Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Introduzione a Luigi Piccioni, “Parchi naturali. Storia delle aree protette in Italia”, Il Mulino, Bologna 2023

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Nel 1984, in un dossier sui parchi del settimanale “Rinascita”, il responsabile del Partito comunista italiano per le questioni ambientali, Raffaele Misiti, proponeva un’originale distinzione[1]:

Sono almeno tre i punti di vista che si possono proporre per un’analisi dei diversi modelli di parco: il primo, che cerchi di far emergere da una sorta di immaginario collettivo le più frequenti rappresentazioni soggettive di parco; il secondo, che evidenzi le linee di tendenza e gli approcci prevalenti in materia di conservazione: questo è il punto di vista dal quale parte un’area dichiaratamente tecnico-scientifica; il terzo, infine, che esprima l’evoluzione degli orientamenti assunti in sede normativa e legislativa.

Misiti, che oltre ad essere dirigente di partito era un autorevole psicologo dirigente di ricerca al Cnr, metteva in questo modo l’accento su tre dimensioni della vita delle aree naturali protette che sono molto diverse tra loro ma strategiche in pari misura.

Da un lato c’è il ruolo che esse svolgono nell’immaginario collettivo delle società industrializzate: serbatoi di riconciliazione con la natura, di serenità e di salute ma al tempo stesso luoghi altamente spettacolari per la presenza di animali selvatici spesso rari e archetipici, per la maestosità del bosco o delle profondità marine, per i grandi silenzi, per gli sguardi ampi su paesaggi incontaminati o almeno apparentemente tali. Sin dalle loro origini – e sempre fino ad oggi – le immagini delle aree naturali protette diffuse dai mezzi di comunicazione e la loro frequentazione hanno nutrito i sogni di evasione e di bellezza di centinaia di milioni di abitanti delle città. I grandi servizi fotografici di “National Geographic” – e da noi di “Airone” nei suoi anni più fulgidi – sono stati tramiti esemplari di questo processo di fascinazione collettiva, ma potremmo passare mesi a catalogare i tanti “prodotti dell’ingegno” che da centocinquanta anni illustrano, magnificano, introducono alle bellezze e alle risorse delle aree protette ormai in tutti i paesi del mondo.

Ma le aree protette sono anche gestione di queste risorse, ci dice Misiti. Sono porzioni di territorio sottoposte a precise misure di tutela con organismi incaricati di far rispettare tali misure e di svolgere molti altri compiti. Tra questi Misiti citava soltanto la conservazione della natura ma nel corso del tempo l’evoluzione delle aree protette ha condotto in tutto il mondo a una stratificazione progressiva di finalità. Alla sorveglianza sull’integrità ambientale dell’area si sono via via aggiunte la ricerca scientifica, la gestione faunistica e boschiva, l’educazione ambientale, l’assistenza ai visitatori, la valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-antropologico. I parchi sono oggi anche tutte queste cose insieme e descriverli vuol dire non solo illustrare le loro bellezze e risorse naturali ma anche come esse vengono concretamente protette e valorizzate. Negli Stati Uniti, che restano per tanti motivi la Mecca delle aree protette, possiamo trovare due esempi notevoli di come è possibile raccontare questa seconda dimensione. Uno è la grande ricerca di Richard West Sellars che ha ricostruito il modo in cui dal 1872 fino alla fine del Novecento gli organismi di tutela e prima di tutto il National Park Service hanno gestito la protezione della natura e la sua valorizzazione nei parchi nazionali americani[2]. L’altro è l’epica e più volte ristampata guida ai parchi nazionali e ai monumenti naturali di Horace Albright e Frank J. Taylor del 1928 in cui l’illustrazione delle bellezze naturali dei vari parchi e quella del funzionamento del National Park Service sono abilmente intrecciate grazie alla parola del ranger, figura immersa nella natura fin quasi a confondervisi ma anche funzionario pubblico incaricato di vigilarla e di fare da interfaccia tra essa e il grande pubblico[3].

La terza dimensione elencata da Misiti è quella che emerge dalle norme nella loro evoluzione, cioè nei modi specifici in cui le aspirazioni nazionali e locali, le rivendicazioni dei movimenti ambientalisti, le richieste del mondo scientifico e le mediazioni della politica si traducono nelle leggi che hanno dato vita e identità alle singole aree protette o ai sistemi di aree protette. Qui la letteratura abbonda molto più che per le due dimensioni precedenti perché la produzione di normative e regolamenti è l’esito sempre provvisorio di un continuo proliferare di scontri, di alleanze, di progetti basati su interessi, aspettative e visioni diverse, spesso in conflitto tra loro. E si tratta libri, articoli, relazioni, rapporti che non solo illustrano ma propongono, interpretano, criticano al fine di consentire una corretta applicazione delle normative stesse ma anche per difenderle o modificarle. Addentrarsi in questa letteratura vuol dire quasi sempre entrare in un universo nitido e astratto, fatto soprattutto di concetti e sottili analisi che è agli antipodi di quello spettacolare e pulsante, immediato ed emotivo, delle grandi immagini a colori della natura selvaggia proposto dalle riviste, dalle guide e da tanti siti web.

Di fronte a questo contrasto viene da chiedersi, in certi momenti, se i due universi possano avere qualcosa di comune.

Naturalmente – come era implicito in quanto scriveva Misiti – tutte e tre le dimensioni sono ben intrecciate tra loro e, possiamo aggiungere, sono intrecciate ad altre ancora come ad esempio quella del rapporto psicologico e culturale ma anche politico ed economico tra le aree protette e chi le abita. Ma in un anno come il 2023 che assieme al 2022 è l’anno in cui si celebra il centenario delle aree protette italiane[4] ciò che ci si potrebbe aspettare da una ricostruzione storica è soprattutto un libro che sottolinei e celebri soprattutto la prima e in misura minore la seconda delle dimensioni indicate da Misiti e lasci sullo sfondo l’ultima, quella più politica e forse proprio per questo più astratta e tecnica. Che ci racconti insomma quali sono le aree protette italiane, quali tesori conservino, quando si è iniziato a conservarli e perché. Come via via si è proceduto per conservarli e quali sono stati gli ideatori e poi gli eroi di questa conservazione.

Ma la storia delle aree protette italiane diventerebbe oleografia da cartolina se non si provasse a coglierne tutte le dimensioni e se non si comprendesse che la progettazione, l’istituzione e quindi il governo di esse sono sempre stato il frutto di strategie, conflitti, alleanze tra attori via via diversi che hanno trovato e continuano a trovare nella produzione di leggi e regolamenti il punto di condensazione e di momentaneo equilibrio, il tutto in un contesto sociale, culturale e politico soggetto a trasformazioni costanti e spesso radicali. È questo l’impasto di elementi che, lungo l’arco di cento anni, si è cercato di rendere nella speranza che gli ingredienti ci siano tutti e siano adeguatamente miscelati[5].

Per una corretta comprensione del testo si tenga presente che le espressioni “parco”, “parco naturale”, “area protetta” e “riserva” sono utilizzate, al singolare o al plurale, come sinonimi, in modo intercambiabile. Diverso invece è il caso in cui la tipologia sia specificamente prevista da una legge e soprattutto dalla legge quadro sulle aree naturali protette[6] che individua e disciplina i parchi nazionali, le aree marine protette, le riserve naturali statali, i parchi regionali e le riserve regionali: questi tipi, tutti gestiti da soggetti pubblici, sono inclusi in apposito elenco ufficiale[7]. Le restanti aree protette, in genere di dimensioni limitate ma spesso di grande importanza naturalistica e culturale, sono costituite soprattutto dalle oasi naturali istituite da associazioni ambientaliste come Wwf, Lipu e Legambiente, dalle “aree wilderness” dell’ Associazione italiana per la wilderness, dalle “riserve della biosfera” del progetto Man and Biosphere dell’Unesco e da diversi tipi di riserve istituite da enti locali come ad esempio le “aree naturali protette di interesse locale” (Anpil) della Regione Toscana.

Occorre inoltre tener presente la distinzione, fondamentale per comprendere il fenomeno generale, tra le aree sottoposte a tutela che dispongono di organismi di gestione – quindi di regolamenti, personale, strutture e finanziamenti – e le aree non gestite, anche se previste da leggi o da convenzioni. Una parte delle aree protette non incluse nell’Elenco ufficiale non sono gestite, come non sono gestiti numerosi e spesso estesi territori che fanno parte della Rete Natura 2000, la grande rete europea di territori di pregio naturalistico istituita con la direttiva Habitat del 1992.

Mi sia concesso di esprimere la mia gratitudine a Giorgio Boscagli, Corradino Guacci, Giulio Ielardi, Ippolito Ostellino, Paolo Pigliacelli, Fulco Pratesi e soprattutto a Franco Pedrotti e a Carlo Alberto Graziani per la loro pazienza e generosa cortesia.


[1] R. Misiti, Dall’arcadia al post-moderno, “Rinascita”, 8.12.1984, p. 13.

[2] R.W. Sellars, Preserving Nature in the National Parks. A History, New Haven (Ct), Yale University Press, 1997. Un buon esempio europeo tra i tanti possibili è invece A. Selmi, Administrer la nature, Paris, Éditions de la Maison des sciences de l’homme- Éditions Quæ, 2006.

[3] H.M. Albright e F.J. Taylor, “Oh, Ranger!” A Book about the National Parks. Stanford (Ca), Stanford University Press, 1928. Il testo della prima edizione di quest’affascinante opera è disponibile dal 2004 in forma digitale sul sito del National Park Service: https://www.nps.gov/parkhistory/online_books/albright3/index.htm. Tutti gli indirizzi dei siti web contenuti nell’opera sono stati verificati il 10 gennaio 2023.

[4] Come vedremo meglio in seguito, nel dicembre del 1922 fu istituita la prima area naturale protetta italiana, il Parco nazionale del Gran Paradiso, mentre poche settimane dopo, all’inizio di gennaio del 1923, fu istituito il Parco nazionale d’Abruzzo.

[5] Per una trattazione più approfondita di molte vicende narrate in quest’opera si veda L. Piccioni, Cento anni di parchi. Scritti di storia delle aree protette italiane, Camerino, Università di Camerino, 2022.

[6] Questa importante legge, la cui storia sessantennale assorbe una grande parte di questo libro, è la n. 394 del 6.12.1991.

[7] L’Elenco ufficiale delle aree protette naturali italiane-Euap dovrebbe essere oggetto di revisione costante da parte del Ministero dell’ambiente ma in realtà è fermo al sesto aggiornamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010.

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