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Mondeggi. Storia istruttiva di una fattoria senza padroni

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Sulle colline a pochi chilometri da Firenze, sopra Grassina ed Antella nel comune di Bagno a Ripoli (parte della città metropolitana), si adagia la grande fattoria di Mondeggi, circondata da un paesaggio magnifico.

Al centro, la grande villa appartenuta ai Della Gherardesca, intorno qualche casa colonica, disseminata tra i campi, che conserva ancora lo stemma della casata, anche se corroso dagli anni.

Il conte Ugo Della Gherardesca (1588-1646) aveva ottenuto la proprietà portata in dote da Costanza de’ Medici (1555-1606), sorella di Alessandro Ottaviano de’ Medici (1535-1605) che venne eletto papa Leone XI nel 1605. Un pontificato assai breve, durato soltanto un mese. Di Costanza ci resta il ritratto dipinto da Santi Di Tito (1538-1603) conservato nel palazzo di città, in Borgo Pinti n. 99.

La storia secolare della tenuta – che chiamerò d’ora innanzi Costanza de’ Medici, in località Mondeggi – ha conosciuto negli ultimi sette anni un capitolo del tutto nuovo, di cui sono stato testimone diretto ed interessato, che ha riguardato tanto la conduzione agricola, quanto il collettivo dei contadini, e la comunità sociale che ne è derivata.

In precedenza, dopo varie transazioni, la proprietà era passata alla Provincia di Firenze negli anni ’60 del secolo scorso: era quindi diventata proprietà pubblica, dunque un bene comune.

Tuttavia la villa appariva vuota, silenziosa ed abbandonata, nonostante contenesse ancora qualche mobile di pregio. La cantina ed il frantoio erano caduti in disuso. In un capannone giacevano fermi trattori e macchine agricole. Le molte case coloniche distribuite tra le colline degradavano disabitate. I lunghi filari delle vigne restavano incolti. Le migliaia di olivi non venivano potate da anni e su di esse cresceva più libera l’edera.

Eppure la Provincia di Firenze dopo l’acquisto vi aveva investito non poche risorse; la Comunità Europea aveva erogato fondi per attrezzare il parco con panchine, viali, cartelli indicatori dei percorsi, ma nel parco non passeggiava nessuno, salvo una volta l’anno: alcuni collettivi fiorentini di varia natura, dai Gruppi di acquisto solidale alle comunità di base, dagli abitanti di San Frediano ad altri gruppi, organizzavano lì feste campestri per il Primo Maggio che si svolgevano in un grande prato a Capannuccia, più in basso rispetto alla villa padronale.

Per il resto dell’anno nella tenuta non lavorava alcun contadino, nessuno si occupava delle viti e degli olivi. Era rimasto un guardiano soltanto, che talvolta metteva in moto i trattori, acquistati dai proprietari pubblici per il tipo di agricoltura che avevano previsto, monoculture intensive per olivi e viti. Avevano infatti piantato alcune migliaia di olivi in file regolari, la potatura e la raccolta avrebbero dovute essere compiute servendosi di trattori. A questo scopo, avevano potato gli olivi a monocono. Si trattava perciò di coltivazioni industriali meccanizzate per risparmiare il costo del lavoro di braccianti ed usando concimi chimici di sintesi, coi fitofarmaci necessari a ostacolare il propagarsi delle malattie.

All’epoca, tale modo di coltivare era particolarmente diffuso, dato che era considerato il migliore per ottenere il massimo profitto nell’investimento, eppure il progetto agricolo della Provincia fiorentina per Mondeggi, mal pilotato dai suoi amministratori, fallì. Per recuperare, almeno in parte, i capitali investiti, la bella fattoria Costanza de’ Medici finì messa all’asta, che andò però deserta.

Negli anni successivi i tentativi di venderla continuarono con regolarità, ma senza esito. Gli amministratori intanto si accontentavano di vendere i trattori che si arrugginivano nei capannoni, i mobili nella villa e qualche piccolo pezzo di terreno ai margini della tenuta, nel basso della collina. Si abbassavano via via i prezzi d’asta, ma senza risultato: nessuno si presentava. La fattoria “ufficiale” continuava ad esistere nelle carte degli amministratori che tentavano di risolvere il problema, ma contemporaneamente rinasceva la fattoria “reale” per l’opera di un gruppo di volontari (di cui facevo parte). Tra le due, per anni, non si verificò alcun rapporto e solo di recente, nel luglio 2021, i padroni pubblici hanno manifestato l’intenzione di comunicare con noi, fino ad allora inesistenti ai loro occhi.

Era evidente il motivo per cui nessuno voleva comperare la fattoria: se la tenuta fosse rimasta una azienda agricola, avrebbe richiesto investimenti adeguati che solo con molta difficoltà sarebbero stati compensati da una resa sufficiente negli attuali mercati. Quindi, preso atto della situazione, si sarebbe dovuta cambiarne la destinazione d’uso per trasformarla in quello che, fino al 2020, sembrava costituire l’affare più sicuro per Firenze: il turismo. La villa poteva diventare un albergo di lusso, i terreni avrebbero dovuto esser divisi in lotti per ricavarne villette, case, poderetti e quant’altro fosse edificabile. Lo scenario finanziario previsto dalla Città metropolitana e dal sindaco per il Comune di Bagno a Ripoli in cui si trova la fattoria, richiedeva di distruggere la sua storia e di rovinare il suo bel paesaggio collinare. Al suo posto sarebbero arrivati i soliti mostri e mostriciattoli di cemento.

In modo del tutto indipendente, la fattoria reale trovò invece a poco a poco un suo modo di esistere e di rinnovarsi seguendo il ritmo delle stagioni agricole nonostante l’ostilità dell’amministrazione e la complicità dei media che si prestavano al gioco. Nei titoli, nelle interviste, nelle chiacchiere, l’esperienza affermatasi a Mondeggi veniva dichiarata in genere “illegale”. Quindi le persone che vi lavoravano, a vario titolo e con diverso impegno, diventavano “occupanti”.

È quindi necessario paragonare con più precisione, la ‘legalità’ formale della proprietà pubblica e la presunta ‘illegalità’ dei lavori eseguiti dai volontari ‘occupanti’ della fattoria. Chiunque potrà così farsi un’immagine più giusta della nostra storia e giudicare quale sia il modo migliore per gestire un bene pubblico.

Il collettivo che si prendeva cura della fattoria comprendeva bene le difficoltà e gli impegni che lo aspettavano. Ma possedeva gli strumenti per superarli o se li sarebbe costruiti.

Nella fattoria si cominciarono a praticare le coltivazioni e gli allevamenti seguendo l’agroecologia: con questo termine si intende in sintesi: una interpretazione della realtà che unisca ecologia, cultura, economia e società per sostenere la produzione agricola, un ambiente sano e comunità agrarie sostenibili.

Il modello agroecologico – che Mondeggi persegue come soluzione economica e sociale necessaria per la sana conservazione della propria comunità e del suo territorio – rifiuta pertanto il modello agricolo industriale, fondato su efficienza, produttività e dissociazione a scapito di salute e biodiversità. Al contrario, l’agroecologia promuove una nuova socialità tra le persone, il loro rapporto stretto e biunivoco con l’ambiente; essa favorisce l’accesso alla terra da parte di nuovi contadini e pratiche sostenibili che rispettino la biodiversità insieme alla salubrità. Si considerano pratiche agroecologiche anche la valorizzazione dei saperi rurali, la rivalutazione del lavoro contadino, la costruzione di mercati locali.

Tali principi portano a tenere in conto quanto avverrà negli anni futuri: si coltivano i campi di Mondeggi perché rimangano fertili e produttivi anche per i figli, i nipoti e molte altre generazioni. Non vogliamo ottenere prodotti in concorrenza con quanto offerto negli scaffali della grande distribuzione. Lo scopo da raggiungere appare invece la qualità e la salute in contrasto con la quantità ed i prezzi presenti sul mercato. Quindi, per farla breve, i contadini della fattoria Costanza de’ Medici non cospargono i campi di concimi chimici di sintesi, né con fitofarmaci velenosi che in apparenza aumentano la produttività, ma impoveriscono i terreni nel medio periodo. Inoltre sostanze velenose passano nel prodotto e lo inquinano a scapito della salute di coloro che lo consumano.

Del resto, tali effetti deleteri sono l’eredità del periodo in cui furono inventati quei concimi: la Grande Guerra 1914-1918. Per vincerla, la comunità scientifica e l’industria tedesca avevano messo a punto il processo per fissare l’azoto dell’aria. Dallo sfruttamento di tale fonte illimitata derivarono sia i concimi chimici azotati sia gli esplosivi. In modo analogo i fitofarmaci derivarono come sottoprodotti dei gas asfissianti. Produrre cibo non doveva dipendere più dal numero dei contadini, perciò molti di loro potevano essere mandati a combattere e morire nelle trincee.

Nella fattoria si adoperano anche il meno possibile i mezzi meccanici a motore. Potare gli olivi nel tardo inverno e raccogliere le olive in autunno sono operazioni fatte a mano. Gli olivi soggetti ai ritmi delle stagioni sono state divisi in particelle di 35 ed assegnati a un gruppo di persone o a singoli che si impegnino a curarle. Nella grande oliveta si riservano parti anche al lavoro collettivo dei volontari.

Alla fine tutte le olive vengono portate al frantoio che le frange in modo meccanico a freddo, senza aggiunta di solventi. L’olio prodotto viene quindi distribuito tra le particelle in modo uguale, senza misurare le singole quantità di olive prodotte. Una parte dell’olio viene destinata in varie forme alla collettività.

Coltivare secondo l’agroecologia richiede anche rapporti diversi tra le persone: concedendomi una frase ad effetto, la ricchezza reale della fattoria senza padroni, in quanto bene comune, è costituita dalle persone che la tengono attiva a vario titolo.

Comunque la fattoria produce, oltre all’olio d’oliva, vino, grani antichi pregiati, zafferano, uova, miele, creme medicinali ed altri prodotti di erboristeria, ortaggi. Poca frutta si trova a Mondeggi perché l’esperimento del frutteto è stato compromesso dalle incursioni di caprioli e cinghiali. Un po’ di carne si ottiene allevando pollame, conigli e maiali. In genere il cibo viene consumato in loco e solo la parte eccedente viene venduta nei mercati locali od a Firenze.

Le persone che formano la comunità di Mondeggi hanno provenienze diverse, per età si va dai neonati agli anziani, anche se si vedono soprattutto giovani ed adulti di ambo i sessi presenti in coppie, in famiglie o singoli. Le professioni di provenienza: impiegati, insegnanti, professionisti, laureati, disoccupati, precari, pensionati, casalinghi, casalinghe.

Come lingua prevalente si sente l’italiano, ma non mancano persone di altra lingua o colore della pelle.

Nessuno però potrebbe dedicarsi a Mondeggi in modo esclusivo: tutti per vivere dobbiamo ottenere reddito in altro modo; per quanto non piccolo il numero di persone che frequentano Mondeggi, esso appare inadeguato alla grandezza della fattoria: più di 150 ettari. Essa avrebbe da offrire lavoro a molte altre persone.

I tanti problemi che sorgono di continuo nella conduzione agroecologica della fattoria obbligano ad affrontare frequenti discussioni che si svolgono in assemblea, convocata a volte in settimana, altre volte al mese. In essa, ad esempio, si decide quando cominciare a raccogliere le olive, a quale frantoio portarle, quanto ciascuno deve anticipare per pagarlo. Senza selezionare la partecipazione, lasciando libere le persone di esprimersi, si ottengono di continuo pareri diversi o contrari. Come decidere? Secondo quanto stabilito dal documento collettivo “Metodo del consenso. Mondeggi fattoria senza padroni. Dichiarazione di gestione civica di un bene comune”.

In esso si affermano le regole che la comunità si è data, per rispettare il metodo del consenso, anche se ciò comporta lunghe, faticose ed anche noiose discussioni in assemblea. Nel caso di posizioni inconciliabili, talvolta si esercita (raramente) il diritto di veto oppure si rimanda la decisione ad altra assemblea, sperando di trovare nel frattempo soluzioni. Non usiamo il numero legale e non si è mai votato per trovare maggioranze. La proposta, per risolvere casi critici, di estrarre a sorte non è stata presa in considerazione.

Si sono così evitati i limiti mostrati dalle democrazie elettive parlamentari, non vogliamo porre ostacoli alle diversità di ogni genere esistenti tra di noi: le consideriamo una ricchezza. Eppure persino al nostro interno, tra persone per principio uguali, alcune paiono più uguali di altre: per abilità nel parlare, per competenze agricole, per contatti professionali, per amicizie, per fedi politiche o religiose, si formano gruppi di potere. Allora gli scimpanzè alfa decidono più di altri.

Un gruppo di giovani è più impegnato nella coltivazione, ma non potrebbero farlo se non abitassero alla fattoria. Allo scopo sono state restaurate alcune case coloniche. Qui si svolgono le assemblee, ma anche pranzi, feste, concerti, seminari a tema, stage particolari.

Attorno ai residenti, detti “presidianti”, che costituiscono il nocciolo duro della conduzione, si muovono molte altre persone: gli aderenti a Mondeggi terreni autogestiti (Mota) si dedicano a coltivare circa un migliaio di olivi ed alcuni orti. Il Mondeggi viti autogestite (Mova) si prende cura di vari filari di viti. Queste persone svolgono anche altri lavori, abitano per lo più nei paesi attorno od a Firenze. Vengono a Mondeggi quando sono libere o per partecipare alle assemblee. Il loro numero ed il loro impegno dimostrano quanto la nuova gestione sperimentale dell’antica fattoria sia profondamente radicata nel territorio. Essa è sentita almeno da una parte consistente della popolazione come un vero bene comune da conservare.

Ciononostante, i poteri insediati nella Città metropolitana di Firenze hanno continuato per anni a non voler neanche parlare con noi, riducendoci ad un problema di ordine pubblico. Hanno più volte cercato di intimidirci, i vigili urbani hanno fatto spesso ispezioni con qualche pretesto, mettendo lucchetti alle case coloniche, contestando un camino sporgente dal tetto e così via. Si è cercato di sgomberarci ricorrendo alle forze dell’ordine che però se ne sono ben guardate dal farlo, conoscendo l’orientamento popolare. Quindi nessun intervento risolutivo si è mai verificato. Noi, non residenti, siamo pronti a precipitarci nella fattoria per difendere il nostro lavoro nel caso ci arrivasse l’avviso di pericolo.

Per togliere ogni alibi agli amministratori, abbiamo costituito una associazione, Amici di Mondeggi, depositando statuti ed elenco degli iscritti. È stato del tutto inutile. Noi cerchiamo il dialogo per far valere le nostre ragioni mentre la proprietà pubblica rifiuta con ostinazione di ascoltarci. Nell’anno delle elezioni, per evidenti motivi, ci sono stati promessi incontri, mai avvenuti. In seguito, tutto è stato dimenticato. Solo di recente è sopraggiunta una novità: il Coronavirus Covid 19 ha rimescolato le carte, ha avuto effetti anche a Mondeggi: unica fonte sicura per ripianare gli errori agricolo-finanziari della proprietà pubblica è diventata la Comunità Europea che gestisce il Recovery Fund, detto qui da noi PNRR Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Per ottenere però gli aiuti generosi, forse addirittura 100 milioni di euro, si deve presentare un progetto credibile da realizzare in cinque anni. Esso deve tener conto di fattori, ora diventati necessari e riconosciuti: ecologia, mutamenti climatici, energie rinnovabili, agricoltura sana ecc. ecc. Ma tutto ciò non corrisponde forse proprio a quanto noi stiamo facendo da ben sette anni? Dobbiamo solo descriverlo, arricchirlo e proiettarlo in un futuro più sicuro.

Nel nostro programma compare oggi anche l’uso della villa Costanza de’ Medici come sede di un Centro studi per l’agroecologia.

Prevediamo di discutere quanto necessario a dare alla nostra gestione della fattoria prospettive più lunghe e articolate. Tra gli argomenti rilevanti metteremo in programma le relazioni tra natura e cultura, tra l’uomo e l’ambiente, tra la lotta per la vita e la simbiosi. Ci vogliamo confrontare con altri modi di coltivare, persino antichi o singolari. Sarà utile ricordare momenti storici di svolta ed il ruolo ricoperto dalle scienze per arrivare al problema diventato cruciale oggi: il cibo per la salute all’epoca del Coronavirus.

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