La gran parte dei contributi contenuti in questo numero della rivista si collocano nell’ambito dell’economia e dell’ecologia, e anche quando il riferimento alle basi materiali del ricambio tra società e natura, azione antropica e cicli ambientali organici è indiretta o apparentemente inesistente, bastano pochi passaggi per ritrovarci nel cuore della contraddizione, definita dal tentativo incessante dell’economia di sottomettere ai suoi imperativi la società e l’ambiente: quella porzione di natura su cui insiste l’economia nella sua forma egemonica, ovvero capitalistica e iperindustriale.
In questo contesto un ruolo del tutto particolare è da assegnare all’agricoltura, su cui si offrono vari contributi, editi e inediti, in parte riconducibili all’importante convegno su “Le tre agricolture: contadina, industriale, ecologica”, organizzato dalla Fondazione nell’aprile dell’anno scorso e di cui sono stati pubblicati tempestivamente gli atti presso Jaca Book.
La nostra tesi è che l’agricoltura, a lungo considerata il reparto più arretrato dello sviluppo, rappresenti oggi la posta più ambita della modernizzazione, sia pure con danni collaterali inaccettabili (si vedano Pacheco e Perrotta), ovvero in cui è possibile non solo rifiutare un progetto estenuato e dannoso ma costruire in concreto delle alternative (si vedano Ferraresi, Berton e altri).
Alternative necessariamente non solo agricole ma capaci di misurarsi con la grande, inaggirabile, questione delle tecnologie appropriate, sottratte alla presa di un’economia succube della finanza (si vedano i contributi di Nebbia, Pehlivanian-Silvi, Pezzella, Vitale). E’ possibile che il “dislivello prometeico” sia diventato insuperabile, avendo come risultato la falsa antitesi tra passività e fanatismo; in ogni caso la transizione verso il nulla può essere contrastata solo ridefinendo radicalmente il pensiero critico filosofico (si vedano i contributi di e su Finelli).