La Dichiarazione di Santa Barbara fu redatta dallo storico Roderick Frazer Nash (autore dell’importante libro del 1967 Wilderness and The American Mind) , sostenuta da diversi suoi colleghi della locale università e resa pubblica il 27 gennaio 1970 in occasione del primo anniversario dell’incidente che aveva causato uno sversamento di petrolio sulla costa della città californiana.
Tutti gli uomini hanno diritto a un ambiente capace di sostenere la vita e di promuovere la felicità. Se l’accumulo di azioni compiute nel passato finisce per distruggere questo diritto, gli uomini di oggi hanno invece il diritto di ripudiare il passato a vantaggio del futuro. Ed è evidente che secoli di incauta negligenza nei confronti dell’ambiente hanno portato l’umanità a un bivio decisivo. La qualità della nostra vita è compromessa e la nostra stessa esistenza è minacciata dal nostro abuso del mondo naturale.
Sollecitati da un disastro ambientale nel Canale di Santa Barbara a pensare e ad agire in termini nazionali e mondiali, avanziamo queste accuse:
Abbiamo disseminato la terra di rifiuti.
Abbiamo intaccato il nostro patrimonio di spazi liberi e di terre selvagge.
Abbiamo spogliato le foreste e i prati e ridotto il terreno a polvere sterile..
Abbiamo contaminato l’aria che respiriamo per vivere.
Abbiamo inquinato i laghi, i fiumi e gli oceani insieme ai loro litorali.
Abbiamo rilasciato veleni mortali nella terra, nell’aria e nell’acqua, mettendo a repentaglio ogni forma di vita.
Abbiamo sterminato intere specie di uccelli e di animali e portato altre alle soglie dell’annientamento.
Abbiamo permesso alla nostra specie di crescere al di là del potenziale sostegno della terra.
Abbiamo reso gran parte del mondo fisico brutto e volgare, privando l’uomo della bellezza e della quiete che sono nutrimento per il suo spirito.
Riconoscendo che il rimedio a questi problemi fondamentali si trova in definitiva nella mente dell’uomo, non nelle sue macchine, chiediamo alle società e ai loro governi di riconoscere e attuare i seguenti principi:
Abbiamo bisogno di una coscienza ecologica che riconosca l’uomo come membro, non come padrone, della comunità degli esseri viventi che condividono l’ambiente in cui vive.
Dobbiamo estendere l’etica al di là delle relazioni sociali per dare regole al contatto dell’uomo con tutte le forme di vita e con l’ambiente stesso.
Abbiamo bisogno di un’idea rinnovata di comunità che dia forma ad ambienti urbani che soddisfino l’intera gamma dei bisogni umani.
Dobbiamo trovare il coraggio di assumerci, come individui, la responsabilità del benessere dell’ambiente nel suo complesso, trattando i nostri giardini come se fossero il mondo e il mondo come se fosse il nostro giardino.
Dobbiamo sviluppare la capacità di comprendere che nella considerazione del mondo naturale la proprietà privata e aziendale deve essere limitata in modo da preservare l’interesse della società e l’integrità dell’ambiente.
Abbiamo bisogno di una maggiore consapevolezza dei nostri enormi poteri, della fragilità della terra e della conseguente responsabilità degli uomini e dei governi per la sua conservazione.
Dobbiamo ridefinire il “progresso” puntando sulla qualità a lungo termine piuttosto che sulla quantità nell’immediato.
Noi, quindi, siamo decisi ad agire. Proponiamo una rivoluzione dei comportamenti nei confronti di un ambiente che si sta rivoltando contro di noi. Certamente le idee e le istituzioni stabilite da tempo non si cambiano facilmente; eppure oggi è il primo giorno di riposo [1] della nostra vita su questo pianeta.
Ricominceremo da capo.