Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Ugo Leone, ‘Fragile. Il rischio ambientale in Italia’, Carocci, 2015

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Lunghe successioni di settimane calde, interrotte da brevi tempeste improvvise, da improvvise nevicate e alluvioni, conferma che qualcosa sta cambiando nel nostro pianeta. Aumenta la temperatura dei mari con mutamenti delle correnti, comparsa e scomparsa di specie marine, modificazioni del pescato; diminuisce la superficie dei ghiacci presenti sul pianeta con aumento del volume e diminuzione della salinità dei mari; cambia il ciclo planetario dell’acqua, per cui lunghe siccità mettono in ginocchio l’agricoltura e la vita in molte parti del pianeta, accompagnate da estesi incendi, mentre altrove piogge intense allagano campi e città.

Anche il nostro paese appare sempre più “fragile”; è il titolo del libro del prof. Ugo Leone, docente di geografia nell’Università di Napoli e instancabile autore di scritti e libri sullo stato dell’ambiente in Italia e nel mondo. Il libro ricostruisce le cause di tale fragilità italiana e planetaria da quando i nostri predecessori, pochi milioni di persone, sono diventati agricoltori e allevatori, fino alla rivoluzione industriale e tecnologica, iniziata duecento anni fa. Il progresso tecnico-scientifico ha permesso, al 20 percento degli attuali settemila milioni di terrestri, di avere case calde d’inverno e fresche d’estate, cibo e energia e merci, di muoversi e di conoscere altre persone e paesi e andare in vacanza. Purtroppo l’aumento del benessere economico e merceologico è inevitabilmente accompagnato da una modificazione dell’ambiente sotto forma di prelevamento dalla natura di acqua, minerali, rocce, combustibili, di diminuzione della superficie delle terre coltivabili e delle foreste, di immissione nella natura di fumi, liquidi inquinati, rifiuti solidi nocivi, di alterazione delle valli, delle colline e delle coste per far spazio a edifici e strade, spesso costruiti in luoghi che intralciano il moto naturale delle acque, con conseguenti frane e alluvioni.

Il libro del prof. Leone elenca l’aumento del rischio territoriale in Italia e soprattutto fornisce delle ricette per diminuirlo. La prima ricetta consiste nella necessità di conoscere la base fisica del territorio sui cui si svolgono le attività umane, e qui la geografia rappresenta un insostituibile strumento; la seconda consiste nel “prevedere e prevenire” un tema a cui è dedicata la seconda metà del libro, e nel comunicare l’esistenza dei rischi.

La conoscenza del rischio può, in molti casi, suggerire di “non fare”, nel nome della sicurezza presente e futura degli abitanti, certi interventi che sembrano desiderabili per il progresso economico, cioè per l’aumento del Prodotto Interno Lordo PIL italiano che invece impone di fare nuove opere e innovazioni e aumento delle produzioni e dei consumi di beni materiali. Per mettere a tacere chi chiede una maggiore precauzione nelle scelte economiche, i governi e gli imprenditori devono convincere i cittadini che molte delle denunce di rischi ambientali sono immotivate o sopravvalutano fatti poco rilevanti, o addirittura sono dovute ad ignoranza e ad un’irragionevole sfiducia verso il progresso scientifico e tecnico. Alcuni studiosi sostengono, per esempio, che le stranezze climatiche ci sono sempre state e non sono dovute ai gas immessi nell’atmosfera dalle centrali e dalle automobili, che le coltivazioni con piante geneticamente modificate producono alimenti del tutto sicuri, e anzi consentono di aumentare le rese agricole e quindi contribuiscono a sfamare le popolazioni povere, eccetera. E’ un delicato ed eterno scontro fra valori, quello del “benessere” attraverso l’aumento della produzione di merci e di denaro e quello del dovere di assicurare alle persone, oggi e in futuro, un mondo più sicuro.

Quasi mezzo secolo fa l’enciclica “Populorum progressio”, sullo sviluppo dei popoli, di Paolo VI ricordava che: “Non basta promuovere la tecnica perché la terra diventi più umana da abitare” un pensiero ribadito ancora più energicamente nell’enciclica di Papa Francesco “Laudato si'”. Da alcuni viene obiettato che i papi si occupino delle cose del cielo, perché delle cose della terra si occupano economisti e governanti e imprenditori; questi peraltro faranno bene a non sottovalutare, o irridere, le voci del dissenso perché non è detto che essi abbiano sempre ragione, che tutte le scelte del “fare” siano sempre “buone” e prive di effetti negativi.

Se è vero che in alcuni casi gli allarmi sono o si sono rivelati infondati, è altrettanto vero che si può fare un lungo elenco di scelte apparentemente “economiche” che si sono tradotte in disastri ambientali e anche finanziari. E’ troppo facile citare i fallimenti delle centrali nucleari e dei depositi di scorie radioattive: fra le scelte sbagliate ci sono strade che hanno tagliato le colline e sono state spazzate via dalle frane; villaggi turistici e quartieri urbani costruiti nei luoghi sbagliati e allagati da alluvioni; laghi artificiali che si sono riempiti di fango anziché di acqua; processi industriali che hanno provocato incendi e inquinamenti dell’aria e delle acque; inceneritori inquinanti e discariche di rifiuti che hanno avvelenato le falde idriche sotterranee. Ogni volta qualcuno aveva protestato ed è stato zittito come nemico dei governanti e del progresso. Il prof. Leone raccomanda giustamente una buona informazione per distinguere fra rischi reali e rischi immaginari; qualche volta qualcuno grida “al lupo al lupo” e il lupo non c’è, ma molte volte il lupo c’è davvero.

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