Per la serie delle “Cose” alimentari di Giorgio Nebbia pubblichiamo questo articolo uscito per la prima volta nel Dizionario tecnico-ecologico delle merci, Milano, Jaca Book, 2011, pp. 83-84.
I chicchi di caffè sono i semi ovoidali dei frutti della Coffea arabica e della Coffea canephora, varietà Robusta, piante dicotiledoni della famiglia delle rubiacee, di cui esistono numerosissime varietà e che si coltivano in Asia, Africa e America. Il frutto (ciliegia) è una drupa rossa contenente due semi piano-convessi, con un solco longitudinale sulla faccia piana, avvolti da una membrana coriacea, detta pergamino. I frutti vengono raccolti a mano o a macchina; in seguito a un processo di essiccazione (a secco) o di fermentazione (a umido), dalla polpa si separano i semi; la pellicola di rivestimento viene eliminata mediante battitura. Da 500 kg di frutto fresco si ottengono 200 kg di bacche di caffè essiccate e da queste circa 120 kg di caffè “in pergamena” e 100 kg di “caffè verde”, pronto per il commercio.
Per il consumo, il caffè verde deve essere prima torrefatto per riscaldamento a 200-220 gradi Celsius. Questa operazione fa caramellare gli zuccheri e carbonizzare, almeno in parte, la cellulosa, fa sviluppare le sostanze aromatiche e conferisce ai chicchi il caratteristico colore scuro. Da 100 kg di caffè verde si ottengono circa 85 kg di caffè torrefatto. Per estrazione con acqua del caffè torrefatto macinato si ottiene una bevanda che esercita un’azione stimolante sul cuore e sul sistema nervoso. Una tazza di caffè si prepara per estrazione di circa 6 grammi di caffè macinato. La qualità della bevanda dipende dalla qualità del caffè, dal tipo di torrefazione, dalla finezza della polvere e, naturalmente, dalla quantità di acqua usata per preparare l’infuso.
Uno dei più importanti costituenti del caffè è la caffeina, una xantina (chimicamente 1,3,7-trimetilxantina), simile, anche come effetti stimolanti, alla teobromina del cioccolato e alla teofillina del té. La caffeina è presente nel caffè torrefatto in concentrazione di 1-2%. La varietà Robusta (più scadente) contiene circa il doppio della caffeina rispetto alla varietà Arabica (più pregiata).
Una tazza di caffè contiene, quindi, circa 50-150 milligrammi di caffeina. Si produce anche del caffè “decaffeinato”, per estrazione della caffeina dai chicchi o dal caffè macinato mediante solventi come il diclorometano o, più recentemente, anidride carbonica sotto pressione. Per legge, il caffè decaffeinato non deve contenere più dello 0,15% di caffeina; è stabilita anche la quantità massima di residui di solvente.
Per quanto riguarda la caffeina non bisogna dimenticare che le bevande analcoliche «a base di cola» ne contengono da 30 a 40 mg per lattina; una tazza di té ne contiene da 20 a 50 mg. Si trova in commercio anche del “caffè solubile”, una polvere ottenuta per essiccazione (per evaporazione o liofilizzazione) di un estratto di caffè. Da 100 kg di caffè torrefatto si ottengono circa 45 kg di “caffè solubile”.
Il caffè è una mercé oggetto di importanti scambi internazionali, regolati anche da accordi a livello delle Nazioni Unite. Le due principali qualità sono l’Arabica, che copre il 70% del commercio internazionale, e la Robusta. I maggiori paesi produttori sono il Brasile (26% del totale), il Vietnam (12%), la Colombia (11%) e l’Indonesia (6%). La produzione viene in gran parte esportata negli Stati Uniti, in Europa, in Russia, eccetera, e il valore del commercio internazionale si aggira su decine di miliardi di euro all’anno, il che spiega le molte pressioni politiche e militari dei paesi importatori su quelli esportatori.