Abbiamo scelto di dedicare gran parte di questo numero di “Altronovecento” al 1970, anno straordinariamente ricco di eventi, che segna l’inizio di quella fase da Giorgio Nebbia chiamata “primavera ecologica”. Un periodo mirabile perché sembrava finalmente condivisa da tutti la consapevolezza della gravità e profondità della crisi ecologica ed anche i governi ai massimi livelli, dal Presidente della potenza allora egemone nel mondo al Consiglio d’Europa, dichiaravano di voler porre mano seriamente a quello che veniva definito il più importante problema per il futuro dell’umanità. L’incanto di quella “magica” fase durò ben poco per cui dopo cinquant’anni i ragazzi di Fridays for future hanno dovuto riempire le piazze del mondo per rilanciare l’allarme sulle sorti del Pianeta e dunque del loro futuro. Idealmente è a questi ragazzi che vorremmo dedicare il nostro lavoro di riscoperta di quel meraviglioso 1970. Leggere i materiali allora prodotti, i documenti, le analisi, le proposte e i programmi da più parti avanzati, è molto utile sia per confrontarsi con le varie sfaccettature della questione ecologica ed anche con i diversi punti di vista che già allora emergevano, sia per scoprire come molte delle soluzioni che oggi vengono riproposte come novità erano già state suggerite a quei tempi. Giustamente questi giovani pretendono oggi un’inversione di rotta immediata, perché non rimane più tempo per salvare il Pianeta. E, purtroppo, potrebbero rischiare una profonda delusione di fronte alla possente inerzia del sistema oggi dominante nel mondo, ancor più di mezzo secolo fa, ed essere sopraffatti dallo scoramento. Confrontarsi, dunque, con quel passato può risultare di grande utilità, per acquisire innanzitutto maggiore consapevolezza sia della complessità dei problemi sia dei formidabili ostacoli che devono essere affrontati e superati. E’ indispensabile, allora, capire perché dopo cinquant’anni siamo ancora in questa situazione: lo è per chi, ormai anziano, è stato segnato nella sua esistenza da quel percorso, lo è per questi giovani che si affacciano oggi, sconcertati, su un mondo tanto devastato nell’insostituibile patrimonio naturale, ma anche nelle ferite inferte a tante popolazioni. Per questo ai documenti facciamo seguire corposi saggi che ci sembra possano introdurci in una valutazione critica di quanto è accaduto e delle ragioni profonde per cui la crisi ecologica appare oggi ancora un formidabile compito irrisolto per le nuove generazioni. Tutto ciò può essere d’aiuto per dotarci di strumenti quanto mai indispensabili: la conoscenza critica, il dialogo tra generazioni, la pazienza e la perseveranza necessarie per una battaglia di lunga lena, per un nuovo inizio, appunto.
E’ il senso del lavoro che noi offriamo in questo numero di “Altronovecento”, ma lo è anche di gran parte dell’opera di ricerca, di studio e di divulgazione scientifica che da almeno trent’anni svolge la Fondazione Luigi Micheletti, su impulso del compianto Giorgio Nebbia e del suo direttore Pier Paolo Poggio.