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OGM

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La nascita degli organismi geneticamente modificati (OGM) si può far risalite al 1973 quando i biochimici americani Herbert Boyer e Stanley Cohen hanno osservato che, con manipolazioni chimiche, era possibile trasferire una parte dei geni, le macromolecole che “governano” la produzione di proteine e quindi i caratteri della vita, da un organismo ad un altro.

Trovato il meccanismo, diventava possibile fabbricare molecole utili e rare, presenti in alcuni esseri viventi, “insegnando”, se così si può dire, a produrle ad altri esseri viventi che ne erano privi; per lo più microrganismi che si riproducono molto rapidamente e che, in breve tempo, sono capaci di “fabbricare” grandi quantità delle molecole desiderate. La produzione di OGM con la bioingegneria ha dato subito vita a nuove fiorenti industrie. Boyer fondò la società Genentech e divenne in breve tempo miliardario (di dollari) e anche generoso donatore di fondi alla Università dove si era laureato. Mentre i laboratori scientifici chiarivano i principali aspetti della genetica molecolare, molte industrie si sono impegnate a cercare delle applicazioni commerciali utili soprattutto nel campo agricolo: per esempio a produrre sementi di piante OGM in modo da renderle resistenti all’attacco dei parassiti o capaci di resistere al vento o alla siccità.

E’ stato un trionfo commerciale e già nel 1983 alcune industrie erano in grado di vendere sementi modificate geneticamente, salutate con entusiasmo dagli agricoltori che vedevano così possibile aumentare le rese e quindi i profitti per ettaro coltivato. Il successo delle industrie aumentò quando nel 1980 la Corte Suprema degli Stati Uniti affermò che gli organismi OGM potevano essere protetti da brevetto. Chi voleva, quindi, coltivare piante OGM doveva passare attraverso il monopolio di poche grandi multinazionali. Un grave peso per i piccoli agricoltori e per quelli dei paesi poveri, una ironia perché all’origine le sementi OGM erano state annunciate proprio come strumenti per sconfiggere la fame nel mondo.

Contro gli OGM è cominciata immediatamente una vivace contestazione. In primo luogo veniva contestato il fatto che grandi industrie capitalistiche, protette da brevetti, potessero diventare “padrone” di alcune forme di vita, considerata per eccellenza un bene di tutti. Un altro aspetto della contestazione riguarda i possibili effetti igienici e sanitari di una alimentazione con cibo contenente parti di piante OGM, complicato dal fatto che non è facile riconoscere, per esempio, se una margarina contiene lecitina di soia OGM, un nuovo delicato problema di analisi merceologica. Alla fine c’è una vasta discussione sul divieto di coltivare piante OGM, sul fatto che derivati di piante OGM (sementi, farine, grassi) sono o possono essere importati senza dichiarazioni specifiche, sull’obbligo di indicare in etichetta se un alimento contiene componenti derivati da piante OGM, sulla massima quantità di tali componenti che possono essere presenti nei cibi dichiarati “senza OGM”; tutte norme che vedono divisi i vari paesi del mondo e della stessa Europa e che vedono divisi gli stessi scienziati.

Insomma c’è una grande confusione sotto il cielo ed è difficile distinguere chi si preoccupa del vero grande problema, la scarsità di alimenti per i poveri; chi difende i prodotti di qualità contro la concorrenza di quelli OGM meno costosi; chi si arricchisce, le multinazionali dell’ingegneria genetica, e chi, con le nuove tecnologie, diventa più povero.

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