle modifiche rispetto alla carta dell’Igm, con particolare riguardo per le vie di comunicazione -carreggiabili, mulattiere, sentieri-, all’estensione dei boschi e dei ghiacciai, all’ubicazione dei rifugi, degli alberghi o di casolari sparsi, sovente utili come punti di riferimento o di appoggio.  Per ulteriori notizie si vedano i titoli già citati in nota (14).. Come spiegarono gli stessi dirigenti “in generale si procedeva come segue: a ciascun
ente, ufficio o persona veniva inviato uno stralcio della bozza al 250.000 insieme con lo
stralcio corrispondente al 100.000, al 50.000 o al 25.000 di ultima edizione. Il
collaboratore esaminava la bozza al 250.000 segnandovi le sue osservazioni: se poi
occorreva indicare il tracciato di una nuova strada, di un canale, di un caseggiato, ecc., tali
dati venivano riportati sul 100.000 e sulle levate di campagna che per la loro scala minore
permettevano di fornire maggiori particolari” 34A. GERELLI, I cinquant’anni cit., p. 699..
Particolare interesse riveste il modo in cui nella predisposizione della carta venne
affrontata la questione della toponomastica. Le inesattezze e le incompletezze riscontrate
nei rilievi dell’Igm stimolarono Bertarelli ad avviare la citata inchiesta toponomastica su
scala nazionale. Il lavoro, basato anche qui sulla collaborazione di soci e di studiosi locali
ed eseguito in meno di un anno, venne realizzato mediante il confronto tra differenti
versioni del toponimo interessato 35L’inchiesta, i cui risultati furono incorporati nel primo disegno della carta al 250.000, venne completata da una seconda indagine eseguita sulle bozze del 250.000 stesso con il concorso di circa 14.000 collaboratori.. Lo studio assunse proporzioni di tale importanza
da formare oggetto di una speciale relazione di Bertarelli al consiglio del Tci 36L. V. BERTARELLI, Relazione al Consiglio del Touring sullo studio preliminare dei nomi contenuti nella Carta d’Italia al 250.000 del T.C.I. e osservazioni toponomastiche sulla Carta d’Italia al 100.000 dell’I.G.M., Milano, Tci, 1908; il volume è composto dalla relazione propriamente detta, da alcune note, da alcuni esempi di discussione di nomi del 100.000 militare e da un allegato di 349 pagine nel quale venivano passate in rivista tutti i fogli del 100.000 elencando 7197 dizioni dubbie e le modifiche ad esse che si proponevano.. In tale
relazione, constatando come l’inchiesta avesse rilevato una proporzione pressoché costante
di toponimi dubbi nei vari fogli della carta militare al 100.000, si confermava la necessità, peraltro già espressa da una serie di autorevoli studiosi e più volte auspicata nei congressi
geografici, di una urgente riforma sostanziale della toponomastica generale italiana. Dopo
aver sottolineato le deficienze della cartografia ufficiale, vi si esprimeva inoltre l’auspicio
che l’Igm potesse essere messo in condizioni -soprattutto economiche- tali da permettergli
di dedicarsi ad efficaci provvedimenti nell’interesse di tutta la cartografia italiana. La
relazione, diffusa negli ambienti tecnici, militari ed amministrativi, ebbe favorevole
accoglienza, come peraltro tutto il lavoro d’inchiesta toponomastica del sodalizio, tanto da
determinare nel 1910 la costituzione di una “Regia Commissione per la revisione
toponomastica della Carta d’Italia dell’I.G.M.”, con sede presso l’istituto stesso e dotata di
fondi appositi stanziati dal ministero della Guerra 37La commissione venne costituita ufficialmente con R. D. 5 marzo 1911. In precedenza la commissione provvisoria, di cui faceva parte Bertarelli, aveva eseguito un test su cinque fogli al 100.000, il cui risultato mise in evidenza la necessità di estendere la revisione ai rilievi che stavano alla base della carta militare al 100.000, ovvero le levate di campagna al 25.000 e al 50.000.. Di tale commissione venne
chiamato a far parte anche Bertarelli, mentre al Tci fu affidato il compito di realizzare la
prima parte dell’inchiesta, caratterizzata da quella forma di indagine per corrispondenza
già sperimentata dal sodalizio. Ciò rappresentava senza dubbio un riconoscimento della
capacità organizzativa del Tci, nonché della sua capacità di mobilitazione. Alla fine del 1913
risultavano corretti i rilievi corrispondenti a circa 80 fogli al 100.000 sui 271 che
componevano l’intera carta 38Nel corso del 1910 furono esaminati 19.382 nomi, di cui 3552 furono corretti. L’anno successivo la commissione ne esaminò 107.290, con 19.933 correzioni. Nel 1912 gli esaminati furono 45.834, i corretti 12.973.. L’attività della commissione venne tuttavia sospesa con la
prima guerra mondiale e non più ripresa, nonostante la sua ricostituzione nel 1936. 
Un problema di particolare delicatezza si presentò alla dirigenza del Tci in occasione della
discussione dei criteri toponomastici adottati per la carta relativamente alle regioni che si
trovavano sotto la giurisdizione dell’impero austro-ungarico. Considerate le evidenti
implicazioni politiche, il sodalizio affrontò il problema con una certa prudenza. La carta del
Tci rappresentava la più ampia raccolta eseguita in Italia di nomi di località o altri
toponimi delle cosiddette regioni irredente e rivestiva, per l’importanza nazionale
rapidamente acquisita dal sodalizio, per la vastità della collaborazione prestata anche da
enti statali e provinciali e per la prevista larga diffusione 39Nel 1908, quando si iniziò a lavorare sul Trentino e la Venezia Giulia, il Touring aveva diffuso la Carta d’Italia per 1/4 del territorio in già più di un milione di fogli., un carattere in qualche
modo ufficioso. Per la soluzione del delicato problema la dirigenza si avvalse peraltro della
collaborazione dei maggiori studiosi e competenti della materia, individuati per il Trentino
nella Società degli Alpinisti Tridentini, tra i quali figurava Cesare Battisti, per la Venezia
Giulia nella Società Alpina delle Giulie. In assenza di norme ufficiali, i criteri adottati
riproducevano in linea di massima la situazione geotoponomastica di fatto, indicando nei
territori ove prevalevano le lingue tedesca e slava, per i piccoli elementi geografici i termini
in forma straniera e per i grandi nomi -città, catene e monti, fiumi ecc.- la forma straniera
seguita o preceduta da quella italiana. Nelle zone mistilingui si diede invece la preferenza
ai nomi italiani 40Cfr. L. V. BERTARELLI, Carta al 250.000. Come fu risolta la questione dei nomi italiani e stranieri nei territori politicamente esteri della carta del Touring, in “Rivista Mensile”, XVI, n. 2, febbraio 1908. I medesimi criteri furono adottati ed ulteriormente precisati alcuni anni più tardi, in occasione della pubblicazione della Guida delle Tre Venezie. Cfr. L. V. BERTARELLI, Nota sui criteri adottati per i toponimi nella Guida delle Tre Venezie del T.C.I. Si adottarono insomma nomi stranieri laddove questi corrispondevano all’uso locale.. Ciò non impedì tuttavia che tali criteri fossero oggetto di aspre
critiche da parte soprattutto di alcuni soci giuliani del Tci, i quali, come in occasione
dell’assemblea generale del 1908, sollevarono un acceso dibattito sull’opportunità dell’uso
del criterio bilingue, nel quale si rilevava un’offesa alla passione nazionale degli irredenti
41Cfr. Assemblea Ordinaria dei Soci T.C.I. 15 marzo 1908, in “Rivista Mensile”, XVI, n. 4, aprile 1908, pp. 192-198.. La dura polemica che ne uscì rifletteva l’interesse tutto particolare per il turismo nelle
due regioni, il quale traeva ispirazione da una tradizione di studi -con forti connotati di
patriottismo- sui caratteri fisici ed economici delle aree irredente, ma soprattutto dal fatto
che la questione turistica aveva suscitato estremo interesse nell’ambito del movimento
irredentistico trentino e si era venuta legando indissolubilmente con le vicende politiche
del periodo. Negli anni di redazione della carta, fermenti nazionalisti cominciavano a
permeare di sé in maniera considerevole anche il movimento irredentista. I contrasti tra
slavi e italiani a Trieste, nell’Istria ed in Dalmazia, determinati dallo sviluppo di una borghesia slava e fomentati dal governo imperiale per tenere a freno l’irredentismo
italiano, contribuirono a dare un carattere nazionalista ad una parte notevole
dell’irredentismo triestino e istriano ed al corrispondente movimento esistente in Italia.
Bertarelli rispose alle accuse sottolineando le motivazioni essenzialmente tecniche dell’uso
del bilinguismo adottato per la carta, sottolineandone il carattere turistico e di
conseguenza pratico, per cui essa non poteva non prendere in considerazione la realtà
contingente dei “fatti geografici” 42Bertarelli sostenne la tesi che “vi sono nella questione due ordini di considerazione perfettamente distinti: quello tecnico e quello di sentimento. (…) Il concetto da cui siamo partiti è questo: la Carta è essenzialmente turistica. Qualcuno ha detto qui che questa carta turistica per la sua importanza è anche un vero documento storico, e come tale deve spiegare la sua influenza per indirizzare in un dato senso la nomenclatura delle località. Ma se è un documento storico lo è appunto perché si riconosce in essa un vero valore turistico: e ciò accade soltanto per i criteri eminentemente pratici, oggettivi e seri con cui essa è redatta. (…) Noi abbiamo detto soltanto e manteniamo che là dove sono radicate nella popolazione per ragione etnica locale le dizioni straniere, esse saranno aggiunte al nome italiano: ma che sopprimeremo invece tutti quei nomi stranieri che hanno carattere puramente politico. Questa è la nostra piattaforma e non altra”. Intervento di Bertarelli, in Assemblea Generale cit., pp. 197-198.. Critiche e discussioni sulla toponomastica delle
Venezie Tridentina e Giulia si rinnovarono periodicamente, in particolare allorché pochi
anni più tardi fu pubblicato il foglio della carta automobilistica relativo a tali regioni.
Un ulteriore caratteristica che delineava l’originalità della carta è rappresentato dalla
pubblicazione nel 1916 -due anni dopo il completamento della prima edizione completa
della carta- del suo indice generale, che raccoglieva oltre 115.000 nomi geografici e circa
90.000 altimetrie. Si trattava del più ricco repertorio di nomi geo-topografici italiani, la cui
pubblicazione era stata più volte invocata da geografi e studiosi nei vari congressi
geografici. L’indice offriva una novità originale: l’accentazione dei nomi, ottenuta
attraverso un lungo e minuzioso lavoro 43Cfr. Indice generale della Carta d’Italia del T.C.I., Milano, Tci, 1916. Il volume, di 488 pagine a 4 colonne, oltre ai 115.000 nomi e le relative altimetrie riportava per la prima volta l’accentazione svolta con criteri omogenei. Per accertare la retta accentazione tonica dei nomi fu eseguita una inchiesta supplementare, a seguito della quale ogni accentazione dubbia fu stabilita con la concordanza di almeno tre pareri di geografi o studiosi locali..
 
 
LA DIFFUSIONE E IL VALORE DELLA CARTA (COME FONTE STORICA)
 
La Carta d’Italia del Touring club ha conosciuto una diffusione straordinaria: l’intuizione
che decretò la fortuna e la capillare penetrazione delle pubblicazioni del Tci risaliva ai
primi anni di vita del sodalizio, allorché una deliberazione del consiglio decise, nel febbraio
1895, che le proprie produzioni librarie e cartografiche fossero distribuite gratuitamente ai
soci come corrispettivo della quota d’iscrizione. Ciò comportava tre conseguenze:
innanzitutto una tiratura elevata e prevedibile, che permetteva la minimizzazione dei costi;
in secondo luogo l’abbattimento delle spese di distribuzione; infine, la possibilità di
realizzazione di un prodotto libero dal condizionamento del mercato, che poteva pertanto
essere progettato con modernità ed originalità. In virtù di tali premesse è possibile
affermare che il Touring club italiano ha svolto, almeno fino alla prima metà del secolo, un
ruolo di primo piano nella acculturazione degli italiani e nella creazione dell’immagine
turistica del nostro paese 44Al VI congresso geografico italiano, tenutosi a Venezia nel maggio 1907 ed il cui comitato promotore aveva accolto la pubblicazione della nuova carta come “il più grande avvenimento cartografico italiano”, emersero alcune notizie sul contributo del Tci alla divulgazione delle conoscenze geografiche: a quella data erano stati distribuiti complessivamente 400.000 volumi della Guida-Itinerario delle Strade di Grande Comunicazione, 800.000 esemplari di guide regionali, 950.000 annuari, 400.000 fogli di carte geografiche, 1.000.000 di profili di strade montane.. Il sistema della distribuzione gratuita a tutti i soci fu
applicato anche alla carta al 250.000, che raggiunse così una diffusione di 100.000 copie
in media per ciascun foglio 45I primi quattro fogli pubblicati nel 1906 furono distribuiti a 54.872 soci; dell’ultimo foglio, nel 1914, furono inviati 136.811 esemplari.. Complessivamente alla fine del 1913, ad ultimazione della
prima edizione, erano stati diffusi intorno ai sette milioni di fogli. 
La rapida evoluzione del paese nei diversi aspetti che si riflettono in una carta, quali i
progressi della rete ferroviaria e stradale ed i mutamenti dettati dall’incremento
demografico, così come i nuovi rilievi che l’Igm ed altri enti venivano mettendo a
disposizione, resero necessario un periodico aggiornamento dei vari fogli, operato sulla
base degli elementi che l’ufficio cartografico del Tci, costituito nel 1917 46Nel 1917, in occasione della preparazione di un’altra impresa editoriale-cartografica di notevoli dimensioni -la pubblicazione dell’Atlante internazionale- la dirigenza del Tci ritenne utile creare un proprio ufficio cartografico per la redazione, il disegno e l’incisione della vasta produzione cartografica. L’anno successivo il sodalizio istituì una scuola-laboratorio di cartografia per il disegno e l’incisione, la seconda in Italia dopo quella creata dall’Istituto De Agostini. Notizie al riguardo si possono utilmente trovare in ASTCI, c. 710, Laboratorio cartografico, Gestione Corbellini 1917-1939 e ASTCI, c. 713/1, Scuola di cartografia 1918-1942 ed in I. AGUZZI, L’Atlante Internazionale del Touring club italiano nella storia della cartografia italiana, tesi di laurea, Università statale di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1990-91, pp. 1-31., andava
costantemente raccogliendo con la collaborazione della rete di consoli e soci. Nel 1936 tutti
i fogli, profondamente rivisti, erano stati pubblicati in nuova edizione; a partire dal
secondo dopoguerra, considerati i mutamenti di vasta portata nelle geografia del territorio,
molti fogli vennero completamente ridisegnati e reincisi. Nel mezzo secolo di vita della
carta (1907-1962), la quale peraltro recitò il ruolo di “carta-madre” base per la maggior parte della successiva produzione cartografica del Tci, furono diffusi oltre 10 milioni di
fogli nelle diverse edizioni, rappresentando in tal modo un contributo non secondario alla
diffusione della “piccola cultura geografica” nazionale, ottenuto al di fuori dei ristretti
ambiti in cui operava la cultura accademica 47Cfr. G. DE AGOSTINI e L. V. BERTARELLI, Sulla Carta d’Italia al 250.000 e sulle pubblicazioni fatte dal T.C.I. nel dodicennio e i loro rapporti con la diffusione della piccola cultura geografica, cit.
Il valore divulgativo di questo documento cartografico è racchiuso dunque nelle cifre
suesposte, mentre quello scientifico è dimostrato dall’approfondimento con cui venne
portato a termine il lavoro di ricerca, accertamento ed inserimento del complesso
materiale informativo originale 48Sul valore scientifico di questa come della produzione generale del Tci si veda E. CHAURAND, Carte di studio e carte di consultazione rispetto alla diffusione della cultura geografica, atti dell’XI congresso geografico italiano, vol. II, Napoli, 1930, pp. 253-258; G. IPPOLITO, Un secolo di cartografia italiana, Roma, Società per il Progresso delle Scienze, 1939, pp. 536-539; G. CAMPOS VENUTI, Valore scientifico e culturale delle pubblicazioni del T.C.I., “Bologna Incontri”, XVI, n. 1, gennaio 1985, pp. 15-18; L. DI MAURO, L’Italia e la guide turistiche dall’Unità ad oggi, in Storia d’Italia. Annali, v. 5, Il Paesaggio, Torino, Einaudi, 1982, pp. 368-428., nonché dalla precisione e dall’alto livello tecnico-
qualitativo dell’incisione e della stampa -questi ultimi dovuti all’Istituto De Agostini- che
determinarono il vasto consenso accademico e non ottenuto dalla carta 49Una dimostrazione della favorevole accoglienza presso il mondo accademico è rappresentata dall’udienza che riceveva presso ogni congresso geografico l’uscita di nuovi fogli o nuove edizioni aggiornate della carta stessa. Cfr., ad esempio, Atti del sesto congresso geografico adunato in Venezia dal 26 al 31 maggio 1907, vol. primo, sezione III, pp. CCVI-CCVII; atti del IX congresso geografico italiano, vol. I, Genova 1924, pp. 91-92; atti del X congresso geografico italiano, volume primo, Milano, 1927, pp. 130-133; ASTCI, c. 257, Cartografia, “Riconoscimento opera T.C.I. per cartografia”, “Lettera del presidente del comitato ordinatore del X congresso geografico italiano al presidente del Tci, 30 settembre 1927”, nella quale si confermava la volontà di conferire al sodalizio “il maggior premio attribuito ai partecipanti a tale manifestazione” in virtù della “poderosa opera svolta a vantaggio della diffusione delle conoscenze geografiche.”
La carta del Tci resta inoltre oggi un importante riferimento per l’analisi storica: il suo
costante e puntuale aggiornamento nel corso degli anni permette agli studiosi di ottenere
un quadro unitario, per fasi temporali ravvicinate, che testimonia le più significative
trasformazioni del territorio avvenute in Italia nel corso della prima metà del secolo. La
carta rappresenta quindi oggi, come è stato già sottolineato in sede storico-geografica 50Cfr. A. MARCARINI, Fonti cartografiche non ufficiali per lo studio delle trasformazioni territoriali cit., pp. 71-86. Può essere utilmente consultato anche L. GAMBI, Cartografia storica, in AA.VV., La storiografia italiana negli ultimi vent’anni, vol. II, atti del I congresso nazionale di scienze storiche, Milano, Marzorati, 1970, pp. 1361-1378.,
una sorta di censimento localizzativo sullo stato delle principali opere pubbliche, ed in
particolare di quelle infrastrutturali, sulle più importanti modificazioni delle
configurazioni urbanistiche, sui mutamenti delle sistemazioni fluviarie, degli insediamenti,
delle colture agricole, insomma dei modi della “conquista dello spazio” -incluse la messa a
coltura di terre prima incolte, le opere di bonifica, di disboscamento ecc.-, segnalato e
registrato nei suoi più vistosi accadimenti. Considerati gli intervalli molto ravvicinati di
riedizione ed aggiornamento della carta -in media, una nuova edizione ogni sette anni-, in
particolare se paragonati alla periodicità di pubblicazione dei documenti ufficiali, è
possibile inserire la carta d’Italia al 250.000 del Tci nel novero dei più qualificati ed
affidabili documenti cartografici di studio. La carta d’Italia, di impianto modernamente
positivista, con la sua raccolta di dati, il rilievo diretto, l’attenta analisi dell’evoluzione del
territorio, la valorizzazione dei contributi offerti dalla ricerca degli “eruditi locali”, non
rappresenta dunque solo un episodio significativo dell’evoluzione di un ente che recitò un
ruolo di primo piano nell’evoluzione dell’attività turistica da fenomeno elitario a fenomeno
di massa, ma contribuisce a mettere in luce alcuni aspetti di quel complesso processo di
transizione che la società italiana stava in quegli anni sperimentando.
 

Questo modesto lavoro è nato grazie ad una più ampia iniziativa del Centro sulla storia
dell’impresa e dell’innovazione ed in particolare all’amico e maestro Duccio Bigazzi,
scomparso prematuramente, che mi fa piacere ringraziare anche se non potrà leggere
queste righe. Desidero ringraziare inoltre la ex responsabile del Centro di

documentazione del Touring club italiano, dott.ssa Pinuccia Cattaneo, nonché tutto il
personale per la cortesia e la disponibilità con le quali mi hanno aiutato nelle mie
ricerche.

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