Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Dossier “1970” — Discorso sullo stato dell’Unione

image_pdfScaricaimage_printStampa

Parte riguardante l’ambiente del Discorso sullo stato dell’Unione letto dal presidente degli Stati Uniti il 22 gennaio 1970.

Nei prossimi dieci anni aumenteremo la nostra ricchezza del 50 per cento. L’interrogativo di fondo è però: ciò significa che saremo effettivamente più ricchi del 50 per cento, in migliori condizioni del 50 per cento, più felici del 50 per cento?

Oppure significa che nel 1980 il Presidente, parlando in questa sede, guarderà al decennio trascorso come ad un decennio in cui il 70 per cento della nostra popolazione viveva in aree metropolitane intasate dal traffico, soffocate dallo smog, avvelenate dall’acqua, assordate dal rumore e terrorizzate dalla criminalità?

Non sono queste le grandi questioni che i leader mondiali affrontano nelle conferenze al vertice. Ma la gente non vive al vertice. Vive in base all’esperienza quotidiana, ed è tempo per tutti noi di preoccuparci del modo in cui le persone reali vivono nella vita reale.

La grande domanda degli anni Settanta è: ci arrenderemo a ciò che ci circonda, o faremo pace con la natura e cominceremo a riparare i danni che abbiamo arrecato alla nostra aria, alla nostra terra e alla nostra acqua?

Riportare la natura al suo stato naturale è una causa che va al di là dei partiti e delle fazioni. È diventata una causa comune per l’intero popolo di questo Paese. Ed è causa di particolare preoccupazione per i giovani americani, perché più di noi essi raccoglieranno le gravi conseguenze della nostra incapacità di attuare programmi che sono oggi necessari se vogliamo prevenire il disastro che verrà.

Aria pulita, acqua pulita, spazi aperti: questi dovrebbero rappresentare di nuovo il diritto di nascita di ogni americano. Se agiamo subito, possono esserlo.

Noi pensiamo ancora all’aria come aria libera. Ma l’aria pulita non è libera, e nemmeno l’acqua pulita lo è. Il prezzo per la riduzione dell’inquinamento è alto. Per tutti gli anni di disattenzione del passato noi abbiamo contratto un debito con la natura, e ora quel debito chiede di essere pagato.

Il programma che proporrò al Congresso sarà nella storia dell’America il più completo e costoso programma di interventi in questo campo.

Non è un programma per un solo anno. Il programma di un anno in questo campo non è affatto un programma. In questo momento si devono fare progetti non per un anno, ma per cinque o dieci anni – quale che sia il tempo necessario per compiere l’opera.

Proporrò a questo Congresso un programma di interventi a livello nazionale per dieci miliardi di dollari per le acque pulite, per installare moderni impianti di trattamento dei rifiuti urbani in ogni parte d’America dove siano necessari per rendere le nostre acque nuovamente pulite, e lo farò subito. Abbiamo la capacità industriale, se iniziamo subito, di costruirli tutti entro cinque anni. Questo programma si propone di rendere possibile il costruirli entro cinque anni.

Mentre da un lato le nostre città e le nostre periferie si espandono senza sosta, dall’altro quegli inestimabili spazi aperti, necessari come luoghi di ricreazione offerti al pubblico vengono inghiottiti – spesso per sempre. Se non conserviamo questi spazi finché sono ancora disponibili, non ne avremo più altri da preservare. Pertanto, proporrò nuovi metodi di finanziamento per l’acquisto di aree libere e parchi, prima che vadano perduti.

L’automobile è il peggior fattore di inquinamento ambientale. Controllarlo in modo adeguato richiede sempre nuovi progressi nella progettazione dei motori e nella composizione del carburante. Intensificheremo la nostra ricerca, fisseremo standard sempre più rigorosi e rafforzeremo le procedure di applicazione – e lo faremo subito.

Non possiamo più permetterci di considerare l’aria e l’acqua come beni da usare a propria discrezione, in modo che chiunque ne abusi senza tener conto delle conseguenze. Dovremmo invece cominciare ora a considerarli come risorse scarse, che non siamo liberi di contaminare più di quanto siamo liberi di gettare spazzatura nel cortile del nostro vicino.

Ciò richiede una nuova e complessiva regolamentazione. Richiede anche che, nella misura del possibile, il prezzo dei beni debba includere il loro costo di produzione e di smaltimento senza danni per l’ambiente.

Ora, so bene che spesso si sostiene che c’è una contraddizione fondamentale tra la crescita economica e la qualità della vita, per cui per avere l’una bisogna rinunciare all’altra.

La risposta non è abbandonare la crescita, ma riorientarla. Per esempio, dovremmo orientarci verso la fine della congestione e l’eliminazione dello smog, ricorrendo agli stessi giacimento di intelligenza inventiva che pure ha contribuito dall’inizio a crearle.

Una crescita economica continua e vigorosa ci fornisce i mezzi per arricchire la vita stessa e per rendere ancor più il nostro pianeta un luogo ospitale per l’uomo.

Ogni individuo deve impegnarsi in questa lotta se vuole che essa sia vinta.

È stato detto che non importa quanti parchi nazionali e monumenti storici acquistiamo e sviluppiamo, l’ambiente realmente determinante per ciascuno di noi è quello in cui trascorriamo l’80% del nostro tempo nelle nostre case, nei nostri luoghi di lavoro, nelle strade su cui viaggiamo.

Le strade ingombre di rifiuti, parcheggi e cortili malandati, recinzioni fatiscenti, finestre rotte, gas di scarico delle automobili, posti di lavoro squallidi, tutto dovrebbe essere l’oggetto di una nostra nuova capacità di vedere.

Siamo stati troppo tolleranti di fronte a ciò che ci circonda e troppo disposti a lasciare ad altri il compito di ripulire l’ambiente in cui viviamo. È giunto il momento che chi avanza richieste massicce alla società, faccia alcune richieste minime a se stesso. Ognuno di noi deve decidere che ogni giorno lascerà la sua casa, la sua proprietà, i luoghi pubblici della città o del paese in cui vive un po’ più puliti, un po’ migliori, un po’ più piacevoli per sé e per chi gli sta intorno.

Con l’aiuto del popolo possiamo fare tutto, e senza il suo aiuto non possiamo fare nulla. In questo spirito, insieme, possiamo recuperare la nostra terra per la nostra e per le generazioni a venire.

Da qui all’anno 5000, negli Stati Uniti saranno nati oltre 100 milioni di bambini. Dove cresceranno – e come – più di ogni altra cosa darà la misura della qualità della vita americana in questi anni a venire.

Questo dovrebbe essere un avvertimento per noi.

Negli ultimi trent’anni anche la nostra popolazione è cresciuta e si è spostata. Il risultato è ben visibile nelle vaste aree dell’America rurale che si stanno impoverendo di persone e di promesse – un terzo delle nostre contee ha perso popolazione negli anni sessanta.

Le violente e decadenti città al centro dei nostri grandi complessi metropolitani sono il luogo del fallimento più evidente della vita americana di oggi.

Propongo che prima che questi problemi diventino insolubili, la Nazione sviluppi una politica di crescita nazionale.

In futuro, le decisioni del governo su dove costruire autostrade, localizzare aeroporti, acquisire o cedere terreni dovrebbero essere prese con il chiaro obiettivo di favorire una crescita equilibrata per l’America.

In particolare, il governo federale deve essere in grado di contribuire alla costruzione di nuove città e alla ricostruzione di quelle vecchie.

Nello stesso tempo, ci preoccuperemo per la qualità della vita in America sia nella fattoria che alla periferia, nel villaggio e nella città. Ciò di cui l’America rurale ha più bisogno è un nuovo tipo di assistenza. Essa deve essere considerata non come una nazione a sé stante, ma come parte di una politica di crescita globale per l’America. Dobbiamo creare un nuovo ambiente rurale che non solo freni la migrazione verso i centri urbani, ma ne inverta la tendenza. Se affrontiamo la nostra crescita come una sfida, possiamo fare degli anni Settanta un periodo storico in cui, per scelta consapevole, abbiamo trasformato la nostra terra in ciò che vogliamo che diventi.

L’America, che è stata pioniera nella nuova abbondanza e nella nuova tecnologia, è chiamata oggi a fare da pioniera nel dare risposta alle preoccupazioni che sono sorte durante il suo sviluppo, nel mettere le meraviglie della scienza al servizio dell’uomo.

Nella maestosità di questa grande Camera sentiamo gli echi della storia dell’America, dei dibattiti che hanno scosso l’Unione e di quelli che l’hanno rafforzata, dei proclami di guerra e della ricerca della pace, dell’unione dei popoli, della costruzione di una nazione.

Questi echi della storia ci ricordano le nostre radici e le nostre forze.

Ci ricordano anche quel genio speciale della democrazia americana, che a una svolta critica dopo l’altra ci ha portato a individuare la nuova strada verso il futuro e ci ha dato la saggezza e il coraggio di percorrerla.

Immaginando quella nuova strada che ho cercato di tracciare oggi, vedo una nuova America che festeggerà il nostro 200° anniversario tra 6 anni.

Vedo un’America in cui abbiamo abolito la fame, abbiamo fornito i mezzi perché ogni famiglia della nazione raggiunga un reddito minimo, abbiamo fatto enormi progressi nel fornire alloggi migliori, trasporti più veloci, salute e istruzione superiore.

Vedo un’America in cui abbiamo controllato l’inflazione e condotto una lotta vittoriosa contro il crimine.

Vedo un’America in cui abbiamo fatto grandi passi avanti nel fermare l’inquinamento dell’aria, nel ripulire l’acqua, nell’aprire i nostri parchi, nel continuare a esplorare lo spazio.

E soprattutto, vedo un’America in pace con tutte le nazioni del mondo.

Questo non è un sogno impossibile. Questi obiettivi sono tutti alla nostra portata.

In passato, i nostri antenati avevano la visione, ma non i mezzi per raggiungere tali obiettivi. Non sia messo a verbale che siamo stati la prima generazione americana che ha avuto i mezzi, ma non la visione per realizzare il suo sogno.

Ma riconosciamo soprattutto una verità fondamentale. Possiamo essere le persone meglio vestite, meglio nutrite, meglio alloggiate del mondo, godendoci l’aria pulita, l’acqua pulita, i bellissimi parchi, ma potremmo comunque essere le persone più infelici del mondo senza uno spirito indefinibile – l’impulso all’ascesa, un sogno che ha fatto dell’America, fin dal suo inizio, la speranza del mondo.

Duecento anni fa questa era una nuova nazione di tre milioni di persone, militarmente debole, economicamente povera. Ma anche allora l’America significava qualcosa per il mondo, qualcosa che non si poteva misurare in dollari, qualcosa di molto più importante di quanto potesse fare la forza militare.

Ascoltate il presidente Thomas Jefferson nel 1802: “Noi non agiamo solo per noi stessi, ma per l’intera razza umana”.

Avevamo una qualità spirituale che allora catturò l’immaginazione di milioni di persone nel mondo.

Oggi, anche se siamo la nazione più ricca e più forte del mondo, non sia messo a verbale che ci manca quell’idealismo morale e spirituale che ci ha reso la speranza del mondo al tempo della nostra nascita.

Le richieste che ci sono rivolte nel 1976 sono ancora più grandi di quelle del 1776.

Non basta più vivere e lasciare vivere. Ora dobbiamo vivere e aiutare a vivere.

Abbiamo bisogno di un nuovo clima in America, in cui una persona possa respirare liberamente e respirare in libertà.

Riconoscere la verità del fatto che ricchezza e felicità non sono la stessa cosa ci impone di misurare il successo o il fallimento in base a nuovi criteri.

Ancor più dei programmi che ho descritto oggi, ciò di cui questa Nazione ha bisogno è l’esempio fornito dai suoi leader eletti, capaci di incarnare la leadership spirituale e morale che nessun programma orientato al solo progresso materiale può soddisfare.

Soprattutto, ispiriamo nei giovani americani un senso di eccitazione, un senso di destino, un senso di coinvolgimento, nell’affrontare le sfide che ci aspettano in questo grande periodo della nostra storia. Solo così proveranno un senso di soddisfazione nella loro vita.

Il più grande privilegio che un individuo può avere è quello di servire una causa più grande di lui. Noi abbiamo una causa di tale grandezza.

Il modo in cui sapremo cogliere le opportunità che ho descritto oggi determinerà non solo il nostro futuro, ma il futuro della pace e della libertà in questo mondo nell’ultimo terzo di secolo.

Ci dia Dio la saggezza, la forza e, soprattutto, l’idealismo che ci renda degni di questa sfida, affinché l’America possa essere pienamente all’altezza del suo destino di essere la migliore speranza del mondo per la libertà, per le opportunità, per il progresso e la pace per tutti i popoli.

image_pdfScaricaimage_printStampa
Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articolo Precedente

Dossier “1970” — Dichiarazione del Consiglio d’Europa sull’uso del territorio dell’ambiente umano

Articolo Successivo

Dossier “1970” — Lo Statuto dei lavoratori

Articoli Collegati
Total
0
Share