Da mezzo secolo si fa uso e abuso della parola “ecologia”, spesso dimenticando che essa è stata intesa, fin dalla sua origine, come “economia della natura”, come comprensione dei complessi fenomeni che legano gli esseri viventi – e fra questi gli esseri umani – al mondo circostante e agli altri viventi; dal mondo circostante gli esseri viventi traggono i materiali per la propria vita (nel caso degli umani anche le materie prime per le attività produttive economiche) e nel mondo circostante rigettano le proprie scorie. Dal momento che il territorio e le materie per la vita e le manifatture sono presenti in quantità limitate, le popolazioni si appropriano dello spazio e dei beni materiali con forme spesso conflittuali.
Di lotta per l’esistenza avevano parlato Charles Darwin e Herbert Spencer (1820-1903) e altri, ma la descrizione “grafica” del fenomeno si deve a tre o quattro persone vissute nel quindicennio 1925-1940, l'”età dell’oro” dell’ecologia (l’espressione si deve a Franco Scudo (1935-1998) prematuramente scomparso e presto dimenticato, ignorato dagli scienziati ufficiali, a cui è dedicata un’altra scheda fra le “persone” di “altronovecento”), una gara fra giganti, padroni della matematica e dell’ecologia, e il primo ad arrivare fu un americano, Alfred Lotka (1880-1949).
Nato a Leopoli (Lvov), nell’attuale Ucraina, aveva studiato in Francia e Germania e si era laureato in chimica (e questo spiega molte cose) e in fisica a ventun anni nell’Università di Birmingham, in Inghilterra; era poi passato a Lipsia dove insegnava W. Ostwald, il grande fisico le cui conferenze di quel 1901-1902 sarebbero poi state raccolte nelle “Lezioni di filosofia naturale” nelle quali Ostwald suggeriva che l’energia era il concetto centrale e unificante dei fenomeni sia fisici sia biologici.
L’idea di una visione unitaria dei fatti fisici e biologici non lasciò più Lotka che, a New York, si era impiegato come chimico nella società General Chemical Company, e poi come fisico al National Bureau of Standards. La sua idea fissa trovò ascolto in Raymond Pearl (1879-1940) che fu il primo docente di biometria, una disciplina che si occupa di statistiche delle popolazioni. Nel 1922 Lotka ottenne una borsa di studio all’Università di Baltimora dove dedicò i due anni successivi a scrivere il suo libro fondamentale, “Elements of physical biology”, pubblicato nel 1925 dagli editori Williams e Wilkins.
Ne parlo con una certa emozione e amore perché, quando ero giovane, ne scoprii una copia nella biblioteca di Matematica dell’Università di Bologna e il libro ha cambiato la mia vita. Il libro fu ristampato nel 1956 dall’editore Dover (col titolo: “Elements of mathematical biology”) ed è oggi esaurito; se ne può trovare una copia, magari usata, da Amazon che vende libri per corrispondenza (<www.Amazon.com>).
Una domanda interessante in quegli anni venti del secolo scorso – il mondo si stava lentamente riprendendo dal grande massacro della prima guerra mondiale – riguardava l’aumento della popolazione dei singoli stati: in un territorio di dimensioni limitate quante persone possono “essere contenute”? Partendo dagli studi di economisti e demografi precedenti, fra cui Malthus e il belga Verhulst, Lotka precisò che una popolazione (di animali o umani) in un territorio dapprima cresce lentamente, poi più rapidamente, perché aumentano le occasioni di vita comune; ma ad un certo punto la popolazione finisce per contendersi lo spazio e il cibo che sono scarsi e il suo tasso di crescita rallenta fino a raggiungere una situazione stazionaria, una saturazione dello spazio. Di popolazione stazionaria avevano scritto Stuart Mill e Pigou, ma Lotka presentava una “legge” matematica (una curva “logistica”) di cui avrebbero dovuto tenere conto coloro che speravano in una espansione illimitata del numero dei consumatori e dei loro consumi. “Carrying capacity” di un territorio di dimensioni limitate è il “massimo” numero di individui che lo possono occupare.
Che cosa succede se nello stesso territorio più popolazioni si contendono lo stesso cibo e lo stesso spazio? La natura offre numerosi esempi. Alcune specie si nutrono di altre; le volpi predatori si nutrono dei conigli che sono le loro prede; prede e predatori si incontrano nelle popolazioni di pesci. Lotka elaborò una teoria delle interazioni fra popolazioni in una forma matematica che spiegava quello che gli zoologi conoscevano da tempo: fino a quando le prede sono numerose, i predatori hanno cibo abbondante, ma a furia di mangiare conigli, le volpi si trovano ad avere poco cibo e il loro numero diminuisce. Col diminuire del numero dei predatori gli animali preda si fanno più coraggio e aumentano di numero; a questo punto i predatori si accorgono che è aumentato il cibo disponibile e aumentano di nuovo di numero, con oscillazioni che le equazioni matematiche ben descrivono.
Oggi qualsiasi dispensa universitaria di ecologia contiene le equazioni di Lotka, ma quando Lotka scrisse il suo libro si trattava di un contributo che chiamerei rivoluzionario: da qui il titolo di “biologia matematica” degli “Elementi” di Lotka. Ma la natura offre numerosi altri esempi di convivenza o conflitto fra popolazioni. Alcune specie animali si insediano “dentro” altre e apportano sostanze nocive al punto da eliminarle. E’ il caso dei parassiti che attaccano le colture vegetali, le popolazioni animali.
Agli inizi del secolo scorso Ronald Ross, premio Nobel 1902 per i suoi studi sulla malaria, aveva proposto una trattazione matematica dei rapporti fra parassita e “ospite”; William Thompson (1887-1972) aveva studiato la diffusione dei parassiti dell’erba medica e del mais, provenienti dall’Europa e che avevano infestato le colture nord-americane, e la possibilità di distruggere tali parassiti con specie predatrici; tali studi hanno gettato le basi delle pratiche che oggi sono usate nella agricoltura cosiddetta “biologica”.
La trattazione matematica di Lotka fornisce un quadro unitario a queste associazioni di popolazioni e ad altre ancora. Di particolare interesse “politico” è lo studio della concorrenza fra popolazioni. Immaginate gli animali di due differenti specie che si nutrono dello stesso cibo e occupano lo stesso territorio: cibo e spazio limitati. Possono succedere vari casi: le due popolazioni convivono anche se il numero degli individui di ciascuna specie resta inferiore a quello che si sarebbe avuto se ciascuna fosse stata da sola. Oppure una delle due popolazioni è dotata di spirito aggressivo e cerca di catturare più spazio e cibo che viene a scarseggiare per l’altra popolazione (come avviene nel conflitto fra Israeliani e Palestinesi). In questo caso o aumenta la popolazione della specie più aggressiva e diminuiscono gli altri, fino a raggiungere un equilibrio di convivenza (alla popolazione più aggressiva fa comodo avere una popolazione residua della specie più debole), o la popolazione più debole si annulla.
Portandosi dietro la sua insaziabile curiosità, Lotka, per guadagnarsi da vivere (il libro fu naturalmente un insuccesso commerciale; dopo quindici anni ne erano state vendute poco più di mille copie), andò a lavorare come attuario alla Metropolitan Life Insurance, una compagnia di assicurazioni. A questo punto comincia il successo della visione del mondo di Lotka. A cinquemila chilometri di distanza, nel 1926 il grande matematico italiano Vito Volterra (1860-1940), accademico dei Lincei, senatore del Regno, cattedratico universitario, discute col fidanzato della figlia, Umberto D’Ancona (1896-1964), uno zoologo, alcune curiose osservazioni: durante la prima guerra mondiale le operazioni militari nell’Adriatico avevano impedito la pesca. Dopo questo periodo di interruzione (oggi lo chiameremmo “riposo biologico”) i pescatori rilevarono un aumento dei pesci predatori che avevano trovato più cibo nei pesci-prede, non disturbati dalla pesca. Dopo molti anni di pace, ripresa la pesca dei pesci-prede, era diminuito anche il numero dei predatori che trovavano meno cibo; si era insomma osservato, nelle popolazioni delle prede e dei predatori, un rapporto oscillante che poteva essere descritto con equazioni differenziali, proprio come aveva fatto lo sconosciuto studioso americano. Lotka rivendicò, rispetto al grande scienziato europeo, la priorità delle sue “equazioni” e cominciò così una polemica che coinvolse, con continui perfezionamenti delle equazioni sulla dinamica delle popolazioni, altri giganti come Vladimir Kostitzin (1883-1963), un rivoluzionario russo emigrato a Parigi, Giorgi Gause (1910-1986) <www.ggause.com/Contgau.htm>, esiste il 22-07-02), un biologo sovietico che a 24 anni pubblicò negli Stati uniti il suo celebre libro sulla “Lotta per l’esistenza”, poi premio Stalin per i suoi studi di entomologia, e altri ancora: tutto un girare di persone e idee fra Unione sovietica, Europa, Stati uniti, in una gara di perfezionamenti che stanno oggi alla base dell’ecologia, di quella vera, non quella dei salotti.
A Lotka, fra l’altro, va il merito di avere riconosciuto le analogie fra fenomeni ecologici e fenomeni economici: in uno dei suoi lavori Lotka mise in evidenza che i problemi di concorrenza fra popolazioni di esseri viventi si osservano anche fra le popolazioni di merci; un mercato è un territorio di dimensioni limitate che può accogliere una massa di merci non infinita; si pensi al caso degli elettrodomestici: una famiglia può avere un frigorifero o anche due frigoriferi, o anche tre, ma se decidesse di possedere dieci frigoriferi dovrebbe metterli anche nella camera da letto e andare a dormire in strada. Tanto è vero che la popolazione di frigoriferi (o di televisori, o di automobili, eccetera) in Italia è stazionaria, avendo saturato la carrying capacity del mercato. Ma l’imprenditore capitalistico deve produrre e vendere più frigoriferi, o televisori o automobili e allora si inventano strumenti tecnici per diminuire la vita utile di ciascun oggetto, o psicologici per indurre a cambiare i modelli, o fiscali per premiare chi getta via la vecchia automobile e ne compra un’altra.
Ma la carrying capacity del mercato – come quella di un prato o di un lago – non può essere superata; anzi le equazioni di Lotka, Volterra, Kostitzin, Gause mostrano che le scorie degli esseri viventi quando muoiono (e, nel nostro caso, le scorie delle merci o degli oggetti fuori uso, morti) non scompaiono ma intossicano l’ambiente e le popolazioni che lo occupano. Quando le automobili sono in numero tale da superare la carrying capacity delle strade di una città, la mancanza di spazio e i gas inquinanti intossicano l’ambiente e gli esseri umani che lo abitano al punto che i governanti devono (dovrebbero) imporre un limite alla crescita del numero di oggetti in circolazione. A chi si piange addosso perché il mercato è saturo di automobili, televisori, telefoni cellulari, eccetera, a chi si chiede che cosa succederà domani, raccomando di far studiare ai suoi dirigenti le equazioni di Lotka.