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Metalli insanguinati

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In generale sappiamo ben poco di che cosa sono fatti gli oggetti che usiamo continuamente; la pentola in cui cuociamo la pasta, l’automobile con cui ci muoviamo, il cellulare o il tablet con cui comunichiamo, eccetera, contengono materie plastiche e metalli, della cui provenienza sappiamo ancora meno. Vengono dal fabbricante di pentole e automobili e cellulari, ovviamente, ma il fabbricante li ha prodotti a sua volta da idrocarburi e minerali estratti in paesi anche lontanissimi, da persone che non conosceremo mai, forse liberi lavoratori con salari equi e adeguata sicurezza, forse miserabili schiavi costretti a lavori estenuanti, lontani dalle loro case.

Qualcosa su queste condizioni di sfruttamento umano fu denunciata dal film “Diamanti di sangue”, del 2006, con Leonardo DiCaprio, che descriveva l’estrazione di diamanti, insanguinati, appunto, da parte di migliaia di lavoratori schiavi, nella repubblica africana della Sierra Leone. Meno note, ma altrettanto dolorose, sono le condizioni di lavoro in altre zone dell’Africa, in cui milizie locali si guerreggiano con armi acquistate col ricavato dalla vendita dei minerali estratti col lavoro infernale di minatori schiavi. Senza contare che questi metodi violenti di estrazione clandestina si lasciano alle spalle montagne di scorie tossiche per l’ambiente e le popolazioni locali.

A qualcuno, sia pure nel disinteresse generale, sta a cuore la diminuzione di tutta questa violenza umana e ambientale: il Palamento europeo, qualche settimana fa ha votato a maggioranza una risoluzione che impone agli industriali di denunciare se i metalli che usano provengono da minerali estratti in zone in guerra. E’ una iniziativa ispirata da una simile legge americana del 2010, e già alcune industrie, soprattutto nel settore dell’elettronica di consumo, dichiarano, come dimostrazione della loro correttezza e come occasione di pubblicità, che i loro prodotti non contengono “metalli insanguinati”. La risoluzione europea specifica che la denuncia riguarda gli importatori di stagno, tungsteno, tantalio e dei loro minerali, e di oro, provenienti da una zona dell’Africa equatoriale che comprende la parte orientale della Repubblica Popolare del Congo e i paesi limitrofi Burundi, Ruanda, Sud Sudan e l’Angola.

I minerali e i metalli specificati sono particolarmente importanti per i loro usi industriali e perché in parte provengono proprio dalla zona africana travagliata da conflitti locali. Il principale minerale di stagno è la cassiterite e lo stagno trova impiego nelle saldature e in molti prodotti chimici. Per la sua capacità di proteggere i metalli contro la corrosione, lo stagno è utilizzato per il rivestimento di sottili lamiere di acciaio: si ottiene così la banda stagnata, quella delle lattine per prodotti alimentari conservati; una lattina media di tonno in scatola o di conserva di pomodoro contiene da 100 a 200 milligrammi di stagno.

Il tantalio viene estratto dal minerale columbite-tantalite, il coltan, nel quale si trova insieme al niobio. Il tantalio è un metallo molto resistente alla corrosione, è buon conduttore del calore e dell’elettricità e viene usato nelle apparecchiature elettroniche come telefoni mobili, tablet, computers, e anche per la preparazione di speciali leghe per jets civili e militari.

Ancora più importante è il tungsteno che si trova in natura nei minerali wolframite, tungstato dimanganese e ferro, e scheelite, tungstato di calcio; il suo principale uso è la preparazione del carburo di tungsteno, un materiale duro quasi come il diamante con cui si ottengono utensili da taglio per la lavorazione dei metalli, nelle escavazioni minerarie e per segare i blocchi di marmo. Leghe a base di tungsteno estremamente resistenti sono usate nella produzione di proiettili penetranti e delle corazze di navi e carri armati. Nel film Gilda (1946) il marito della bella Rita Hayworth era un avventuriero che, durante la II guerra mondiale, organizzava per i nazisti il contrabbando del tungsteno estratto dalle miniere sudamericane. Il tungsteno viene impiegato anche in leghe per le pale delle turbine degli aerei a reazione e delle centrali elettriche.

Infine l’oro, di cui esistono miniere “insanguinate” nell’Africa centrale, serve per la fabbricazione di monete e di gioielli, ma soprattutto per le saldature nelle apparecchiature elettroniche. Ogni cellulare o tablet contiene circa 20-25 milligrammi di oro, una quantità che diventa grandissima se si pensa che la Unione Europea importa ogni anno 350 milioni di pezzi fra telefoni mobili e computers, e che in Italia si vendono circa 40 milioni di cellulari all’anno.

L’iniziativa del Parlamento europeo ha suscitato differenti reazioni: favorevoli da parte delle organizzazioni che si battono per i diritti umani e per la difesa dell’ambiente, le quali sperano che la diminuzione dei profitti delle bande in guerra contribuisca a ristabilire una qualche pace e a combattere la corruzione inevitabilmente associata al contrabbando delle preziose materie prime. Contrarie, e non fa meraviglia, le imprese che temono che le norme contro i “metalli insanguinati” facciamo diminuire i loro profitti e che tirano fuori anche la commovente preoccupazione per i minatori africani che potrebbero perdere la loro, sia pure supersfruttata, occupazione. L’iniziativa europea potrebbe essere una occasione per una maggiore informazione dei consumatori sui materiali impiegati in quello che comprano, materiali che “costano” acqua, energia, risorse naturali e anche fatica e dolore e spesso violenza. C’è anche della violenza nelle merci.

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