Ivan Illich nasce a Vienna il 4 settembre 1926 da Ivan Peter, cattolico di nobili origini dalmate, e da Elena Regenstreif, ebrea sefardita (il nonno materno era un rabbino). Fin dall’infanzia fu abituato a viaggiare molto e a parlare correntemente diverse lingue. Non si potrebbe oggi comprendere il cammino ch’egli ha compiuto se non si tiene conto della tensione morale che sottende tutto il suo lavoro e della complessità della sua formazione: Illich fu teologo, storico, sociologo, linguista, filosofo, antropologo, economista, e molto altro ancora (è stato anche definito un profeta fuori tempo). Nel 1941 deve lasciare l’Austria a causa delle leggi razziali e si reca a Firenze, dove inizia l’università, studiando discipline scientifiche, psicologia e storia dell’arte. Nel 1943 segue a Roma i corsi all’Università Gregoriana. Ordinato sacerdote nel 1951, chiede di essere assegnato alla diocesi di New York e viene nominato viceparroco in una comunità portoricana, ove opera con grande passione, ottenendo i primi riconoscimenti e iniziando a sviluppare la sua vastissima rete di conoscenze e amicizie. Nel 1956 è nominato prorettore all’Università di Portorico. Nel 1959 diviene uno dei più giovani monsignori del tempo, ma nel 1960 lascia l’isola anche per l’opposizione a un modello di Chiesa troppo condizionata dalle spinte imperialistiche statunitensi. Dopo un lungo peregrinare per il continente latino-americano, sceglie Cuernavaca come luogo da cui organizzare la resistenza ai processi di omologazione culturale di un Occidente completamente asservito alla logica di uno sviluppo senza limiti. In Messico fonda il cidoc, un centro di documentazione dove vengono raccolti enormi quantità di lavori sulle tradizioni indigene e, nel contempo, materiali sullo sviluppo delle grandi istituzioni mondiali nel campo dell’educazione, salute, economia, In opere divenute celebri, Illich mostra gli effetti controproducenti e le gravi contraddizioni del capitalismo maturo e di una società dei consumi dominata da presunti esperti, ossia tecnocrazie non elettive che azzerano ogni forma di dissenso. Allontanatosi dalla Chiesa ufficiale dalla fine degli anni Sessanta, egli non rinuncia mai al progetto di recuperare e di dare sostanza al genuino messaggio del cristianesimo – individuato nel dono gratuito di sé e nell’apertura incondizionata all’altro – delineando un modello di «società conviviale», insieme austera e gioiosa, che diverrà punto di riferimento costante per una parte essenziale del pensiero critico novecentesco. Negli ultimi anni di vita insegna regolarmente a Brema e in Pennsylvania, ma continua a essere presente in altri centri di ricerca (tra cui Bologna) dove ha innumerevoli amici e seguaci, e dove tiene seminari e conferenze. Sempre pronto all’incontro e al dialogo, coerente con i propri alti ideali, intellettualmente vivacissimo e spiazzante nella sua genialità, Illich si spegne a Brema il 2 dicembre 2002, non a causa del tumore al volto che gli ha tormentato il nervo trigemino per quasi vent’anni, ma in conseguenza di un arresto cardiaco.
Bibliografia
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Trasatti, F. (a cura di), Ripensando Ivan Illich, «A rivista anarchica», n. 294, a. XXXIII, novembre 2003 (con contributi di Paolo Perticari, Francesco Scotti, Pietro M. Toesca).