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Principi di fisiologia dell’azienda agraria. Prefazione

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Il contenuto di una disciplina che si proponga di studiare e di coordinare nella loro essenza e funzione biologica, le diverse parti, che nel loro insieme costituiscono l’azienda agraria, allo scopo di porne in risalto l’individualità organizzata, in luogo di un complesso meccanistico e mercantile, correntemente riconosciuto dalla concezione speculativa, emerge da un materiale di osservazione, di ricerca e di sperimentazione così copioso e probatico, da lasciare ritenere giunto il momento di una necessaria revisione delle direttive agronomiche, verso una interpretazione più biologica del miglioramento della produzione.

In fondo, è lo stesso processo che ha condotto le scienze biologiche, di cui le scienze agrarie non sono che una gnoseologia applicata, a differenziare quella fisiologia, la quale, sorta sul fertile substrato filosofico dell’osservazione e della descrizione, ha saputo alla fine collegare gli organi dei vegetali e degli animali in quella mirabile sintesi funzionale che è un vivente.

Nessun dubbio, infatti, che la fisiologia sia sorta dall’organografia e dall’organobiologia, dopo che all’empirismo dell’osservazione, fu sostituito il razionalismo della ricerca e, analogamente, non dovrebbe sussistere dubbio che dall’organografia e dall’organibiologia agraria, interpretate e approfondite dalle diverse discipline, possa sorgere una fisiologia, capace di definire l’azienda in maniera diversa da quella comune, per molte ragioni inaderente alla realtà biologica, di un’impresa industriale o alla stregua di un semplice opificio.

E’ proprio a questo punto che dobbiamo ravvisare una grave lacuna nelle scienze agrarie.

Esse non hanno espresso alcun preciso indirizzo, che valga a collegare tra loro le singole parti e le funzioni aziendali, poiché non è all’obbiettivo aziendale che ha mirato la ricerca, pur tanto diligente a approfondita; ma bensì all’organo particolare e alla sua economia diretta e immediata e non indiretta e mediata, come esige il concetto di organismo aziendale.

Salvo la trattazione di quanto concerne la successione, le culture miglioratrici, la letamazione e la lavorazione, considerate in se stesse e non nel loro avvicendamento topografico -troppo poco per presumere un preciso contenuto fisiologico- esse hanno studiato gli elementi aziendali indipendentemente uno dall’altro, come fine a sé stessi, sovente sostituendo alle loro funzioni fisiologiche, i mezzi e gli interventi artificiali, rivolte unicamente alla produzione economica, quasi non esistesse un organismo da considerare nel suo complesso; ma soltanto delle singole coltivazioni, degli allevamenti e delle industrie.

E’ facile prevedere quanto in questo indirizzo abbia contribuito la definizione economica, che considera l’azienda come una combinazione elementare di mezzi di produzione e questi mezzi definiscono “determinate qualità e quantità di beni materiali e di servigi, che si combinano nell’unità elementare del processo produttivo”.

In tal modo, le scienze agrarie, pur nella loro specificità biologica, che loro proviene dallo studio di esseri organizzati, hanno rinunciato ad una “propria” definizione, che era facile collegare al vecchio e primordiale umismo e autositismo e divenire umomineralismo ed eterositismo moderno, per accettare in sua vece una definizione economica, che in sostanza smembra e snatura l’azienda in singole iniziative mercantili, riunite dai rapporti di una impresa e di una gestione, ma non da quelli di un organismo.

Vi hanno certamente contribuito le scoperte dei concimi e del motore agricolo, che furono ritenute il segnale della definitiva emancipazione della vecchia agricoltura a fondamento biologico, nell’agricoltura industriale e del riscatto dalle leggi biologiche alla produzione libera e illimitata, come i mezzi di produzione artificiali.

Certo è d’uopo considerare se veramente libera e illimitata sia la disponibilità dei nuovi mezzi di produzione per gli stessi paesi ricchi di miniere, destinate un giorno ad esaurirsi, in presenza soprattutto di esempi vastissimi di isterilimento industriale, che non trovano riscontro nelle tradizioni millenarie di un’agricoltura biologica, sia pure primitiva, continua nel tempo e sempre pronta a battere le grandi vie dell’incremento della produzione.

La concezione economica e quella biologica dell’azienda agraria, che trovano analogia nelle profonde disquisizioni filosofiche dell’ Homo oeconomicus nei confronti dell’uomo biologico e concreto, si distaccano soprattutto in quello che concerne la natura e il divenire dell’entità aziendale.

L’azienda economica è forgiata pressoché esclusivamente dalle forze plasmatrici del mercato e si serve per raggiungere il suo fine, delle scelte dei fattori di produzione, spesso trascurando il loro concatenamento organico nel meccanismo aziendale e avvalendosi di preferenza dei mezzi artificiali, e perciò onerosi, in sostituzione di quelli biologici e naturali, in gran parte gratuiti. E’ perciò un’azienda aperta a tutte le soluzioni speculative e spesso agronomicamente irrazionali, col loro fosco avvenire di sterilità; alla dichiarata finalità della semplice trasformazione delle materie prime, concimi e lavoro, in prodotti agricoli.

Per contro, l’azienda biologica, si basa su uno schema organizzato universale, il che non significa sia uguale per tutte le ragioni georgrafiche, la cui sostanza è quella di una simbiosi tra piante, animali e microrganismi utili, sotto l’impulso della forza intellettiva e regolatrice dell’uomo agricoltore, non già dotato di facoltà creatrici o trasformatrici, ma semplicemente della facoltà di dirigere, attivare e moderare, l’impulso delle forze naturali, preesistenti e coesistenti nei simbionti.

Da principio l’uomo agricoltore, come pure gli animali che ha addomesticato, furono e sono parassiti di una simbiosi naturale tra piante spontanee e microrganismi selvaggi ed è un parassita pure il cereale che sfruttò, e sfrutta tuttora nelle agricolture primitive, la fertilità elaborata dal riposo, per recare alimento all’agricoltore e al bestiame.

Successivamente però l’uomo unisce nella simbiosi anche gli animali e lo stesso cereale, che forniscono lavoro e letame per recare una fertilità superiore, che può essere sfruttata dalle sarchiate. Da questo momento l’uomo da parassita diviene un commensale. Quando alla fine, per il processo di millenni o, assai presto, col concorso dell’incivilimento e delle acquisizioni di una coscienza agraria evoluta nell’istruzione, l’uomo stesso diviene un simbionte, l’azienda da organismo primitivo è subito trasformata in un’entità superiore.

La struttura della simbiosi aziendale, all’inizio dimera per la partecipazione dei due soli organi funzionali: un sistema generatore della materia organica, recato dall’associazioni floristica spontanea e un sistema elaboratore della fertilità, rappresentato dalle popolazioni microbiche selvagge del substrato, diviene con l’evoluzione, non soltanto trimera, e successivamente tetramera, per il concorso di un nuovo organo elaboratore intermediario, rappresentato dagli animali; ma vieppiù specializzata e differenziata nei singoli simbionti, per la sostituzione delle leguminose alla flora selvaggia miglioratrice e per il concorso dell’humus ligninico della paglia dei cereali, come quarto simbionte, specificatamente attivo nel terreno, mentre profondi mutamenti pure si verificano nella flora microbica del terreno.

Le conseguenze di questa evoluzione sulla fertilità naturale, riguardano una più attiva azotofissazione dall’atmosfera, una più attiva mobilizzazione dei principi della potenza del terreno ed un equilibrio chimico-fisico più perfetto e armonico.

Non vi è dubbio che un simile schema aziendale non abbia i caratteri di universale e, pertanto, si ritrovi, sotto forme diverse, ma sostanzialmente uguali in qualsiasi azienda.

Quelli che sono diversi non sono in realtà i simbionti -leguminose, Graminacee, Erbivori e Microrganismi- ma bensì i rappresentati specifici di essi, che per mirabile legge della Provvidenza, sono tratti dalle specie e dalle varietà più adatte ai diversi climi e alle diverse condizioni di vita.

L’uomo, per questo, pur rispettando lo schema della simbiosi fondamentale, possiede una sufficiente possibilità di scelta tra i fattori della produzione, ancor maggiore, perché tra i due simbionti -Leguminose e Graminacee, può inserire, tanto più elevata è la fertilità, la coorte numerosa delle colture sarchiate (alimentari e industriali).

La soluzione del problema economico della produzione richiesta dal mercato diviene-perciò- un problema subordinato, ma non per questo trascurabile, al problema biologico e agronomico, che è e rimane quello fondamentale.

Legge imprescindibile degli organismi e, naturalmente, anche della simbiosi aziendale, è che sia in primo luogo soddisfatta l’economia interna del ricambio materiale ed energetico dell’organismo stesso, dopo di che si ricercherà l’economia di relazione col mondo esteriore, il che non è quanto precisamente si verifica in molti indirizzi dell’agricoltura moderna.

Compito delle scienze agrarie è perciò quello di definire e d’identificare nell’azienda agraria il loro preciso oggetto di studio, all’infuori della definizione economica, che riguarda una scienza di relazione e di rapporti tra l’organismo produttivo e l’ambiente economico in cui si trova e che, perciò, come tale, può prescindere e snaturare il carattere essenzialmente biologico dell’azienda agraria.

Questo compito è svolto dalla fisiologia, la quale si avvale delle conoscenze delle discipline specializzate e general, ne studia e valuta i rapporti reciproci, per definire il profilo di una entità totalitaria, dotata della facoltà di trarre l’alimento dal substrato potenziale, nonché di meglio utilizzare, facendosene tesoro, i mezzi e le scoperte, che sono poste a sua disposizione dal progresso scientifico.

E’ perciò fatale che le scienze agrarie non debbano più accontentarsi della descrizione fenomenologica dei processi, lasciando all’economia di stabilire la loro concatenazione e successione nell’unità produttiva, nella cellula, del grande tessuto della Nazione.

Esse devono finalmente assumere il rango di scienza positiva, unitaria e indipendente, uniformandosi allo stesso processo di differenziazione, che ha già trasformato le scienze biologiche in scienze fisiologiche.

Pertanto è indispensabile definire l’oggetto di studio, l’organismo concreto della ricerca: vivente, perché costituito da viventi; unitario, perché questi viventi sono riuniti in una simbiosi; determinato, perché questa simbiosi è un’unità biologica: un microcosmo nel macrocosmo.

La materia da studiare non può che riguardare la natura organizzata degli elementi che intervengono a costituire l’azienda agraria; i rapporti che li legano reciprocamente; la loro fusione in un essere produttivo, in rapporto alle condizioni di ambiente e dei mezzi moderni a disposizione.

Naturale presupposto ne è, che soltanto da un’entità biologicamente normale, può scaturire la vera fertilità, che è anche la più economica; in quanto più largamente si avvale dei fattori naturali e gratuiti ed è inoltre la più costante e la più durevole, perché questi fattori non si trovano nelle miniere, ma circolano nell’ambiente stesso in cui l’agricoltura opera.

D’altra parte, la nozione della fisiologia normale dell’azienda agraria, conduce direttamente alla diagnosi della fisiologia anormale o della patologia e, questa alla terapia funzionale, settore importantissimo, pieno delle più impensate possibilità per il progresso tecnico dell’agricoltura.

Cero che lo studio condotto in questo lavoro è ben lungi dall’essere completo. Dobbiamo considerarlo come una semplice traccia riassuntiva, che ci ha servito nello svolgimento di un corso tenuto presso l’Università di Bologna, durante l’inverno del 1947, per l’interessamento e la impeccabile organizzazione della benemerita Associazione tra i Laureati in Scienze Agrarie di Bologna. Da queste pagine, sento il dovere di inviare un plauso e un ringraziamento al Prof. Ettore Mancini e al Dott. Oscar Bonfiglioli, che ne furono i promotori.

Questa trattazione non è altro che un cenno sintetico dell’immane lavoro scientifico dell’ultimo secolo, rivolto a dimostrare, come gli sviluppi particolari, spesso slegati e indipendenti, dopo avere ristagnato nel meccanicismo e nel chimicismo esclusivista, fatalmente debbano confluire nel biologicismo e naturismo, il solo capace di valorizzare i mezzi e le scoperte moderne.

Non deve perciò considerarsi una esposizione e l’enunciazione di ipotesi e teorie, ancora da dimostrare, ma come una concreta acquisizione, come la prassi di un movimento e di una evoluzione, che s’inizia già nelle nebulose origini dell’agricoltura, sia arricchisce di un enorme patrimonio di conoscenze ad opera della scienza moderna, e volge alla meta teleologica di un’agricoltura evoluta, più informata delle leggi naturali.

Modena, aprile 1948.

Tratto da: Draghetti A. (1948) Principi di Fisiologia dell’Azienda Agraria, Istituto Editoriale Agricolo. 

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