Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Andrea Poggio, Gianni Tamino: in memoria di Virginio

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Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

Vir come volevi che ti chiamassimo noi. Quanti insegnamenti e quanta voglia di lottare per un mondo migliore ci hai trasmesso. Cittadino del mondo, ci lasci per l’ultimo viaggio al rientro nella tua città natìa.

E’ morto Virginio Bettini nella sua abitazione a Nova Milanese. Aveva 78 anni. Antinucleare storico, già Europarlamentare dei Verdi Arcobaleno nel 1989, allievo di Barry Commoner, stava per pubblicare un libro sulla crisi ecologica e i modi per superarla, con la nostra collaborazione. L’ultimo suo intervento pubblico assieme a noi è stato nell’incontro dei comitati contro la guerra, il 19 settembre 2020 a Milano, riuniti presso la Panetteria occupata per organizzare iniziative contro le atomiche tattiche a Ghedi e la corsa al riarmo e alle guerre. Ha parlato in tono appassionato, ma anche con accenti severi, della necessità di dare profondità scientifica alla nostra azione, dando la sua piena disponibilità a collaborare, sapendo individuare come movimento il terreno di lotta del porre limiti sociali all’invadenza pericolosissima della tecnoscienza.

Vogliamo qui menzionare i rapporti di collaborazione che abbiamo intrapreso, in un cammino condiviso da più di 10 anni, con Virginio Bettini perché stimiamo la sua autorevolezza come maestro dell’ecologia politica e come europarlamentare e professore e docente di grande valore e prestigio a livello mondiale, che, tra gli altri, ha collaborato anche con il celebre ecologista Barry Commoner e con il grande scienziato Giorgio Nebbia.

I contenuti di Bettini, espongono quanto abbiamo proposto, insieme all’autore, spesso anche con Alfonso Navarra, nelle iniziative e nelle presentazioni in pubblico di vari nostri libri inerenti i temi, del disarmo nucleare, della didattica della pace e della memoria storica, della Resistenza Partigiana Antifascista e della pedagogia nonviolenta.

Con Virginio Bettini e in sua memoria, in particolare negli ambienti ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, proponiamo i moniti del grande Partigiano Deportato, Padre Costituente dell’ONU Stéphane Hessel “la nonviolenza come cammino che dobbiamo imparare a percorrere” e “Esigete un disarmo nucleare totale”, a partire da ICAN – Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, che è stata insignita Premio Nobel per la Pace 2017 e di cui tutti noi attivisti per il disarmo nucleare siamo parte attiva. Virginio Bettini, insieme a Giorgio Nebbia e Gianni Mattioli, è stato tra i più grandi e principali oppositori al progetto del nucleare in Italia. Un vero riferimento dell’ecologismo politico equiparabile ad altri maestri come Laura Conti e Alexander Langer. Tutti questi grandi ecologisti sottolineano come i temi dell’ecologia urbana, del paesaggio e del nucleare civile devono essere approfonditi così come le problematiche relative alle riemergenti tecnologie nucleari, che cercano sempre di rialzare la testa nonostante le sconfitte.

Abbiamo sempre registrato, durante le presentazioni dei nostri libri in pubblico, una grande attenzione dei giovani agli interventi orali di Virginio Bettini in queste iniziative molto partecipate; e ora invitiamo i nostri lettori in particolare a leggere questo breve articolo del nostro caro amico Bettini, perché, nella dispiegata ed argomentata forma scritta, l’autore inquadra sistematicamente la questione ecologica nei suoi attuali termini scientifici, e nei diversi aspetti in cui si articola.

Nel cammino nonviolento che dovremo percorrere per uscire positivamente dalle emergenze che ci stanno minacciando, tra cui i dissesti climatici, il rischio della guerra nucleare e la disuguaglianza sociale globale, proponiamo il portato valoriale dell’ecologia sociale ed in essa non dimentichiamo il grande e sapiente contributo di Virginio Bettini.

Le nuove generazioni che scoprono l’ecologia tramite Fridays For Future Italia faranno bene a riscoprire chi ha fatto la storia dell’ambientalismo in Italia.

Un dono è stato incontrarti, caro Virginio, e ti giuriamo che continueremo la tua lotta per un mondo migliore. Una lacrima, una carezza e un abbraccio che accoglie caro Vir. 

Andrea Poggio

Virginio mi ha insegnato a coniugare ambientalismo e impegno sociale, da quando l’ho incontrato la prima volta, nell’inverno tra il 1970 e il 1971, quando da assistente volontario presso la cattedra di Geografia umana della Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Milano, venne nel nostro liceo a Milano per tenere una lezione di ecologia, mostrandoci diapositive dei pescatori giapponesi contaminati dal mercurio, le dispersioni di petrolio negli oceani, le foreste distrutte dal napalm in Vietnam, la pubblicità ingannevole della benzina al piombo e l’inquinamento da traffico nelle città. Il giorno dopo lo andammo a trovare all’università e tra noi giovani liceali nacque il “Movimento Ecologico Milanese”. Da lì a poche settimane andammo allo sbaraglio ad una assemblea a Monza: si discuteva del futuro del Parco storico della Villa Reale e della già difficile convivenza con l’autodromo. Prendemmo per la prima volta la parola ad una assemblea popolata da tifosi della Formula 1, noi fummo fischiati e derisi, a Virginio distrussero la macchina.

Ogni incontro con Virginio era occasione di nuove letture, di studi approfonditi, di nuove lotte da intraprendere. Ancora da liceali partecipammo ai campi estivi di studio universitari: nell’estate 1971 ad Arbatax in Sardegna, per studiare gli ambienti del Gennargentu e le condizioni di una sua trasformazione in Parco. Si alternavano percorsi naturalistici e incontri con i pescatori, i pastori, i forestali, i sindacati, i comitati di lotta. La natura si preserva con la gente che la abita, che la lavora. L’anno dopo andammo sul Pollino, nella Calabria in rivolta (“Boia chi molla”). Il primo anno con la figlia Tatiana e la prima moglie, anno dopo c’erano già nuove compagne. Nella radura del nostro parcheggio issammo la bandiera europea e quella rossa. I parchi del Gennargentu e del Pollino vennero istituiti nel 1998 e nel 1993. Studio, lavoro, lotta politica, era un tutt’uno.

Conosciamo Giorgio Nebbia, Dario Paccino, studiamo. L’ecologia è rossa, non è una “scienza per i padroni”. Curiosi ad indagare quel che succede in tutto il mondo: il 21 marzo del 1971 sul settimanale “Sette giorni” Virginio scrive che la Cina di Mao, che vuole “trasformare gli scarichi industriali in materiali da riutilizzare, ha sconfitto la linea di Liu Sciao-ci, ogni recupero di scarico industriale sarebbe una perdita economica”. Studiamo E.P. Odum, Robert Ricklefs. Nel 1971 Virginio fonda la rivista mensile di approfondimento scientifico “Ecologia”. Ma anche un supplemento, di appena 8 pagine, dal titolo “Denunciamo” in cui si alternava lotta all’inquinamento e conoscenza divulgativa. Ma quando “Ecologia” chiuse nel 1976, per mancanza di sufficienti contratti pubblicitari, con i primi numeri zero, inserto di “Acqua e Aria prima, come testa autonoma, nacque nel 1979 “La nuova ecologia” che Virginio diresse sino al 1982.

Nel 1972 conosciamo Barry Commoner perché Virginio traduce per Garzanti il volume Il cerchio da chiudere: ricordo ancora la prima legge dell’ecologia, “in natura non esistono rifiuti”. Da quella pietra miliare nasce la direttiva europea “economia circolare”. Poi Seveso, le prime assemblee tra i contaminati, la conoscenza di Barry Commoner e il racconto del suo viaggio in Vietnam per studiare l’inquinamento da diossina, dove si ferì al piede a causa di una mina: quattro anni fa zoppicava un po’, i dolori della vecchia ferita erano tornati, anche se non ha mai smesso di frequentare i viaggi a piedi lungo i cammini d’Europa. Con Commoner intraprende un percorso parallelo nella lotta al nucleare, al carbone, agli inceneritori, all’inquinamento urbano.

Insieme abbiamo fondato “La nuova ecologia” nel 1979, quando era giornale “militante”, autogestito con una cooperativa editoriale di cui facevamo parte. Poi dal 1983 nella “Lega per l’Ambiente”, abbiamo coltivato l’impegno appassionato nella ricerca, nell’inchiesta sul campo, l’approfondimento delle fonti, la capacità e la passione di trasformare conoscenza e informazione ambientale in cambiamento, in lotta politica. Con intelligenza ma sempre di parte, dalla parte giusta, di chi subisce le conseguenze delle scelte di rapina, di chi viene sfruttato con la distruzione della terra. La capacità di coniugare ambiente e sociale, era intuizione e ricerca allora, è diventata scelta di vita, scienza dopo. Un padre, mio padre, dell’ambientalismo italiano. Con Giorgio Nebbia, suo e nostro grande amico. Nei Verdi per una stagione (Giorgio invece indipendente nel PCI), al fianco del pensiero marxista eterodosso, al fianco della chiesa dei poveri che denunciava, prima di Papa Francesco, lo sfruttamento dell’uomo e del creato. Non l’ho più seguito nei Verdi dal 1985 e lo ricordo assiduo nella prima Legambiente sino agli anni Novanta: la lotta antinucleare, quella contro le centrali a carbone, le grandi opere senza seria valutazione d’impatto, i veleni impiegati senza controllo, il capitalismo di rapina.

Nella mente e nel cuore Virginio è ancora con noi oggi.

Gianni Tamino

Ho conosciuto Virginio nei primi anni ’70, quando arrivò a Venezia, incaricato di insegnare ecologia allo IUAV; organizzò alcuni seminari per gli studenti sui territori più inquinati del Veneto e mi invitò, insieme ad una mia collega di Padova, a parlare delle concerie della zona di Chiampo e Arzignano, di cui mi stavo occupando. Da allora sono state molte le occasioni nelle quali o ci siamo incrociati o abbiamo collaborato: ricordo la nascita in Veneto di Legambiente (quando ancora era Lega per l’Ambiente) tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, la battaglia antinucleare degli anni ’80, la collaborazione dentro la lista “Verdi Arcobaleno” prima e nella Federazione dei “Verdi” dopo, gli incontri al Parlamento Europeo, prima quando lui era stato eletto deputato verde e poi, dal ’95, quando mi ritrovai io in quel Parlamento.

Virginio è stato uno studioso e un militante ambientalista, ben noto non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa e in molte parti del mondo. Dobbiamo a lui l’introduzione per la prima volta in Italia delle ricerche sulla Valutazione di impatto ambientale e sulla “landscape ecology” cioè l’ecologia del paesaggio, che sarà il tema dei suoi ultimi libri, uno non ancora pubblicato. Ha contribuito in modo sostanziale alle battaglie contro le centrali a carbone prima e contro quelle nucleari poi, proponendo già decenni fa la transizione verso le fonti veramente alternative. Ha fatto conoscere ai primi movimenti ecologisti la straordinaria figura di Barry Commoner, con il quale ha scritto nel 1976 Ecologia e lotte sociali e con il quale ha denunciato la pericolosità delle diossine, non solo dal punto di vista scientifico, ma a fianco dei movimenti sia a Seveso che in Vietnam. È stato amico di Giorgio Nebbia, anche lui scomparso da poco, che riteneva, come tutti noi, il padre dell’ambientalismo italiano.

Una delle cose per cui tutti e due ci siamo sempre battuti è per una vera Valutazione di impatto ambientale (detta anche, in sigla, VIA): lui, come ho già detto, è stato il primo a farci conoscere questo metodo di valutazione e poi nel 1984, con Edo Ronchi e Giorgio Nebbia, quando ero alla Camera di Deputati, sono stato tra i primi a proporre una legge su questo tema, mentre stava per essere approvata anche una direttiva europea. Sulla spinta delle proposte di legge e della direttiva, anche l’Italia inserì, nel 1986, questa norma nella legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente. Purtroppo in tutti questi anni abbiamo avuto solo il titolo di una norma che non ha mai rispettato la logica e l’essenza della VIA.

Ecco cosa scriveva Virginio Bettini nel 2013:

Dopo l’iniziale recepimento la via burocratica seguita dalla Valutazione di Impatto Ambientale per diventare legge e – soprattutto – procedura rigida, affidabile e scientificamente rigorosa è stata molto più che tortuosa, ed è tuttora ben lontana dall’essere conclusa. Il principale problema riguardante questo tipo di ricerche è l’effettiva assenza dell’opzione “zero” (il suddetto do nothing), che nella realtà dei casi non viene mai applicata, trasformando lo studio in poco più che un giustificativo da allegare al progetto, al fine di permettere la sua realizzazione. L’eccessivo potere in mano ai committenti permette infatti di rendere tacitamente obbligata una valutazione positiva, imponendo la conferma della realizzabilità del progetto già nella scelta dei ricercatori impegnati nello studio, che ovviamente vengono trasformati in vassalli di chi propone l’opera in oggetto.” Questo è quanto purtroppo i movimenti territoriali verificano tutti i giorni quando hanno a che fare con proposte di impianti industriali, inceneritori, grandi opere come la TAV e i vari ecomostri.

Non sempre andavamo d’accordo, talora abbiamo avuto divergenze sia sull’interpretazione delle ricerche scientifiche che sulla tattica politica, ma la comune matrice di sinistra (Virginio si è sempre orgogliosamente dichiarato marxista) e la comune volontà di affrontare i gravissimi problemi ambientali che affliggono ogni territorio del Pianeta, ci ha sempre portati a cercare un punto di accordo e a stare dalla parte di chi subisce le pesanti conseguenze sul piano sociale ed ambientale di una globalizzazione capitalistica neoliberista.

Di lui ricordo soprattutto l’allegria e la voglia di scherzare, ma allo stesso tempo il grande impegno a denunciare ogni forma di sopraffazione verso le popolazioni e l’ambiente e a cercare soluzioni ai problemi sia ambientali che sociali.

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