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Industria e ambiente nel Mezzogiorno contemporaneo: una riflessione collettiva

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Il bilanciamento difficile. Industria e ambiente a sud dal dopoguerra a oggi, a cura di Alfonso Conte e Giovanni Ferrarese, Brienza, Le Penseur Edizioni, 2020.

Come scrive Pietro Causarano nella Prefazione, questo libro “pur non parlando solo di industria ruota principalmente attorno ad essa e al lavoro industriale in relazione all’ambiente”. Il convegno da cui nasce, tenutosi a Potenza e Salerno nel luglio del 2018, si è posto infatti l’obiettivo di indagare il rapporto triangolare tra industria, lavoro e ambiente, partendo da una prospettiva meridionale.

Senza alcuna pretesa di sistematicità il volume contiene una rassegna di casi (alcuni particolarmente noti, altri meno) accomunati dalla latitudine e che restituiscono a pieno la complessa evoluzione temporale del rapporto tra sviluppo industriale e tutela ambientale in contesti socio-economici caratterizzati da elementi di arretratezza.

Nella seconda metà del Novecento – periodo non a caso preso come arco temporale di riferimento del volume – anche “i Sud del mondo” sono stati, in modi, forme e tempi diversi, ampiamente interessati da processi di sviluppo industriale. Nel Sud Italia la svolta impressa alle politiche per il Mezzogiorno dalla legge 634 del 1957 ha favorito la diffusione di poli industriali in tutte le regioni. Raffinerie e giganteschi impianti chimici e siderurgici sono stati disseminati sul territorio meridionale, anche in zone di grande pregio naturalistico o in territori a forte vocazione agricola. Per primo è toccato alla siderurgia che, sotto la forte spinta delle teorie della Svimez, ha fatto dello stabilimento Italsider di Taranto la punta di diamante delle nuove politiche meridionaliste, e poi alla chimica. Proprio nelle regioni meridionali i grandi gruppi chimici pubblici e privati hanno attuato una corsa sfrenata ad accaparrarsi, in alcuni casi mediante operazioni a dir poco spericolate, le ingenti risorse della Cassa per il Mezzogiorno.

Il binomio industria e lavoro, paradigmatico negli anni del boom, ha rappresentato per le comunità del Sud la speranza di liberarsi dall’atavica esigenza di emigrare e dalla precaria condizione di sottoccupazione agricola, favorendo scelte politiche e tecniche di natura “sviluppista” ampiamente condivise dalle popolazioni locali. Scelte che, evidentemente, contenevano già tutti i germi di un conflitto ambientale che poi sarebbe esploso in tutta la sua drammaticità, ma che allora parevano scontate per raggiungere la tanto agognata modernizzazione degli assetti economici e sociali del Mezzogiorno.

Un rapporto, quindi, – quello tra ambiente e industria – che il lavoro ha sbilanciato a favore della seconda e che solo il conflitto ambientale, esploso a partire dalla metà degli anni Settanta, ha cercato di ridefinire. Sono gli anni, peraltro, nei quali cresce l’attenzione pubblica verso i temi ambientali e le sigle ambientaliste nazionali vengono chiamate a giocare un ruolo di primo piano anche in questioni locali, come nel caso della localizzazione di uno stabilimento della Liquichimica nel Metapontino, la più importante pianura della Basilicata.

Ma come dimostra il caso emblematico di Taranto, oggetto di approfondimento in questo volume, o quello meno noto delle Fonderie Pisano di Salerno, la possibilità di bilanciare l’industria e i suoi posti di lavoro, con la tutela ambientale del territorio su cui insiste e che ne subisce quotidianamente l’impatto in termini di inquinamento o con gli effetti sulla salute delle popolazioni che lo vivono, è una questione ancora aperta. Anche per tale motivo si è prediletto un approccio pluridisciplinare.

Il contributo di più discipline, inoltre, allarga la prospettiva e stimola il dialogo conoscitivo, favorendo l’apertura di nuove piste di ricerca. In particolare, lo sguardo antropologico con la sua capacità di stare dentro l’indagine sociale apre al confronto con “altri Sud”, realtà di sviluppo ritardato o di sottosviluppo non europee e, allo stesso tempo, permette di indagare fenomeni ancora fuori dal raggio di azione degli storici, come ad esempio la conflittualità legata al ciclo della gestione dei rifiuti. Relativamente alla prima pista il volume si chiude con una sessione che contiene casi di studio extraeuropei. Il saggio di Elio Frescani, che la apre e funge da cerniera con la sessione precedente (interamente incentrata sul Mezzogiorno) analizza come un attore economico globale del peso dell’Eni, nel corso della sua storia, abbia trattato e comunicato all’esterno l’impatto ambientale delle sua attività di estrazione e di trasformazione di idrocarburi. Il saggio oltre ad offrire il punto di vista di un’azienda, seppur di stato, offre un interessante paragone tra il linguaggio e i sottostesti dei documentari aziendali realizzati per raccontare le iniziative del gruppo nel Mezzogiorno e quelli relativi alle attività nei paesi del Terzo Mondo. Segue poi un saggio interamente dedicato ai conflitti ambientali innescati dalle attività del Eni in Nigeria.

L’ultimo saggio più che chiudere il volume ha come obiettivo aprire nuovi campi e terreni di ricerca. Il fenomeno della deindustrializzazione, con i suoi pesanti effetti ambientali e sociali, sta diventando sempre più oggetto di indagine anche storica ma mentre si moltiplicano gli studi sulle aree deindustrializzate occidentali, minore attenzione, invece, riscuotono gli effetti, per alcuni aspetti ancora più drammatici, che i processi di dismissione industriale producono su contesti territoriali storicamente segnati da un minor grado di sviluppo economico.

Il volume inaugura MondoSud – Collana di Studi storici e sociali sull’età contemporanea, che individua proprio nel più generale rapporto tra ambiente e lavoro uno dei suoi interessi storiografici caratterizzanti.

Sommario dell’Opera

  • Elio Frescani, Un’industria non fredda? La politica ambientale dell’Eni attraverso la propaganda cinematografica (1950-1980)
  • Onofrio Bellifemine, Taranto tra progresso e ambiente: alle origini di una partita complessa
  • Antonio Santoro, Sviluppo petrolifero e conflitti ambientali. L’Eni nel disastro del Delta del Niger (1962-1985)
  • Diego Alhaique, Lotte per la salute nel Mezzogiorno: un’indagine nell’archivio dell’ex Centro ricerche e documentazione dei rischi e danni da lavoro, Crd (1974-1985)
  • Giovanni Casaletto, La CGIL di Basilicata dalle conquiste dei braccianti alle lotte per la salute negli ambienti di fabbrica
  • Giovanni Ferrarese, Ambiente o lavoro? La Liquichimica nel Metapontino (1973-1978)
  • Beatrice Benocci, Prima il lavoro! La percezione pubblica e sociale dell’impatto industriale sull’ambiente. Il caso delle Fonderie Pisano – la «piccola Ilva»
  • Lidia Greco, Taranto area sacrificale. Alla ricerca della giustizia ambientale tra scienza e politica
  • Sara Roncaglia, Le trasformazioni degli spazi industriali di Mumbai e i canti dei bardi, lok shahir, urbani
  • Enzo Vinicio Alliegro, Il ciclo dei rifiuti tra pratiche identitarie e processi di simbolizzazione. Problemi e prospettive per la ricerca antropologica
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