Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Sale

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Per la serie delle “Cose” alimentari di Giorgio Nebbia pubblichiamo questo articolo uscito in origine nel Dizionario tecnico-ecologico delle merci , Milano, Jaca Book, 2011, pp. 292-294.

Se mi chiedessero quando è nato l’uomo moderno non esiterei a indicare il giorno in cui qualche nostro lontano predecessore ha assaggiato con la punta della lingua quella roba bianca che restava sulla riva del mare quando il mare si ritirava. Ha chiamato quella polvere “sale” e l’ha trovata buona; parlando con i suoi compagni deve avere poi scoperto che il sale, aggiunto alla carne, ne impediva la putrefazione e ne migliorava il sapore, e che impediva anche la putrefazione delle pelli facendole durare più a lungo. Da allora qualcuno si è allontanato dal proprio villaggio, dove non c’era sale, per acquistare il sale in altri paesi ed è così nata la nuova classe dei mercanti. Qualche popolo ha scoperto che il sale, oltre che lungo le rive del mare, si trovava sulle colline circostanti o nel sottosuolo e ha cominciato a estrarlo e a venderlo, per raggiungere i produttori di sale sono state organizzate vie carovaniere e commerciali, le vie del sale.

Capitava anche che qualche popolo venditore di sale pretendesse prezzi troppo alti e allora gli acquirenti si sono impadroniti del sale con la forza; è probabilmente il caso di Sodoma e Gomorra, le due antiche città sul Mar Morto, circondate da colline di sale e diventate, col commercio del prezioso minerale, ricchissime e avide al punto da essere conquistate e distrutte dai popoli vicini, in una delle prime guerre imperialiste della storia per la conquista di materie prime, ben descritte nel libro della Genesi, capitoli 14 e 19. Insomma il sale, cloruro di sodio, è stato, nell’antichità, quello che nei secoli recenti è stato il petrolio o il rame o l’uranio. Le saline lungo le rive del mare – quella di Margherita di Savoia è un esempio ancora sotto i nostri occhi -sono state una delle prime applicazioni industriali dell’energia solare; l’acqua del mare viene fatta entrare in grandi vasche e durante l’estate il calore solare fa evaporare l’acqua, lasciando un deposito di sale che viene poi raccolto. (Abbastanza curiosamente, quella delle saline è l’unica attività mineraria in cui vengono usati termini, come “raccolto”, tipici delle attività agricole). In diversi paesi il sale ha anche un valore rituale: all’ospite si offre pane e sale.

Del sale nel mondo esistono riserve enormi. Solo nel mare ce ne sono 40 milioni di miliardi di tonnellate e molti giacimenti sotterranei contengono sale, residuato dall’evaporazione di antichi mari.

Fino al Settecento il sale ha avuto quasi esclusivamente importanza come alimento; addirittura gli Stati ponevano un’imposta sul sale, la mercé indispensabile e più facilmente riconoscibile a fini fiscali, colpendo, naturalmente, le classi povere in maniera maggiore. Molti movimenti di liberazione nazionale, nel Canada come in India, sono partiti dalla richiesta di abolire la tassa sul sale. L’imposta sul sale rallentava anche lo sviluppo dell’industria chimica che aveva e ha bisogno di sale in molte sue operazioni; gli industriali, prima inglesi, poi francesi e poi in tutti i paesi, chiesero e ottennero, a partire dal 1825, l’abolizione dell’imposta sul sale destinato a uso industriale che veniva messo in commercio “denaturato”, addizionato con una sostanza velenosa per evitare che il sale a basso prezzo potesse essere usato a fini alimentari.

Il sale da due secoli è necessario per produrre la soda per il lavaggio dei tessuti e il doro per l’industria della carta e la disinfezione delle acque, per ottenere solventi industriali, coloranti, per le materie plastiche clorurate. La produzione mondiale di sale ammonta a circa 260 milioni di tonnellate all’anno; i principali produttori di sale sono i due giganti Stati Uniti e Cina, seguiti da Germania, India, Canada e altri. Solo in parte oggi il sale è prodotto in “saline solari”; la maggior parte è estratto da miniere sotterranee che sono depositi formatisi in seguito all’evaporazione, solare anche quella, di antichi mari, poi sprofondati nel sottosuolo; per l’estrazione del minerale nel giacimento viene iniettata acqua calda che scioglie una parte del sale. La soluzione salina concentrata, portata poi in superficie, viene trasportata nei luoghi di utilizzazione. Agli inizi del XXI secolo la produzione italiana di sale si aggira intorno a 3,6 milioni di tonnellate all’anno, in parte estratto dalle miniere di Volterra e altrove, in parte ottenuto dal mare per evaporazione solare, circa mezzo milione di tonnellate all’anno, per lo più prodotto a Margherita di Savoia.

A partire dall’Ottocento i progressi della chimica hanno mostrato che dal sale era possibile ottenere molti prodotti commerciali importanti, anzi indispensabili; si sapeva che nel lavaggio dei tessuti era utile impiegare “la soda”, una miscela di carbonati di sodio e di potassio ricavati dalle ceneri di alcune piante; ma la soda “naturale” era costosa e i chimici hanno cercato di fabbricarla artificialmente, proprio partendo dal cloruro di sodio. Il sale è la materia prima per la produzione del doro e di tutti i derivati, fra cui molte materie plastiche e solventi.

Oltre la metà del sale prodotto nel mondo è impiegato nell’industria chimica; una crescente frazione del sale è impiegato per evitare la formazione di ghiaccio nelle strade; se si sparge del sale sulle strade, a mano a mano che cade la pioggia si forma una soluzione di acqua e sale che ha una temperatura di congelamento molto più bassa di quella a cui si forma il ghiaccio dall’acqua pura, per cui le strade restano transitabili anche quando la temperatura è alcuni gradi sotto zero. Si calcola che circa un terzo del sale prodotto nel mondo abbia questo impiego. Il sale e i suoi derivati hanno molti altri impieghi industriali nell’industria tessile, nella concia delle pelli, nella conservazione degli alimenti, nella depurazione delle acque, eccetera. Il sale alimentare rappresenta meno del 10% del consumo totale mondiale In Italia il consumo di sale alimentare ammonta a qualche decina di migliaia di tonnellate all’anno.

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