Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

La normativa a tutela della fauna

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Fondamentali all’emanazione di norme e alla crescita di un’opinione comune in favore della conservazione della natura e della sua fauna furono le scienze naturali, definitesi con l’affermarsi della teoria darwiniana e il conseguente decentramento dell’uomo nel contesto di una complessa rete ecosistemica. Da ciò le prime forme di pressione sociopolitica, poi sfociate nell’associazionismo ecologista che prese forma nell’alveo delle speculazioni filosofiche post-belliche del XX Sec.

A fine Ottocento, la pubblicazione del rivoluzionario On the Origin of Species[1]disvelò la specie umana quale elemento privo di sacralità, intrinseco ad un sistema ecologico complesso e casuale nella sua genesi e nella sua evoluzione. A seguito delle prime conseguenti osservazioni sistematiche delle attività umane, tra cui quelle che si andavano caratterizzando per una crescente meccanizzazione portatrice di importanti visibili effetti sull’ambiente, attraverso dati scientifici si sostanziano riflessioni politico-filosofiche in merito ai diritti ambientali, nonché a quelli delle sue innumerevoli componenti e se e come sia lecito l’agire della specie umana su di esse.

Nel 1889, nel Regno Unito, un gruppo di letterate molto prossime al movimento delle suffragette[2], e con intento supplettivo rispetto all’immobilismo degli ornitologi, maschi e fortemente legati agli ambienti venatori, fonda la Royal Society for the Protection of Birds in risposta alla moda del tempo che vedeva imperare l’uso decorativo dei piumaggi di uccelli selvatici non solo locali (soprattutto provenienti dalle colonie asiatiche) a totale discapito della loro protezione. Fu questa un’attività di pressione sulla politica del tempo e sull’opinione comune che portò all’emanazione, nel 1921, del divieto di importazione di piume in Gran Bretagna e, pochi anni dopo, l’istituzione della prima Riserva naturale inglese a protezione faunistica.

Già Abraham Lincoln, nel 1864[3], affinché

le sorgenti del fiume Yellowstone … (siano, N.d.A.) … riservate e ritirate da insediamenti, occupazione o vendita … e dedicate e adibite a parco pubblico o luogo di divertimento per il beneficio e il divertimento delle persone

portò alla protezione integrale delle Yosemite Valley e Mariposa Grove. Queste aree furono così sottratte alla speculazione privata, rappresentata soprattutto da cacciatori commercianti e imprenditori della colonizzazione dell’Ovest nordamericano, che stava portando al collasso intere specie selvatiche, incluse le popolazioni umane native, totemiche di quelle terre. Dalla protezione di queste due vallate, nel 1872 nascerà il Parco di Yellowstone, primo Parco naturale nazionale della storia mondiale.

Se fino al primo conflitto mondiale, cattura e commercio di animali selvatici e loro parti sono stati raramente oggetto di regolamentazione e, nel caso, esclusivamente per scopi utilitaristici di preservazione delle risorse da sfruttare, è solo dal primo dopoguerra che, perlomeno in Europa e Nord America, le associazioni scientifiche di conservazione naturalistica sono chiamate a fornire pareri sulle scelte legislative destinate alla gestione ambientale o sono direttamente impegnate in azioni di pressione politica o direttamente promotrici di norme di protezione ecologica.

Avviene a Glasgow la fondazione nel 1922 della BirdLife International. Un anno dopo, nel 1923, si ha la prima Conferenza internazionale sulla protezione della natura, tenutasi al Museo di Storia naturale di Parigi e organizzata da tre Società naturalistiche e di protezione degli animali[4].

Nell’ottobre del 1928, a Bruxelles viene istituito l’Office international de documentation et de corrélation pour la protection de la nature che, rimasto inattivo negli anni del secondo conflitto mondiale, è operativo nel 1945 come Unione Internazionale per la Protezione della Natura (IUPN). [NO] Organismo che nel 1956[5] si rinsalda post conflitto come IUCN International Union for Conservation of Nature and Natural Resources[6], cui l’Italia aderirà formalmente nel 1993, [NO] e che rappresenta ad oggi la massima autorità scientifica mondiale di studio e monitoraggio della conservazione delle specie selvatiche. Nel 1963, l’IUCN redigerà una risoluzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione, che nel 1973 sarà ridefinita come Convenzione CITES[7] che, adottata inizialmente da 80 Paesi, oggi è sottoscritta da 184.

Oltre Oceano, la crisi del 1929, connotata anche da una grave siccità che aggravò la situazione ecologica in cui versavano le pianure a foraggio del sud degli Stati Uniti – la cui iconica rappresentazione fu il Dust Bowl[8] -, risveglia negli USA l’interesse per la conservazione del capitale naturale. Con la presidenza Roosevelt, nel 1937 viene emanato il Wildlife Restoration Act[9], diretto alla protezione e alla implementazione degli ecosistemi naturali – anzitutto quelli umidi -, dell’aria e dell’acqua.

Da cittadini a consumatori: il boom demo-economico post-bellico, l’erosione naturalistica e la reazione ambientalista in Italia

Anche in Europa, così come negli Stati Uniti, successivamente al secondo conflitto mondiale, le iniziali forme di movimentismo a tutela dell’ecosistema, e specificatamente della fauna selvatica, si strutturano definitivamente in consociazioni di carattere nazionale e internazionale come reazione all’importante impatto sull’ambiente determinato dall’espansione industriale e agricola, conseguente al deflagrante accrescimento demografico umano.

In Italia, nel 1967 nasce il WWF Italia – emanazione del WWF Internazionale (1961) -, nel 1978 gli Amici della Terra – dalla federazione di associazioni Friends of the Earth (1971) da cui poi divenne autonoma – e nel 1980 Lega Ambiente.

Successivamente all’assetto geopolitico costituitosi dal secondo dopoguerra, si evidenzia la necessità di emanare ed omogenizzare normative valide per l’intero territorio nazionale e comunitario. Conseguentemente alla pressione esercitata dall’opinione pubblica, sollecitata dal movimento ecologista, si va verso una considerazione dell’ambiente e delle sue componenti come un tutt’uno da tutelare integralmente.

Si definisce così un primo periodo della legislazione ambientale italiana demarcato dall’anno 1986. Anno, peraltro, di emanazione della L.349[10] istitutiva del Ministero dell’Ambiente, che va così ad assumere il ruolo unico e centrale dell’organizzazione legislativa in materia ambientale fino ad allora settorializzata e “rimediale”[11].

L’influenza della Comunità europea sulla legislazione italiana

In questa fase di lex-remediation, dati gli effetti rapidamente devastanti dell’antropizzazione selvaggia del boom economico, vedono la luce alcune Convenzioni di carattere internazionale, sottoscritte anche dall’Italia. Fra queste la Convenzione di Ramsar[12] del 1971 Sulle zone umide di importanza internazionale, in particolare come habitat di uccelli acquatici. Le zone umide rappresentano gli ambienti più interessanti per la conservazione della vita e della biodiversità e, negli ultimi 70 anni, molte sono andate perdute. Si calcola che circa i 4/5 delle aree una volta coperte da stagni e paludi e le aree limitrofe siano state alterate dall’intervento antropico[13]. Il fenomeno è fatto risalire a prima dell’accelerazione data dal riscaldamento climatico ed è da ricondurre allo scopo di ricavare sempre più superfici da destinare per lo più a pratiche monocolturali di carattere ormai industriale[14],[15]. L’Intesa Ramsar, in realtà, tutela tutta la fauna presente nei siti protetti[16]. Con questo documento è fissato l’inizio della cooperazione internazionale a tutela dell’ambiente naturale e della fauna selvatica. Il trattato venne ratificato dall’Italia nel 1976 con DPR n.448[17].

L’anno precedente l’Italia ha già aderito alla Cites, con emanazione della Legge n. 874/1975[18].

A seguito di tale sollecitazione, gli Stati membri dell’Unione Europea adottano iniziative per la costituzione di una rete di riserve biogenetiche dove preservare e valorizzare le specifiche componenti ambientali, come le specie più rare di anfibi e rettili (Risoluzione n. 22/78 del 1979 Anfibi e Rettili minacciati in Europa[19]). Si giunge quindi, nel 1979, all’emanazione della Convention on the conservation of European wildlife and natural habitats, nota come Convenzione di Berna[20]. Con essa si intende promuovere azioni di tutela della flora e della fauna, prevedendo per gli Stati aderenti l’adozione di provvedimenti uniformi di programmazione per l’uso, il recupero, il risanamento, la conservazione delle risorse ed indirizzare le politiche nazionali verso attività di gestione, conservazione e tutela delle risorse naturali, con particolare riferimento agli habitat delle specie selvatiche, anzitutto di quelle endemiche, in pericolo di estinzione o vulnerabili ed alle necessarie azioni di educazione, informazione e divulgazione. Oltre a questi indirizzi normativi di carattere generale, alla Convenzione si accompagnano elenchi di specie di flora e di fauna selvatiche da ritenersi integralmente protette. In Allegato I e II vengono elencate le specie floristiche e faunistiche verso le quali gli Stati firmatari devono rigorosamente vietare qualsiasi forma di cattura, detenzione e uccisione intenzionali, nonché qualsiasi attività umana che comporti molestia alle specie elencate, il deterioramento o la distruzione dei loro siti di riproduzione e riposo. Di tali specie vive, morte o imbalsamate e delle loro parti o prodotti, ne viene proibita la detenzione e il commercio. Nell’Allegato III sono elencate le specie di fauna per le quali gli Stati firmatari devono attivare regolamenti diretti a garantirne la sopravvivenza con particolare riferimento ad una adeguata durata del periodo di chiusura della caccia, alla disciplina del commercio e detenzione e la necessità di introdurre divieti temporanei di sfruttamento nei casi in cui si renda necessario recuperare un’adeguata densità di popolazione. Nelle ipotesi di cattura o di uccisione delle specie consentite, la Convenzione vieta di usare mezzi non selettivi o nocivi per la consistenza delle popolazioni animali o per la tranquillità delle loro condizioni di vita. In Allegato IV sono elencati mezzi e metodi di uccisione, cattura ed altre forme di sfruttamento vietati: reti, trappole, esche, veleni o tranquillanti, armi automatiche o semiautomatiche con caricatore dotato di più di due cartucce. La deroga ai principi espressi con la Convenzione è permessa solo in presenza di alcuni presupposti espressi da esigenze di protezione ambientale o di specie animali e vegetali, di tutela dell’agricoltura, della zootecnia e di pubblica sicurezza. Tali deroghe devono essere notificate periodicamente dalle parti contraenti al Comitato permanente, organo preposto all’attività di vigilanza e verifica sull’applicazione della Convenzione. L’Intesa regolamenta anche il modo di sanare le eventuali dispute fra le parti contraenti, prevedendo in ultima ratio, l’arbitrato da parte della Corte Europea per i Diritti Umani dell’Aja. In Italia la sua ratifica è stata convertita in Legge n.503 nel 1981[21].

Sempre nel 1979, il Consiglio della Comunità Economica Europea emana la Direttiva Uccelli[22], sostituita nel 1991 e nel 1994 da dettati successivi senza comunque subirne sostanziali alterazioni. La Direttiva ribadisce la necessità di operare comunemente ai fini della tutela ambientale, soprattutto per quanto attiene alle specie di uccelli, che sono un patrimonio comune e migrando rappresentano un argomento ambientale caratteristicamente transnazionale. La disposizione si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e ai loro habitat, per i quali si prevede anche il ripristino in caso di distruzione o danneggiamento. Il recepimento della Direttiva Uccelli avviene in Italia con l’emanazione della Legge n.157/1992[23].

Risalente al 1979 è anche la Convenzione di Bonn[24] Per la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica, in Italia convertita in Legge n.42 nel 1983[25]. Con essa si rafforza ulteriormente l’idea sulla necessità di concordare azioni comuni tra gli Stati, estendendo la tutela a tutta la fauna migratoria non solo volatrice. Con essa si vanno a tutelare così anche i chirotteri e tutta la fauna terrestre e marina che effettua migrazioni periodiche. È una convenzione dalla prospettiva e dal coinvolgimento globale, che sostiene l’adozione di accordi e trattati tra le parti, connesse da presenze faunistiche non stanziali. La Conferenza delle Parti istituisce un Consiglio scientifico di consultazione che monitora lo status di conservazione delle specie e fornisce pareri in merito alla loro salvaguardia.

Con l’emanazione della L.30 del 1979[26], l’Italia ratifica la Convenzione di Barcellona[27] sulla protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento, poi modificata in Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo, ampliando l’ambito di applicazione ad includere le acque marine interne del Mediterraneo e le aree costiere. Con tale Trattato ai Paesi firmatari viene richiesto di sviluppare strategie specifiche per la conservazione della diversità biologica e l’uso sostenibile delle risorse marine mediterranee. Nel preambolo del Protocol concerning Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean[28] è espressa la consapevolezza che le rapide alterazioni ecologiche e la perdita della diversità biologica anche acquatica – marina specificatamente – sono conseguenti all’azione antropica cui va posto limite e rimedio.

Nel 1980 un Decreto del Ministero per la Marina Mercantile[29], stabilì il divieto di cattura, trasporto, commercio e detenzione di tutti i cetacei. Fu così abrogata la possibilità di catturare delfini, storioni e tutte le tartarughe marine presenti nel Mediterraneo.

È del 1982 la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare[30], nota come Convenzione di Montego Bay, ratificata dall’Italia con Legge n. 689 del 2 dicembre 1994[31]. Le Parti sottoscrissero l’Accordo nel 1994[32]

  • RICONOSCENDO l’importante contributo della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 (d’ora in poi «la convenzione») al mantenimento della pace, alla giustizia e al progresso di tutti i popoli del mondo,
  • CONFERMANDO che i fondi marini ed oceanici ed il loro sottosuolo oltre i limiti della giurisdizione statale (d’ora in poi «l’Area»), come anche le risorse dell’Area sono patrimonio comune dell’umanità,
  • CONSAPEVOLI dell’importanza della convenzione per quanto riguarda la protezione e la preservazione dell’ambiente marino e del crescente interesse per l’ambiente mondiale

ciò a protezione del Mare, dei suoi fondali, delle sue biocenosi, della sua centralità e rilevanza storica per la specie umana e la sua evoluzione anche culturale.

È del 1992 la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo, nota come Conferenza di Rio[33]. È il primo summit mondiale tra capi di Stato che porta al centro dei dibattiti politici l’ambiente al pari e correlatamente allo sviluppo socioeconomico e che pone il Principio di Precauzione alla base del Diritto ambientale. Dal meeting, passato alla storia come Summit della Terra, le parti ne uscirono avendo redatto l’Agenda 21 sullo sviluppo sostenibile[34], la Dichiarazione di Rio[35] e quella sulla gestione sostenibile delle foreste[36]. L’Italia ratificò la Convenzione con L.124/1994[37].

Certi della necessità di tutelare l’ecosistema come risultato dell’unione di diverse componenti è emanata la Dichiarazione di Sofia[38], sottoscritta nel 1995 dai Ministri dell’Ambiente del Consiglio d’Europa, che porta il titolo di Pan European Strategy for biological and Landscape diversity strategy, con la quale viene avviato il Programma ECONET per la formulazione di una strategia di conservazione paneuropea con prospettiva di durata fino al 2016

La sfida principale che la Strategia paneuropea per la diversità biologica e paesaggistica deve affrontare è quella di incoraggiare la conservazione e l’uso sostenibile dell’ambiente naturale (…) valutando i punti di forza e di debolezza delle iniziative esistenti (…).

La strategia incoraggia un uso più concertato e quindi più efficiente delle politiche, delle iniziative, dei fondi, della ricerca scientifica e delle informazioni esistenti, dei meccanismi (d’azione, N.d.A.), dei fondi (…) dell’informazione per mantenere e valorizzare la diversità biologica e paesaggistica europea.

La sfida principale che la Strategia (…) deve affrontare è quella di incoraggiare la conservazione e l’uso sostenibile dell’ambiente naturale. Lo sfruttamento dell’ambiente naturale è la causa principale del deterioramento della diversità biologica e paesaggistica. (…)

A distanza di anni, il Consiglio d’Europa tira le somme sull’applicazione delle Direttive sino ad allora emanate[39]. L’obiettivo dei successivi incontri intergovernativi continua a vertere sulla ricognizione dello status ecologico continentale e sulla necessità di consolidare una coerente rete ecologica transnazionale.

Fra i più importanti atti orientativi comunitari che vengono deliberati vi è la DirettivaHABITAT” 92/43/CEE[40]. L’Italia la ratifica nel 1997 con DPR n.357[41], poi modificato e integrato dal DPR n.120/2003[42].

Insieme alla Direttiva Uccelli, essa costituisce il pilastro delle strategie europee di conservazione della biodiversità e dell’ecosistema[43].

La Direttiva designa speciali zone di conservazione integrate nella Rete Natura 2000[44]. Ogni area deve essere mantenuta intatta ai fini della conservazione delle specie faunistiche e botaniche per cui vengono individuate le Zone Speciali di Conservazione che affiancano le Zone di Protezione Speciale individuate dall’applicazione della Direttiva Uccelli.

Anche questa Disposizione sostiene l’incremento della ricerca, ribadendo l’importanza dell’educazione ambientale e si completa di alcuni Allegati. L’Allegato I è l’elenco dei tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione. L’Allegato II è l’elenco delle specie animali e vegetali d’interesse comunitario – specie prioritarie – la cui conservazione richiede l’istituzione di zone speciali. In Allegato III sono riportati i criteri di selezione dei siti atti ad essere individuati quali SIC – Siti di Importanza Comunitaria e designati come Zone Speciali di Conservazione. In Allegato IV si elencano le specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono protezione rigorosa. L’Allegato V elenca le specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo in natura e/o il cui sfruttamento potrebbe costituire oggetto di speciali misure gestionali.

Recentemente, il 5 marzo 2023, le Nazioni Unite hanno concluso un iter durato anni, caratterizzato da discussioni e ripensamenti, finalizzato ad avviare di fatto, sebbene ancora di là da venire, processi di protezione degli ecosistemi marini e delle acque oceaniche non ricadenti tra i confini delle acque territoriali. Considerato che il 70% della superficie terrestre è coperto d’acqua, con il Trattato sull’Alto Mare[45] significa adire alla difesa di circa il 43% dell’intera superficie terrestre e fa seguito a quanto concluso con la COP 15 svoltasi a Montreal nel dicembre 2022[46]. Con l’Accordo Quadro Globale per la Biodiversità Kunming-Montreal le parti hanno raggiunto l’intesa di proteggere entro il 2030 almeno il 30% della superficie terrestre, riabilitarne un ulteriore 30%, adire alla riduzione di pesticidi e fertilizzanti ripristinando i naturali processi di soil renovation, ridurre i sussidi governativi ecologicamente insostenibili, incrementare il ruolo delle comunità indigene umane nella protezione dell’ecosistema.

La tutela delle specie animali si allarga oltre le specie selvatiche

Fino ad oggi, salvo particolari editti normativi statali o locali, le Direttive comunitarie o gli Accordi internazionali hanno ribadito la necessità di tutelare l’ecosistema e le sue specie selvatiche con riferimento particolare e pressoché esclusivo a quelle fragili e in pericolo di estinzione.

Non sono però mancati interventi governativi statali o regionali ad ampliare l’alveo della difesa della biodiversità.

In Italia, esempio di lungimiranza fu l’emanazione della Legge Regionale lombarda n.33 del 1977[47] Provvedimenti in materia di tutela ambientale ed ecologica, con la quale si avviavano prescrizioni di tutela di geotipi e biotopi, ambienti lacustri e fluviali, tutela della fauna (definita “minore” – Titolo IV) e della flora spontanea, normando la raccolta dei prodotti del bosco e di particolari gruppi faunistici catturati a scopo edibile, indicandone infine un sanzionatorio. Fu questa prodroma di tutte le normative regionali deliberate successivamente da altre Regioni italiane. La norma fu poi abrogata e sostituita dalla L.R. n.10/2008[48] Disposizioni per la tutela e la conservazione della piccola fauna, della flora e della vegetazione spontanea dove, già nel titolo, l’aggettivo “piccola” sostituisce “minore” mettendo in evidenza una conquista sul piano della considerazione e dell’importanza paritaria di tutte le specie faunistiche nel complesso ecosistemico, ma anche del riconoscimento da parte del legislatore di un avvenuto cambio culturale nella società.

Se fino alla seconda metà degli anni Settanta, in Italia la fauna selvatica era considerata come res nullius. Con l’emanazione della Legge n.968 del 1977[49] Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia lo status giuridico della fauna cambia radicalmente. Sebbene il legislatore non intenda porre fine ad una attività di sussistenza ormai orfana di tale funzione, all’art.1 si sancisce che “la fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale”: non più quindi proprietà di nessuno e lasciata alla mercé di pochi, ma riconosciuta bene patrimoniale di tutti i cittadini.

In ambito nazionale l’approccio al management e alla coabitazione con le specie faunistiche selvatiche è ben chiarito dall’emanazione della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 e s.m.i.Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio“, che torna ad imbullonare la gestione faunistica agli ambienti venatori, generando un vero e proprio cortocircuito manageriale.

La Legge 968/77 e la consecutiva L.157/1992, pur parlando nel titolo genericamente di fauna vertebrata, tengono in considerazione solo mammiferi ed uccelli di interesse venatorio, ignorando sistematicamente invertebrati, rettili, anfibi, pesci, chirotteri, oltre ai mammiferi e agli uccelli non cacciabili. L’articolo successivo esplicita, inoltre, che dai provvedimenti di tutela rimangono esclusi anche alcuni mammiferi, come le talpe, i ratti, i topi propriamente detti e le arvicole, le quali non godono di alcun tipo di salvaguardia, obliando che fra questi taxa si hanno specie non parassitarie e seriamente minacciate di estinzione o con uno status popolazionale sconosciuto[50]. A questo proposito, l’applicazione recente di sofisticate tecniche di indagine genetica alla ricerca naturalistica ha stravolto la nomenclatura tassonomica ma soprattutto ha svelato una diversità genetica invisibile agli occhi e che obbligherebbe, anche in virtù del principio di precauzione, così come previsto dalla Dichiarazione di Rio, ad una deliberazione definitiva riguardo alla salvaguardia di ogni gruppo faunistico e al divieto di operare interventi sulle comunità faunistiche se non da parte di personale altamente qualificato ed esperto e solo dopo monitoraggio pre e post operam. Lo status in cui vengono relegati questi taxa consente l’uso di trappole e veleni non selettivi da parte di chiunque e la libera vendita di sostanze pericolose anche per l’incolumità umana. Argomento questo che dovrà necessariamente essere oggetto di intervento regolatore.

L’assenza di tutela su componenti faunistiche che risultino di “scarsa rilevanza o nocive” per quanti, inclusi i parlamentari, non siano in possesso di adeguate conoscenze in materia ecologica, ne determina la mancata difesa anche, ad esempio, in quanto prede di altri gruppi faunistici paradossalmente soggetti all’interessamento protettivo dello stesso legislatore o in quanto selettivi predatori a loro volta di gruppi faunistici.

Dato l’incremento vertiginoso del commercio di animali da Paesi terzi, privi di qualsiasi normativa e regolamentazione sul prelievo in natura delle specie o solo recentemente recettori di un apparato regolamentativo internazionale, e dato l’enorme incremento mondiale del mercato di pets “non convenzionali”, si sono rese necessarie alcune limitazioni o divieti commerciali e di allevamento per alcune specie conosciute di rettili e mammiferi. Sulla base del recepimento della CITES, il Italia viene infatti emanata la Legge n. 150 del 1992[51] Disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica, seguita da Decreto Ministeriale del 19.04.1996[52] Elenco delle specie animali che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica e di cui è proibita la detenzione. Con questi provvedimenti normativi si va a limitare la tratta di animali e la possibilità che questi possano causare, se gestiti in modo improprio o inconsapevole, lesioni ai loro detentori.

Animali domestici e domesticati

L’estendersi nelle società umane di una maggiore sensibilità anche verso specie animali domestiche o addomesticate e al riconoscimento in ogni animale di un individuo portatore in sé di interesse e di diritti, ha portato all’emanazione di dettati normativi in tal senso.

In Italia, per cautelare in realtà il sentimento di pietà delle persone, ma non il diritto di ogni animale a non essere sottoposto a maltrattamenti, fu già il Regio Decreto 19 ottobre 1930 n. 1398[53] Approvazione del testo definitivo del Codice Penale. Con esso l’offesa verso gli animali diventa reato punibile penalmente. Ne derivò l’Art. 544 ter[54] Dei delitti contro il sentimento per gli animali, che la Legge 189 del 20 luglio 2004[55] Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate dettaglia riguardo anche a fenomeni di conclamato, oggettivo maltrattamento come i combattimenti e le competizioni tra animali, le manifestazioni che comportino strazio o sevizie verso gli animali, ascrivendovi anche l’inosservanza lesiva delle caratteristiche etologiche della specie.

Nel 1987 venne emanata la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia[56], recepita in Italia con Legge n. 201 solo nel 2010[57], che recita

Ciascuna Parte si impegna a prendere i necessari provvedimenti per conferire effetto alle disposizioni della presente Convenzione per quanto riguarda: gli animali da compagnia tenuti da una persona fisica o morale in qualsiasi alloggio domestico, o istituto per il commercio, l’allevamento e la custodia a fini commerciali di tali animali, nonché in ogni rifugio per animali.

includendo nel suo tracciato qualsiasi animale detenuto per diletto o allevato o commercializzato a scopo di lucro. Ed è con il Regolamento (UE) 2016/429[58] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016 in materia di commercio, importazione, conservazione di animali della fauna selvatica ed esotica e formazione per operatori e professionisti degli animali, anche al fine di ridurre il rischio di focolai di zoonosi, nonché l’introduzione di norme penali volte a punire il commercio illegale di specie protette che anche invertebrati, rettili, anfibi, pesci ed altri animali acquatici “ornamentali”, nonché conigli e roditori non destinati al consumo alimentare entrano ufficialmente a far parte della definizione di animale domestico.

Ed è proprio in questa costante specifica sul destino degli animali, inclusi o esclusi dal possedere o meno diritti in sé, che si continua a giocare la partita finché non arriverà il giorno in cui non sarà più possibile effettuare alcun distinguo. Sarà quello il momento in cui le istanze antropocentriste lasceranno definitivamente il passo a quelle biocentriste[59]. Fintanto che si resterà convinti della necessità di mantenere un sistema produttivo basato sullo sfruttamento intensivo dei viventi – umani e non – non si potrà far altro che tendere a limitarne l’abuso, come ad esempio con la Direttiva 1999/74/CE[60] che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole o la Direttiva 2008/120/CE[61] (norme minime per la protezione dei suini), con ciò paradossalmente riconoscendo le condizioni insostenibili di vita di questi animali e contestualmente fornendo al mercato strumenti giuridici per non trasformarsi.

A tal proposito, già il Trattato di Lisbona[62], sul funzionamento dell’Unione europea le parti contraenti riconoscevano che tutti gli animali, a prescindere dal loro destino, sono esseri senzienti 

Articolo 13. Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.

Per quanto attiene all’ambito della ricerca scientifica con animali, l’Europa si dota della Direttiva Europea n. 63 del 2010[63] sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, che rielabora e sostituisce la precedente Direttiva 1986/609 CEE[64].

Dopo anni di istanze provenienti prevalentemente dagli ambiti universitari, rispecchianti le evoluzioni morali del contesto sociale e le denunce rivolte soprattutto all’obbligo di sperimentazione animale anche per il settore cosmetico, è emanata la Legge 12 Ottobre 1993 n. 413[65] Norme sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, che di fatto avvalora l’obbligatorietà di tutelare il sentimento di pietà espresso nella L.189/2004, indirettamente assimilando a maltrattamento le pratiche cui sono sottoposti gli animali in tali occasioni.

Nel 2009, con Regolamento CE n. 1223[66], è fatto divieto di sperimentazione animale delle sostanze destinate alla produzione di prodotti cosmetici e ad essi assimilabili, nonché degli stessi prodotti finiti.

Con la Direttiva 2010/63/UE[67] sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici si introduce il principio delle tre R: replacement con metodi alternativi al modello animale, reduction degli animali utilizzati e refinement ad esclusione di ripetizioni inutili dei test.

Biodiversità e dettati costituzionali

Se in Europa già da qualche decennio hanno inserito nella loro Costituzione la salvaguardia e il rispetto della natura (Belgio, Francia, Finlandia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Norvegia) l’Italia arriva l’8 febbraio 2022 ad includere ambiente, biodiversità ed ecosistemi esplicitamente nel dettato costituzionale italiano con modifiche agli articoli 9 e 41 della Carta  

Articolo 9. La Repubblica (…) Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

L’articolo 9 forma parte dei primi articoli costituzionali che descrivono i Principi Fondamentali su cui si basa il dettato.

All’articolo 41 l’iniziativa imprenditoriale viene esplicitamente assoggettata al rispetto dell’ambiente.

Articolo 41. L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

È bene chiarire che per “ambiente” si intende lo spazio entro cui si svolge la vita della specie umana, includendovi l’aria, l’acqua, il suolo ma non il resto delle componenti ecosistemiche viventi. Il concetto antropocentrato di ambiente salubre non considera necessaria la presenza in buona salute di tutte le specie che compongono l’ecosistema. Un ambiente salubre così inteso è quello dove l’inquinamento atmosferico e idrico sono adeguati a non causare patologie, soprattutto fisiologiche, alla specie umana. È un concetto, così come usualmente considerato, fallace, che andrebbe rivisto alla luce delle conoscenze scientifiche riguardanti il funzionamento di un sistema strutturalmente complesso e fragile.

La biodiversità naturale è intesa come l’insieme di tutte le specie e varietà viventi presenti sul pianeta terra: da piante e animali fino ai procarioti.

Per ecosistema, invece, si intende l’insieme interconesso di tutto quanto è vivente e non vivente. L’ambiente proprio della specie umana – la città, la campagna meccanizzata – si colloca necessariamente all’interno dell’ecosistema, mentre l’ecosistema esiste prescindendo dall’ambiente antropico.

Con la formulazione di tali principi è però sancito l’interesse nazionale e la responsabilità dello Stato nella garanzia della loro applicazione e nella titolarità gestionale di tutti i settori ecosistemici.

È ancora troppo presto per vedere in quale modo tali principi troveranno effettiva applicazione, soprattutto su temi “caldi” ed attuali come le emissioni inquinanti o il danneggiamento o l’eliminazione diretta, per interessi commerciali o ludiche, di specie animali.

Dall’effettiva applicazione dei provvedimenti normativi e dei dettati comunitari restano comunque ancora fondamentalmente escluse le specie allevate ed utilizzate nel settore agricolo, industriale o della ricerca scientifica. Ciò anche poiché gli animali vengono a trovarsi in luoghi esclusi dalla possibilità di controllo sociale e, pertanto, di conseguenti azioni di pressione collettiva a pretesa di cambiamento. Funzione di reporters di quanto accade in luoghi chiusi da muri, come nel caso eclatante di allevamenti e mattatoi, sono le associazioni ecologiste che includono nei loro obiettivi di lavoro anche le specie animali non selvatiche e comunque soggette a mercificazione a fondamento di un sistema produttivo-finanziario rovinante lato sensu. È comunque questo un sistema economico in via di costante rinnovamento, capacità che lo rende trionfante e solido, in grado di intercettare e far proprie istanze anche morali ormai in via di irrobustimento nella società. È un sistema produttivo che paradossalmente spesso anticipa il legislatore, ponendolo quotidianamente sotto pressione, scontrandosi tuttavia a volte con il conservatorismo di quest’ultimo.

Il rischio è di vedere dominare, anche in tema di protezione legislativa dell’ecosistema e della fauna in genere, l’interesse economico su quello morale di viventi e ambiente.


[1] Darwin C., 1859. On the Origin of Species. John Murray, London.

[2] Donovan J., Diritti animali e teoria femminista. Cenni sull’intersezionalità tra istanze protofemministe e protoanimalismo.  https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n23/Dep_08.pdf. DEP Deportate, Esuli, Profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile. N. 23, 07/2013 – Femminismo e questione animale. Pp.: 100-122.

[3] Act Establishing Yellowstone National Park (1872). https://www.archives.gov/milestone-documents/act-establishing-yellowstone-national-park#:~:text=Yellowstone%20became%20the%20first%20Federally,aware%20of%20its%20western%20lands.

[4] International Conference on Nature Reserves. Nature 112, 115–116 (1923). https://doi.org/10.1038/112115b0 https://www.nature.com/articles/112115b0

[5] UIA – Global Civil Society Database. https://uia.org/s/or/en/1100033055

[6]International Union for the Conservation of Nature: “Obiettivi: Influenzare, incoraggiare e assistere le società di tutto il mondo per preservare l’integrità e la diversità della natura e garantire che qualsiasi uso delle risorse naturali sia equo ed ecologicamente sostenibile;sviluppare e sostenere la scienza della conservazione all’avanguardia, in particolare nelle specie, negli ecosistemi e nella biodiversità e l’impatto che questi hanno sui mezzi di sussistenza umani”. http://www.iucn.it/

[7] https://cites.org/eng

[8] Dust bowl: lunga fase che interessò le sterminate pianure meridionali statunitensi, caratterizzata da immani tempeste di sabbia proveniente dai suoli agricoli ormai desertificati a causa di un’agricoltura estensiva ed intensiva destinata alla produzione di foraggio e prodotti di origine animale, che portò alla rovina e all’esodo verso le città milioni di persone e loro famiglie impiegate nel settore primario. https://fdr.blogs.archives.gov/2018/06/20/fdr-and-the-dust-bowl/ https://www.pbslearningmedia.org/resource/ecological-disaster-ken-burns-dust-bowl/ken-burns-the-dust-bowl/ https://www.history.com/topics/great-depression/dust-bowl

[9]The Wildlife Restoration Act of 1937. History, Art and Archives United States House of Representatives. https://history.house.gov/Historical-Highlights/1901-1950/The-Wildlife-Restoration-Act-of-1937/

[10] https://www.mite.gov.it/sites/default/files/legge_08_07_1986_349.pdf

[11]Fonderico F. L’Evoluzione della Legislazione ambientale. Relazione al Convegno della Fondazione Einaudi “La tutela ambientale venti anni dopo l’istituzione del Ministero dell’ambiente”, Palazzo Giustiniani, 12 febbraio 2007. http://www.giuristiambientali.it/documenti/20071016_AM.pdf

[12] https://www.ramsar.org/about-the-convention-on-wetlands-0

[13] Capone D. e Mercone M., 1998. Diritto ambientale. Manuale teorico-pratico. Edizioni Scientifiche Italiane.

[14] Gaud S. W., 1969. The Current Effect of the American Aid Program. The ANNALS of the American Academy of Political and Social Science. Volume 384 Issue 1.

http://www.agbioworld.org/biotech-info/topics/borlaug/borlaug-green.html

[15] Verhoeven J.T., Setter T.L. Agricultural use of wetlands: opportunities and limitations. Ann Bot. 2010 Jan;105(1):155-63. doi: 10.1093/aob/mcp172. PMID: 19700447; PMCID: PMC2794053.

[16]57 in Italia ad ottobre 2022. Fonte MiTE: https://www.mite.gov.it/pagina/elenco-delle-zone-umide

[17] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:presidente.repubblica:decreto:1976-03-13;448

[18] https://www.mite.gov.it/normative/l-19-dicembre-1975-n-874-ratifica-ed-esecuzione-della-convenzione-sul-commercio

[19] COE – Council of Europe. Thematic Group of Experts. Group of Experts on the Conservation of Amphibians and Reptiles (including marine turtles). https://www.coe.int/en/web/bern-convention/conservation-of-amphibians-and-reptiles; https://search.coe.int/cm/Pages/result_details.aspx?ObjectID=09000016804de893.

[20] COE – Council of Europe. Bern Convention. https://www.coe.int/en/web/bern-convention/home.

[21]L.5 agosto 1981, n. 503. Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, con allegati, adottata a Berna il 19 settembre 1979. https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1981-08-05;503.

[22]n.79/409/CEE. https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:1979:103:0001:0018:IT:PDF.

[23] Https://www.mase.gov.it/pagina/direttiva-uccelli#:~:text=Il%20recepimento%20in%20Italia%20della,157%20dell’11%20febbraio%201992.

[24]Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals. https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita/convenzioni-e-accordi-multilaterali/convenzione-sulle-specie-migratorie

[25] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1983-01-25;42

[26] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1979-01-25;30

[27]https://eur-lex.europa.eu/eli/convention/1977/585/oj

[28] https://www.mite.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversita/protocollo_ASP.pdf

[29] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/1980/06/09/156/sg/pdf

[30] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/LSU/?uri=CELEX:21998A0623(01)

[31] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1994/12/19/094G0717/sg

[32] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A21994A0820%2801%29

[33]https://www.are.admin.ch/are/it/home/sviluppo-sostenibile/politica-sostenibilita/agenda2030/onu-_-le-pietre-miliari-dello-sviluppo- sostenibile/ 1992–conferenza-delle-nazioni-unite-su-ambiente-e-sviluppo–ver.html

[34]https://sustainabledevelopment.un.org/outcomedocuments/agenda21

[35]https://www.isprambiente.gov.it/files/agenda21/1992-dichiarazione-rio.pdf

[36]https://digitallibrary.un.org/record/144461

[37]https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1994/02/23/094G0139/sg

[38]https://www.cbd.int/doc/nbsap/rbsap/peblds-rbsap.pdf

[39] https://ec.europa.eu/environment/nature/info/pubs/docs/others/focus_it.pdf

[40]https://ec.europa.eu/environment/nature/legislation/habitatsdirective/index_en.htm; https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1992L0043:20070101:IT:PDF

[41] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:1997-09-08;357

[42]https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2003-03-12;120

[43]https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita/normativa/europea/direttiva-92-43-cee-del-consiglio-del-21-maggio-1992-relativa-alla -conservazione-degli-habitat-naturali-e-seminaturali-e-della-flora-e-della-fauna-selvatiche

[44]https://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/

[45] https://www.un.org/bbnj/sites/www.un.org.bbnj/files/draft_agreement_advanced_unedited_for_posting_v1.pdf

[46]https://www.cbd.int/article/cop15-final-text-kunming-montreal-gbf-221222

[47]http://www.orobievive.net/9_legislazione/LR%2033.pdf

[48]https://www.gazzettaufficiale.it/atto/regioni/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2009-01-10&atto.codiceRedaz ionale=008R0549

[49]https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1978/01/04/077U0968/sg

[50] http://www.iucn.it/

[51] https://www.mite.gov.it/sites/default/files/archivio/normativa/legge_07_02_1992_150.pdf

[52] https://www.mite.gov.it/sites/default/files/archivio/normativa/dim_19_04_1996_aggiornato_2001.pdf

[53] https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=19578:c-p&catid=5&Itemid=137

[54] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.versione=2&art.idGruppo=50&art.flagTipoArticolo=1&art.codiceReda zionale=030U1398&art.idArticolo=544&art.idSottoArticolo=3&art.idSottoArticolo1=10&art.dataPubblicazioneGazzetta=1930-10-26&art.progressivo=0

[55] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2004/07/31/004G0217/sg

[56]https://fedlex.data.admin.ch/filestore/fedlex.data.admin.ch/eli/cc/1994/919_919_919/20170810/it/pdf-a/fedlex-data-admin-ch-eli-cc-1994-

919_919_919-20170810-it-pdf-a.pdf

[57] https://leg16.camera.it/561?appro=528

[58]https://www.anmvioggi.it/images/IMMAGINE/ALLEGATO_1_ANIMALI_DA_COMPAGNIA_REG_UE_2016_429.pdf

[59] Rescigno F. I diritti animali nella prospettiva contemporanea: l’antispecismo giuridico e la soggettività animale https://romatrepress.uniroma3.it/wp-content/uploads/2020/06/33.idir-resc.pdf

[60] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A31999L0074

[61] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32008L0120

[62] https://elearning.unipd.it/spgi/pluginfile.php/175595/mod_resource/content/0/1957%20-%20%28gi%C3%A0%20trattato%20CEE%29%2 0oggi%20vigente%20come%20Trattato%20sul%20funzionamento%20UE.pdf

[63]https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:32010L0063

[64] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:32010L0063#ntr3-L_2010276IT.01003301-E0003

[65] https://dsf.unipg.it/documenti/facolta/legge413_1993.pdf

[66] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32009R1223&from=PL

[67] https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2010:276:0033:0079:it:PDF#:~:text=La%20presente%20direttiva%20stabili sce%20misure,a%20fini%20scientifici%20o%20educativi.

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