Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Per una storia ambientale della circolazione delle acque nel bacino del Po. Note su una ricerca in corso

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Introduzione

Il bacino del fiume Po è una delle regioni a più forte sviluppo agricolo e industriale, nonché una delle più densamente urbanizzate d’Europa. In questa regione, città, industrie e agricoltura dipendono da particolari configurazioni geografiche e ambientali della circolazione idrica. Flussi d’acqua danno energia a turbine idroelettriche, irrigano campi, trasportano residui industriali e corrono lungo condotte sotterranee e attraverso palazzi e appartamenti. La natura di queste configurazioni implica forme di interdipendenza senza precedenti tra usi idrici agricoli, industriali e urbani, su molteplici scale spaziali e temporali. L’interesse verso la produzione storica di queste forme di interdipendenza e le loro implicazioni è alla base di una ricerca le cui grandi linee vengono presentate in queste brevi note1Le ricerche discusse in questo articolo sono state finanziate dal People Programme (Marie Curie Actions) del Seventh Framework Programme (FP7/2007-2013) dell’Unione Europea, REA grant agreement n° 327403.. Questa ricerca mira in particolare ad analizzare in che modo l’attuale configurazione della circolazione idrica nel bacino del Po sia stata prodotta attraverso l’interazione tra uomini e sistemi idrici nel corso della transizione da una società prevalentemente agricola a una società compiutamente urbano-industriale.

Acqua e modernità

Una ricca letteratura internazionale in storia ambientale e in geografia storica ha messo a fuoco il ruolo dell’acqua nei processi di modernizzazione agricola, di industrializzazione e di urbanizzazione2Di seguito alcuni esempi di questa letteratura. Donald Worster, Rivers of Empire: Water, Aridity, and the Growth of the American West. New York: Pantheon Books 1985. Theodore Steinberg, Nature Incorporated: Industrialization and the Waters of New England. Cambridge UK; New York: Cambridge University Press, 1991. Joel A. Tarr, The Search for the Ultimate Sink: Urban Pollution in Historical Perspective. Technology and the Environment. Akron, Ohio: University of Akron Press 1996. David Blackbourn. The Conquest of Nature: Water, Landscape, and the Making of Modern Germany. New York: Norton, 2006. Sabine Barles, «Urban Metabolism of Paris and Its Region». Journal of Industrial Ecology 13 (6) 2009: 898-913. Martin Melosi, Precious Commodity: Providing Water for America’s Cities. Pittsburgh, Pa.: University of Pittsburgh Press 2011. Stéphane Castonguay e Matthew D Evenden (a c. di) Urban Rivers: Remaking Rivers, Cities, and Space in Europe and North America. Pittsburgh, Pa.: University of Pittsburgh Press 2012. Verena Winiwarter, Martin Schmid e Gert Dressel, «Looking at Half a Millennium of Co-Existence: The Danube in Vienna as a Socio-Natural Site». Water History 5 (2) 2013: 101-19. Matthew Gandy,The Fabric of Space: Water, Modernity, and the Urban Imagination. Cambridge: The MIT Press 2014. Craig Colten,Southern Waters: The Limits to Abundance, Baton Rouge LA: Louisiana State University Press 2014. Eric Swyngedouw, Liquid Power Contested Hydro-Modernities in Twentieth-Century Spain. Cambridge, Mass: MIT Press 2015.. Lungi dall’essere inquadrabili esclusivamente come fenomeni di carattere prevalentemente economico-sociale, tali processi sono strettamente intrecciati con la trasformazione dei sistemi idrici. Ciò è storicamente avvenuto in forme diverse: attraverso la costruzione di acquedotti e fognature per le nuove esigenze sanitarie di città in trasformazione, attraverso la produzione di energia idraulica e poi idroelettrica per gli appetiti crescenti delle manifatture, ma anche attraverso l’uso di corsi d’acqua come canali di scarico di prodotti di scarto delle lavorazioni o come collettori involontari dei residui della concimazione artificiale dei campi. In Italia, una importante tradizione di studi storici si è concentrata su acqua e sistemi rurali, e in modo particolare su irrigazione e bonifiche, mettendo in luce l’importanza delle modificazioni agricole dei circuiti idraulici in epoca moderna e contemporanea e dimostrando come la riorganizzazione dei sistemi idrici sia andata di pari passo con profonde trasformazioni sociali3Si vedano ad esempio per il bacino padano Teresa Isenburg,Investimenti di capitale e organizzazione di classe nelle bonifiche ferraresi, 1872-1901. Firenze: La Nuova Italia 1971. Giorgio Porisini,.Bonifiche e agricoltura nella bassa Valle Padana: (1860-1915). Milano: Banca commerciale italiana 1978. Luciano Segre, Agricoltura e costruzione di un sistema idraulico nella pianura piemontese: (1800-1880). Milano: Banca commerciale italiana 1983. Piero Bevilacqua e Manlio Rossi-Doria, ‘Lineamenti per una storia delle bonifiche in Italia dal XVIII al XX secolo’, in P. Bevilacqua, M. Rossi-Doria (a c. di), Le bonifiche in Italia dal ‘700 ad oggi, Roma-Bari: Laterza 1984, 5-78. Piero Bevilacqua. ‘Le rivoluzioni dell’acqua. Irrigazioni e trasformazioni dell’agricoltura tra Sette e Novecento’, in P. Bevilacqua (a c. di.),Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, Marsilio, Venezia 1989, 255-318. Franco Cazzola, Storia delle campagne padane dall’Ottocento a oggi. Milano: B. Mondadori 1996.. Più recentemente, è emerso anche in Italia un filone di studi che ha messo al centro le trasformazioni dei circuiti idraulici prodotte dai processi di urbanizzazione e di industrializzazione e ha evidenziato i limiti e le conseguenze di lungo periodo dell’approccio igienista di fine Ottocento e inizio Novecento e l’impatto ambientale sulle acque della produzione industriale4Si veda Simone Neri Serneri, Incorporare la natura: storie ambientali del Novecento. Roma: Carocci, 2005. Gabriella Corona e Simone Neri Serneri (a c. di), Storia e ambiente: città, risorse e territori nell’Italia contemporanea. Roma: Carocci 2007. Salvatore Adorno e Simone Neri Serneri (a c. di), Industria, ambiente e territorio: per una storia ambientale delle aree industriali in Italia. Bologna: Il Mulino 2009. Pier Paolo Poggio e Marino Ruzzenenti (a c. di), Il caso italiano: industria, chimica e ambiente. Milano: Jaca Book 2012. Federico Paolini, Firenze 1946-2005: una storia urbana e ambientale. Franco Angeli: Milano 2014..

A partire dagli anni 1990 e primi 2000 e soprattutto in ambito anglosassone, i fiumi stessi sono emersi come oggetto di storia a parte intera, con monografie dedicate alle trasformazioni di interi bacini fluviali nel corso dell’età contemporanea5Si vedano, per esempio: Richard White, The Organic Machine: The Remaking of the Columbia River. New York: Hill and Wang 1995. Mark Cioc,The Rhine: An Eco-Biography, 1815-2000. Seattle: University of Washington Press 2002. Matthew D. Evenden, Fish versus Power: An Environmental History of the Fraser River. Cambridge, U.K.-New York: Cambridge University Press 2004. Christof Mauch e Thomas Zeller (a c. di), Rivers in History: Perspectives on Waterways in Europe and North America. Pittsburgh, Pa.: University of Pittsburgh Press 2008. Stefania Barca, Enclosing Water: Nature and Political Economy in a Mediterranean Valley1796-1916. Cambridge: White Horse Press 2010. Sara B. Pritchard, Confluence: The Nature of Technology and the Remaking of the Rhône. Cambridge, Mass.-London: Harvard University Press 2011. Peter A. Coates, A Story of Six Rivers: History, Culture and Ecology. London: Reaktion Books 2013.. Questi studi hanno analizzato le conseguenze dei processi di industrializzazione su alcuni importanti corsi d’acqua (soprattutto europei e nord-americani) tanto in termini di degrado ecologico – e successivi tentativi di bonifica – che di sfruttamento agricolo o energetico, ma anche come angolo prospettico per esaminare la dimensione ecologico-politica della transizione al capitalismo. Tale letteratura ha dimostrato l’utilità e l’importanza di un approccio centrato sui bacini idrografici, approccio che permette di cogliere meglio l’interazione tra dimensioni sociali, politiche ed economiche degli usi delle acque e le dimensioni fisiche ed ecologiche dei sistemi idrici. Il presente studio segue il sentiero tracciato da questa letteratura e adotta il bacino idrografico come unità di analisi, ma con una differenza importante. Esso prova infatti ad accompagnare l’attenzione agli usi idrici e al fiume in quanto tale, tipica della letteratura su acque e modernizzazione, con l’analisi della circolazione dei flussi idrici e delle sue differenti configurazioni.

A prima vista la differenza tra un approccio basato sullo studio degli usi idrici e uno basato sui flussi idrici può apparire minima, ma è in realtà di estrema importanza. Se in un caso si mette l’accento su una o più specifiche attività umane di incorporazione delle acque, nell’altro caso si mettono a fuoco le acque stesse e la loro circolazione attraverso sistemi sociali ed ecosistemi diversi. L’analisi dei flussi idrici permette di far luce su interazioni tra processi apparentemente indipendenti in ambito agricolo, urbano e industriale, dimostrandone l’intima seppure spesso involontaria cooperazione nel riconfigurare l’idrologia del bacino fluviale. Allo stesso tempo essa enfatizza il ruolo attivo giocato dall’acqua e dalle sue proprietà negli assemblaggi materiali che strutturano e rendono possibili questi stessi processi. Da questa prospettiva, si tratta dunque di analizzare in che modo la circolazione delle acque all’interno di una unità idrografica sia stata riconfigurata, attraverso quali processi e conflitti, e con quali conseguenze sociali e ambientali nel corso della transizione alla modernità urbano-industriale, ma anche quale ruolo giochino i sistemi idrici e le acque nella transizione stessa.

I nodi di fondo su cui si è misurata la letteratura su acqua e modernità si ripropongono in forma più ampia nel dibattito sulla transizione socio-ecologica. La letteratura in ecologia sociale sostiene apertamente che la transizione alla modernità vada interpretata prima e soprattutto come una fondamentale trasformazione delle modalità di interazione tra società ed ecosistemi, le cui caratteristiche vengono analizzate attraverso l’uso originale del concetto di metabolismo sociale6Marina Fischer-Kowalski e Helmut Haberl (a c. di). Socioecological Transitions and Global Change: Trajectories of Social Metabolism and Land Use. Cheltenham, Edward Elgar 2007. Si veda anche Simron Jit Singh, et al ( a c. di.), Long Term Socio-Ecological Research Studies in Society-Nature Interactions across Spatial and Temporal Scales. Dordrecht-New York: Springer 2013.. Questi studi hanno evidenziato come la transizione corrisponda a un cambiamento nelle modalità di approvvigionamento e di uso dell’energia, dall’uso delle biomasse a quello dei combustibili fossili7Sul punto si veda l’ampia ricostruzione di Astrid Kander, Paolo Malanima, e Paul. Warde, Power to the People: Energy in Europe over the Last Five Centuries. Princeton, N.J.: Princeton University Press 2013.. La questione storiografica della transizione socio-ecologica alla modernità assume oggi una nuova importanza alla luce dell’Antropocene, la dibattuta nuova epoca della storia geologica che sarebbe caratterizzata dall’inedita capacità umana di alterare il funzionamento dell’intero sistema-Terra8Si veda Paul Crutzen e Eugene Stroemer, «Have we entered the “Anthropocene”?». Global Change newsletter, 41, 2000. Will Steffen, Jacques Grinevald, Paul Crutzen e John McNeill, «The Anthropocene: Conceptual and Historical Perspectives». Philosophical Transactions of the Royal Society of London A.369, 2011: 842-67. Clive Hamilton, Christophe Bonneuil e François Gemenne (a c. di), The Anthropocene and the Global Environmental Crisis. London: Routledge 2015.. Sebbene questo dibattito abbia rivolta poca attenzione alla dimensione idrologica, lo studio di sistemi idrici e modernità può e deve misurarsi esplicitamente con la transizione socio-ecologica alla modernità e l’Antropocene. Se si guarda alla storia dei flussi idrici e della loro configurazione, la transizione socio-ecologica sembra corrispondere anche a una crescente interconnessione tra l’acqua e il funzionamento quotidiano delle società moderne e a conseguenti nuove forme di interdipendenza. Queste forme di interdipendenza diventano peraltro ancor più significative nel contesto del cambiamento climatico, che, nel caso della valle del Po così come in quello di molti altri bacini urbano-industriali, comporta una riduzione impressionante delle riserve idriche9Nel caso del Po questo è confermato in modo preoccupante dal nuovo inventario dei ghiacciai italiani pubblicato nel 2015 da Smiragli and Diolaiuti, che fotografa una riduzione sino al 48% nel volume dei ghiacciai del bacino idrografico rispetto al precedente censimento del 1961. Claudio Smiraglia e Guglielmina Diolaiuti (a c. di), Il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani. Milano: Università di Milano 2015.. La trasformazione a scala geologica dell’ambiente globale, in altri termini, si intreccia in molti modi con la storia dei sistemi idrici e della società urbano-industriale.

Questioni di metodo

Per affrontare l’insieme di questi nodi storiografici nel quadro di un progetto unitario sulla circolazione delle acque nel bacino del Po è necessaria una ricostruzione storica completa delle fasi, delle forze e degli attori della circolazione idrica nel bacino. L’analisi storica dei flussi idrici da una prospettiva socio-ecologica pone però una serie di problemi metodologici. Salvo poche eccezioni, le fonti storiche sull’interazione tra processi sociali e sistemi idrici attraverso la circolazione delle acque si basano su partizioni settoriali che corrispondono in gran parte alla molteplicità di usi: agricoli, urbani, industriali10Questo vale generalmente anche per la letteratura in storia ambientale e in geografia storica che si è occupata direttamente o indirettamente del bacino del Po, la quale ha analizzato le bonifiche, l’irrigazione, l’idroelettricità ma si è raramente interrogata sulle interazioni tra questi usi. Un’importante eccezione è rappresentata da Teresa Isenburg, Acque e Stato. Energia, bonifiche, irrigazione in Italia fra 1930 e 1950. Milano: Angeli 1981, che però non adotta una prospettiva di bacino idrografico.. Per mettere a fuoco la circolazione e le forme di interazione che essa determina è dunque necessario abbracciare l’interezza di questi usi e delle fonti corrispondenti. Per non smarrirsi nell’indistinto mare dei materiali e delle storie particolari ciò va fatto però nel quadro di una scala geografica precisa. Questa scala è per l’appunto il bacino idrografico. Il bacino rappresenta infatti una coerente – ancorché mutevole – unità di circolazione idraulica, che permette la sintesi analitica di processi altrimenti disomogenei, permettendo di risalire dagli usi ai flussi e alla loro modificazione.

Nel quadro geografico e idrografico del bacino – e in virtù delle connessioni stabilite dalla circolazione delle acque – possono emergere le interazioni (spesso conflittuali) tra differenti modificazioni idrauliche: canalizzazioni irrigue e sviluppo idroelettrico, costruzione di acquedotti e bonifiche idrauliche. Allo stesso tempo, è possibile comprendere in che modo la riconfigurazione dei flussi abbia contribuito anche alla ricostruzione del bacino stesso come unità di circolazione in forme e con geografie nuove, e con importanti ricadute idrologiche, ecologiche e sociopolitiche.

La scala temporale della ricerca è altrettanto importante della scala spaziale. Dalla prospettiva di questo inizio del XXI secolo, appare ormai chiaramente come le modificazioni idriche prodotte da modernizzazione agricola, urbanizzazione e industrializzazione abbiano avuto una portata epocale. In particolare, alla luce del cambiamento climatico e della conseguente riduzione della dotazione idrica del bacino, le nuove forme e scale di interdipendenza generate dall’interazione di questi processi con il sistema idrografico del bacino del Po sono divenute pienamente visibili. Ciò emerge in particolar modo nei ricorrenti conflitti tra utenze diverse a monte e a valle nei ricorrenti episodi di siccità, come quelli del 2006, 2012 e 201511In tutti questi casi, le utenze irrigue e urbane della bassa pianura hanno richiesto il rilascio di flussi idrici trattenuti dai laghi e dai bacini montani, incontrando però l’opposizione tanto delle comunità lacustri che dei produttori di energia. Si veda a titolo di esempio J. Manetti, “Ora la guerra per l’acqua divide veneti e lombardi”, La Repubblica, 09.08.2015, ora online in http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/08/09/ora-la-guerra-per-lacqua-divide-veneti-e-lombardi18.html , URL consultato il 13.02.2016.. I processi storici che hanno prodotto questi esiti, tuttavia, risalgono al XIX secolo. È nel corso dell’Ottocento, infatti, che presero il via in quella regione le trasformazioni agricole, industriali e urbane che sono alla radice dei conflitti odierni: le grandi canalizzazioni irrigue, lo sfruttamento energetico delle acque per l’industria, la trasformazione del ciclo idraulico urbano, le bonifiche meccaniche. Per cogliere appieno il gioco delle interazioni tra processi storici che hanno generato gli esiti odierni è quindi indispensabile l’adozione di una prospettiva di lunga durata, che inquadri il contesto presente in una scala plurisecolare. Il periodo coperto dallo studio comincia perciò nel XIX e si chiude alla fine del XX secolo. Solo su questa scala temporale, corrispondente alla transizione storica all’epoca urbano-industriale nella regione padana, è possibile ricostruire efficacemente la produzione storica delle attuali forme di interconnessione e di interdipendenza.

Per analizzare queste forme di interazione a scala di bacino e sul lungo periodo, occorre combinare diversi metodi di ricerca empirica, come la ricerca d’archivio, l’uso di sistemi di informazione geografica storica e l’analisi idrologica ed ecologica.

Un primo e fondamentale livello dello studio consiste nella ricostruzione storico-geografica delle modificazioni dei flussi idrici. Ciò può avvenire attraverso la raccolta sistematica di dati storici riguardanti le manipolazioni idrauliche sull’intera superficie del bacino, come acquedotti e fognature, opere di bonifica idraulica, canali irrigui, impianti idroelettrici e infrastruttura di navigazione e protezione dalle inondazioni. Esistono numerose fonti istituzionali (e non) che permettono di ottenere questi dati. Generalmente si tratta di fonti diverse tra loro – rapporti, elenchi, mappe – e spesso piuttosto povere di dettagli12Un esempio di queste fonti sono i registri delle grandi utilizzazioni idrauliche per forza motrice, redatti dal Servizio Idrografico a partire dal 1925 e sino al 1971. Ministero dei Lavori Pubblici, Consiglio Superiore, Servizio Idrografico, Grandi utilizzazioni idrauliche per forza motrice. Elenco degli impianti in funzione e in costruzione. Roma: Provveditorato Generale dello Stato 1925-1971.. Per ottenere il massimo di informazione da queste fonti e allo stesso tempo consentire il loro trattamento integrato a dispetto della diversità tipologica, esse possono essere digitalizzate, geo-localizzate e analizzate con l’aiuto di un software GIS13Sull’uso dei sistemi informative geografici in storia si veda Anne Knowles (a c. di), Placing History: How Maps, Spatial Data, and GIS Are Changing Historical Scholarship. ESRI Press: Redlands California 2008. Ian N. Gregory e Alistair Geddes (a c. di), Toward Spatial Humanities: Historical GIS and Spatial History. Bloomington: Indiana University Press 2014.. Tutte le informazioni e i dati sugli usi idrici vengono in questo modo situati nello spazio e nel tempo e diventa possibile verificarne la diffusione e importanza in differenti aree e differenti epoche, la loro interazione con il bacino fluviale, ma anche la loro interazione reciproca attraverso la circolazione delle acque. Questo metodo permette così di produrre una ricostruzione originale dei cambiamenti di forma, localizzazione e usi dei flussi d’acqua.

Com’è ovvio, questa ricostruzione non può essere di per sé sufficiente a cogliere le motivazioni degli attori storici, i conflitti e le conseguenze idrologiche ed ecologiche delle manipolazioni idrauliche. A questo scopo è necessario ricorrere all’analisi delle fonti a stampa e d’archivio prodotte da attori istituzionali ed economici coinvolti nella regolazione e modificazione dei circuiti idrici del bacino: i ministeri di agricoltura e lavori pubblici, le compagnie elettriche, i consorzi di irrigazione e bonifica, e così via. Queste fonti, se combinate con la ricostruzione sistematica di cui sopra, permettono di approfondire, attraverso casi di studio puntuali, questioni cruciali circa il governo e i conflitti sulle acque, nonché di ottenere una più precisa cognizione delle motivazioni che sono state dietro a progetti e iniziative esemplari. Per comprendere appieno le caratteristiche ambientali delle manipolazioni idrauliche e le loro conseguenze ecologiche è necessario infine integrare le suddette fonti con l’analisi della letteratura scientifica storica sull’idrologia e l’ecologia del bacino fluviale. Queste ultime fonti, che includono studi di idrologia fluviale, misurazioni idrografiche e più tardi anche rapporti e indagini sullo stato chimico e biologico delle acque e degli ecosistemi fluviali14Si va dagli importanti studi sull’idrologia fluviale del Po di Elia Lombardini di metà Ottocento sino a monumentali indagini a scala di bacino come quella promossa dal Ministero dell’Agricoltura alla fine degli anni settanta del Novecento e pubblicata in 12 volumi negli anni novanta col titolo di Po Acquagricolturambiente., consentono in particolar modo di raggiungere due distinti obiettivi. Da una parte, in quanto raccolte di dati storici spesso unici, permettono di ricostruire le passate configurazioni idrologiche ed ecologiche della circolazione nel bacino. D’altra parte, se analizzate da una prospettiva di storia culturale e di storia della scienza, permettono di capire i quadri scientifici coevi alle varie fasi della trasformazione del bacino. Ciò permette di definire con maggiore precisione le motivazioni, gli angoli visuali e le conoscenze tecnico scientifiche che sostenevano e giustificavano i diversi progetti.

Produzione di interdipendenza

I risultati di una ricerca in corso non possono che essere preliminari. La scala dello studio qui presentato, peraltro, non permette alcuna forma di sintesi se non a patto di una riduzione della complessità della materia che per molti versi sarebbe inaccettabile. Alcune linee di fondo, tuttavia, emergono piuttosto chiaramente anche a uno stadio così provvisorio. Innanzitutto, la storia della circolazione delle acque nel bacino del Po dal XIX al XX secolo è senz’altro la storia di una epocale modificazione di scala. Il bacino Po è luogo di antiche infrastrutture idrauliche: canali irrigui e di navigazione, bonifiche e argini, che risalgono all’alto medioevo o alla prima età moderna e in molti casi riprendono opere la cui origine si perde nell’epoca della colonizzazione romana o addirittura precedente15Si vedano i contributi (e le bibliografie) raccolti in Carlo Ferrari e Lucio Gambi (a c. di) Un Po di terra: guida all’ambiente della bassa pianura padana e alla sua storia. Reggio Emilia: Diabasis, 2000.. Queste forme di manipolazione avevano in alcuni casi scale imponenti e davano luogo a forme di interazione e interdipendenza la cui regolazione si è espressa in forme sociali complesse e in istituzioni sedimentatesi nei secoli. Nel corso dell’Ottocento, tuttavia, la scala delle modificazioni dei flussi idrici cominciò ad estendersi visibilmente e repentinamente. Ciò avvenne con i grandi canali irrigui come il Cavour e il Villoresi, la cui lunghezza e portata non ha precedenti nelle canalizzazioni del passato, ma anche con le bonifiche meccaniche, che accelerarono in maniera esponenziale la modificazione della circolazione delle acque e ridefinirono l’idrologia e l’ecologica di ampie zone. Lo sviluppo idroelettrico a partire dal tornante del ventesimo secolo portò a ulteriori modificazioni del ciclo delle acque, la cui scala e il cui impatto anche in questo caso non hanno precedenti nella millenaria storia idraulica della Valle: si pensi ad esempio agli invasi montani o alla regolazione dei grandi laghi alpini16Si veda su questo in particolare Teresa Isenburg, Acque e Stato: energia, bonifiche, irrigazione in Italia fra 1930 e 1950. Milano: Angeli, 1981.. Anche la storia degli acquedotti urbani è una storia di produzione di nuove scale spaziali e idrografiche, tanto con la costruzione acquedotti come quello del Monferrato che con il crescente sfruttamento delle acque di falda nel corso del secondo dopoguerra. La costruzione del Canale Emiliano-Romagnolo nel secondo dopoguerra, infine, ha esteso di fatto i confini del bacino, connettendo nuove aree al suo sistema di circolazione.

Accanto a questa evidente modificazione di scala, e in parte anche a causa di questa, la storia della circolazione delle acque nel bacino del Po è anche una storia di interazioni involontarie. La costruzione dei canali irrigui, ad esempio, ha prodotto una geografia della circolazione delle acque che, sia pure involontariamente, ha finito per interagire con forme successive di manipolazione come lo sviluppo idroelettrico. Questa interazione non sempre è avvenuta in forme conflittuali, ma in tutti i casi ha prodotto interdipendenze. Nel caso del canale Villoresi, ad esempio, la condizione principe della concessione, ovvero un deflusso dell’Adda a valle del canale non inferiore a 120Mc3/s, si ripropose più di settant’anni dopo come vincolo per la realizzazione delle opere di regolazione del Lago di Como volute dalle utenze idroelettriche a valle17Si veda Gaudenzio Fantoli, Il lago di Como e l’Adda emissario nella condizione idraulica odierna e nella divisata regolazione del deflusso mediante opere mobili di trattenuta e di scarico . Milano: U. Hoepli, 1921.. Simili dinamiche sono riscontrabili in molteplici altri casi ma le forme di manipolazione promosse dallo sviluppo agricolo, industriale, urbano furono raramente pianificate tenendo conto delle reciproche interazioni anche perché spesso la distanza temporale tra alcune di esse non permetteva di farlo. Il sovrapporsi e l’insistere di più opere sullo stesso sistema di circolazione delle acque hanno in ogni caso finito per interagire tra di loro nello spazio e nel tempo, producendo effetti imprevisti. La consapevolezza crescente di queste interazioni è stato peraltro uno degli elementi centrali nelle modalità di studio e di conoscenza scientifica del bacino succedutesi nel corso del tempo e soprattutto nella seconda metà del 1900, anche per quanto riguarda le forme di governo della sua complessità18Si pensi alla tormentata storia della costituzione di agenzie di studio e governo del bacino, dall’Ufficio Idrografico del Po al Magistrato per il Po fino all’Autorità di Bacino. Per la storia dell’Ufficio idrografico mi permetto di rimandare a Giacomo Parrinello “Charting the Flow: Water Science and State Hydrography in the Po Watershed, 1872-1917” di prossima pubblicazione su Environment and History.. Oggi è possibile leggere i conflitti che oppongono gli utilizzatori delle acque del bacino in occasione di episodi di siccità come un risultato inatteso di queste interazioni. Solo guardando alla storia comune dello sviluppo agricolo, urbano e industriale dal punto di vista della circolazione delle acque è possibile capire la natura e le origini di questi conflitti e delle interdipendenze che li sottendono.

L’ultima linea interpretativa di fondo di questa storia sulla quale è possibile soffermarsi in questa sede concerne l’intreccio strutturale tra le forme storiche dell’attività sociale e produttiva e il bacino idrografico. L’analisi dei processi di manipolazione dei circuiti idraulici restituisce la profonda importanza rivestita dai flussi idrici nella storia della transizione della valle Padana all’era urbano-industriale. Il controllo e la ridefinizione dei flussi hanno infatti partecipato e in alcuni casi reso possibile la rivoluzione produttiva e sociale che caratterizza questa transizione. Ridisegnare i circuiti della circolazione delle acque ha significato infatti anche sradicare forme sociali millenarie radicate nei precedenti circuiti idrici e ricostituirne di nuove, se possibile ancora più intrecciate di prima con le acque ma in forme diverse e più complesse. Si pensi per esempio al ruolo dell’idroelettricità nel processo di urbanizzazione e industrializzazione della valle Padana: l’aggregazione di popolazione nelle città della pianura e il declino di forme di vita montana e agricola sono legati a doppio filo con la produzione di energia idroelettrica. Le implicazioni ultime di questo punto sono semplici quanto forse non sempre adeguatamente valutate nella loro portata.

La natura delle interdipendenze e degli intrecci tra circolazione delle acque e forme della vita sociale è oltretutto tale da impedire qualsiasi ritorno a configurazioni idriche passate, se non a patto di disfare gli equilibri sociali che si sono costruiti attraverso le loro modificazioni. In questo, forse, sta anche la sfida più temibile posta dal cambiamento climatico. La riduzione strutturale della dotazione idrica del bacino annuncia infatti la necessità di rinegoziare gli equilibri sociali della regione padana che su quella dotazione si fondano. Il valore di questa ricerca, ci si augura, potrebbe stare dunque anche nell’offrire una inedita genealogia del presente. Tale genealogia potrebbe consentire di affrontare con maggior consapevolezza il necessario dibattito democratico sulle forme e i modi della inevitabile riconfigurazione delle risorse idriche nel futuro prossimo, e con esse delle nostre vite e istituzioni.

giacomo.parrinello@yahoo.it

Institute of Social Ecology

Alpen-Adria University

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