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L’archivio storico del Parco nazionale dello Stelvio: dal passato, un patrimonio per la gestione del paesaggio presente.

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Comunemente, l’archivio storico di un ente od organizzazione viene associato quasi esclusivamente a un utilizzo di carattere culturale, finalizzato alla conoscenza del passato del soggetto che lo ha prodotto. Questo perché è altrettanto comune pensare che le informazioni contenute all’interno dei documenti arrivati all’ultimo stadio del loro “ciclo di vita” – quello storico, appunto – aiutino a fotografare esclusivamente quanto già avvenuto e che di fatto abbiano esaurito il loro valore amministrativo e giuridico. Tecnicamente questo è corretto, come anche la dottrina archivistica insegna. Tuttavia, quando ci troviamo di fronte a un archivio che raccoglie le tracce dell’intervento umano sul paesaggio, l’ambiente, la fauna, la vegetazione di un territorio, è difficile pensare che la testimonianza scritta ci parli di fenomeni circoscritti esclusivamente al tempo passato.

Il caso dell’archivio storico del Parco nazionale dello Stelvio, che insieme a Marco Lanzini ho avuto la fortuna di ordinare e inventariare rientra in pieno in questo caso. Gli archivi dei parchi nazionali sono ancora pochi in Italia: quello dello Stelvio è il secondo, dopo quello di Abruzzo, Lazio e Molise, a essere stato oggetto di un intervento sistematico di ordinamento e inventariazione e il primo a essere interessato da un ampio progetto di valorizzazione1http://www.parcoabruzzo.it/pagina.php?id=358.. Questo nonostante i parchi nazionali storici, istituiti prima della seconda guerra mondiale (Gran Paradiso, Abruzzo, Stelvio, Circeo, fondati tra il 1922 e il 1935) abbiano ormai tutti alle spalle quasi un secolo di attività. All’interno dei loro archivi, tuttavia, si conserva una mole di informazioni la cui utilità trascende quella, già di per sé importantissima, del bene culturale e che ci parlano di fenomeni caratterizzati da tempi lunghi, sia verso il passato che verso il futuro. Pensiamo al lavoro di osservazione e studio della biosfera, inizialmente con metodologie, se vogliamo, “artigianali”, poi via via sempre più accurate e rigorose; alle istruttorie necessarie ad autorizzare interventi edilizi o infrastrutturali all’interno delle aree protette (come sappiamo, il suolo consumato difficilmente si recupera, anche nell’arco di decenni); al rapporto con le comunità più prossime e la cittadinanza per sedimentare una sensibilità verso l’ecologia, necessaria alla conservazione delle risorse ambientali e paesaggistiche. In questi termini, l’archivio storico del Parco nazionale dello Stelvio, può essere definito un archivio per il tempo presente – e futuro – perché permette un dialogo interdisciplinare orientato a una maggior conoscenza del rapporto tra uomo e natura sul territorio. Basti pensare alla gran mole di censimenti faunistici conservati, periodicamente disposti tra gli anni Trenta e Settanta su entrambi i versanti del passo dello Stelvio e che, seppur approssimativamente, possono aiutare l’attuale studio dei volatili e dei mammiferi in prospettiva storica. O ancora, le rilevazioni glaciologiche, delle precipitazioni nevose e delle valanghe, particolarmente importanti nell’attuale quadro di crisi climatica.

Il lavoro di ordinamento vero e proprio dell’archivio, svolto tra il maggio 2019 e il dicembre 2020, è stato preceduto da un censimento della documentazione effettuato nel 2018. Una delle condizioni favorevoli in cui ci siamo trovati ad operare, avendo così a disposizione un primo elenco, per quanto grezzo, della documentazione conservata presso i locali della caserma dei carabinieri forestali di Bormio. Stato di conservazione che a sua volta ha ulteriormente facilitato il lavoro: le condizioni climatiche del territorio e dell’edificio, che registrano indici di umidità relativamente bassi, ha infatti mantenuto in ottimo stato gran parte della documentazione, insieme al buon ordine mantenuto nel tempo dai forestali. La terza condizione favorevole è stata la conservazione dei titolari di classificazione originali e la quasi fedele raccolta di un’intera serie archivistica in contenitori – o buste, secondo il lessico archivistico – che ne riportavano la nomenclatura. Questo aspetto, tutt’altro che marginale per un lavoro di ordinamento archivistico, è stato anche lo spunto per approfondire alcuni aspetti della complessa storia istituzionale del Parco. I titolari di classificazione, infatti, mutando nel tempo, mostrano in maniera concreta le trasformazioni delle funzioni operative dell’ente: è il caso ad esempio dell’attività di comunicazione verso l’esterno. Fino agli anni Sessanta, questo non era un aspetto dirimente dell’attività amministrativa, che si concentrava nella gestione forestale, nelle funzioni di sorveglianza e nella raccolta di informazioni sulla biosfera del territorio. È probabilmente con un cambio nella sensibilità culturale di massa che i parchi nazionali iniziarono a essere meta di turismo consapevole, attratto dalle ricchezze ambientali e del paesaggio. Ed è del 1964 l’introduzione nei protocolli di una posizione specifica per classificare le attività di comunicazione, la partecipazione alle mostre e ad altri eventi promozionali, oltre alla gestione dell’enorme mole di corrispondenza che affluiva alla direzione letteralmente dai quattro angoli del globo. Non solo scambi scientifici o di pareri tra colleghi (anche dei paesi del socialismo reale), ma anche – e soprattutto – con uomini, donne, bambini e bambine che mostravano verso il Parco nazionale dello Stelvio una forte attrazione e curiosità. Le loro lettere e disegni, anche i più fantasiosi e ingenui, sono raccolti nell’archivio, debitamente protocollati: l’archivio mostra dunque il suo lato più profondo, quello di sedimentazione organizzata di atti amministrativi, per quanto apparentemente eccentrici. La raccolta e protocollazione di questo materiale dimostra che la comunicazione con i cittadini di ogni età fosse già allora considerata pienamente parte dell’attività dell’ente.

Mi piace pensare che, anagraficamente, alcuni di quei bambini e bambine degli anni Sessanta e Settanta, siano i genitori dei ventenni che oggi animano i movimenti per la giustizia ambientale e per l’inversione di rotta nel nostro modello di sviluppo e che la relazione con il Parco, e la sua stessa esistenza, abbiano contribuito a rafforzare la loro sensibilità ecologista.

Il progetto di ordinamento e inventariazione fa parte di un più ampio lavoro di valorizzazione delle risorse storico-culturali del Parco nazionale dello Stelvio, articolato in maniera multimediale sia per quanto riguarda gli strumenti di descrizione prettamente archivistici, sia i mezzi di disseminazione dei contenuti e delle informazioni raccolte nelle carte. L’inventario è stato pubblicato in formati differenti, che rispondono a esigenze diverse: sia cartaceo, all’interno della apposita collana della Direzione generale degli archivi del Ministero della Cultura2http://www.archivi.beniculturali.it/index.php/news-home/biblioteca-digitale/item/3366-biblioteca-digitale-%7C-un-archivio-sul-crinale-inventario-dell%E2%80%99archivio-storico-del-parco-nazionale-dello-stelvio-1932-1978, sia come banca dati digitale, nei portali del Sistema archivistico nazionale e di Lombardiarchivi3http://www.san.beniculturali.it/web/san/dettaglio-complesso-documentario?step=dettaglio&codiSanCompl=san.cat.complArch.137994&idSogc=&id=137994; https://lombardiarchivi.servizirl.it/fonds/110213.. Ma non ci si è limitati a prodotti destinati, in un modo o nell’altro, a un pubblico di specialisti. A partire dalle informazioni e dai documenti stessi – con particolare attenzione per quelli storicamente e iconograficamente più significativi – al termine del lavoro di riordinamento è stata allestita una mostra sulla storia del Parco. Divisa per sezioni tematiche, la mostra ha permesso una restituzione al territorio di questa importante operazione di recupero archivistico, seppure con le limitazioni dovute all’emergenza pandemica del 2020. Un primo passo, a cui ne seguiranno altri, per consolidare il rapporto tra Parco e territorio e tra chi la montagna la abita e chi la frequenta.

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