Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi, Laura non c’è. Dialoghi possibili con Laura Conti, Roma, Fandango Libri, 2021, pp 123, cartaceo € 12 – ebook € 7,99
A marzo di quest’anno sono cento anni dalla nascita di Laura Conti e come mostra anche la recensione che in questo stesso numero fa Enzo Ferrara della biografia scritta da Valeria Fioramonte, si tratta di un anniversario che non sta passando inosservato.
Nel loro agile libro Laura non c’è. Dialoghi possibili con Laura Conti Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi hanno scelto di riannodare i fili con la memoria della grande ambientalista immaginando una formula particolarmente audace. Esse hanno infatti scelto di prendere in carico e di portare alle estreme conseguenze la felice convivenza di politica, rigore scientifico, comunicazione divulgativa e narrazione letteraria che ha caratterizzato mezzo secolo di scrittura di Laura Conti. E lo hanno fatto “resuscitando” la grande ambientalista, collocandola ormai centenaria ma sempre vivace e combattiva nel suo appartamento milanese coi suoi gatti e una colf ucraina colta e curiosa e mettendola in rapporto con cinque visitatrici di diverse generazioni ed esperienze di vita. Dalla convivenza con Luba, dagli incontri con la vecchia amica Enza, medica ospedaliera, con la dottoranda Emma, con la “nuova contadina” e attivista femminista Rita, con l’adolescente vicina di casa Anna e con la giornalista free lance Ilaria viene fuori una sequela di dialoghi immaginari che in realtà sono immaginari solo fino a un certo punto. Se infatti le sei interlocutrici sono inventate e inventate sono ovviamente anche le situazioni, gran parte delle argomentazioni e in molti casi delle stesse parole di Laura Conti sono invece originali, frutto di un solido lavoro di documentazione che non si è limitato soltanto ai suoi pur numerosi scritti editi ma anche alle sue carte private conservate alla Fondazione Micheletti e alle testimonianze provenienti da molte altre fonti, come testimoniano le eccellenti “Note e riferimenti bibliografici” che chiudono il volume. E se la Laura Conti centenaria che chiacchiera, si occupa dei gatti, vede e commenta la televisione, spiega pazientemente, non può essere che inventata, essa è però ricostruita amorevolmente e filologicamente sulla base di quanto amiche, amici, collaboratori e collaboratrici, interlocutori e interlocutrici hanno scritto e detto di lei.
Lo sforzo di Barbara Bonomi Romagnoli e di Marina Turi si è spinto fino a forme di divertita mimesi della scrittura e della parola – perché ci è rimasta anche quella – di Laura Conti, a partire dalla scelta di intitolare i capitoli con delle lunghe sintesi del contenuto dei capitoli medesimi.
I dialoghi finiscono poi col coprire gran parte dello spettro delle tematiche e delle problematiche che all’ambientalista sono state più a cuore, dagli equilibri ecologici globali a catastrofi come quelle di Seveso e di Chernobyl, dall’informazione e la divulgazione al rapporto tra lavoro, salute e ambiente, dalla caccia al sesso e all’aborto e altro ancora, mentre la parte propriamente biografica, che pure non manca, è relegata un po’ ai margini e diluita nel testo.
Un esperimento del genere non può che mettere in conto delle forzature: nessuno naturalmente può dire cosa effettivamente avrebbe pensato e detto una Laura Conti viva e centenaria della pandemia, di Greta Thunberg, della nuova ondata femminista mondiale e delle sue sensibilità. Ma questo è un rischio che le autrici hanno voluto correre per far sentire Laura più vicina, per sottolineare il valore e l’attualità del suo approccio e del suo insegnamento, per raccontarla anche a chi – soprattutto tra le più giovani – è avvezza a un approccio più narrativo e creativo ai personaggi e alle idee del passato.
Sia consentito però un piccolo appunto, che può essere anche stimolo per una riflessione ulteriore.
La tesi che sta al centro del libro a partire dallo stesso titolo, cioè che “Laura non c’è” – cioè che è stata trascurata e persino dimenticata – è infatti paradossalmente (e fortunatamente) riduttiva e persino in parte sbagliata.
Di fatto Laura Conti oggi “c’è” molto di più di due altrettanto straordinarie figure dell’ambientalismo italiano che hanno condiviso con lei il decennio di nascita, la militanza in Parlamento negli stessi anni e nello stesso schieramento e soprattutto l’autorevole magistero pubblico svolto attraverso la scrittura, cioè Antonio Cederna e Giorgio Nebbia. Negli ultimi anni Laura Conti è stata e continua ad essere oggetto di un’attenzione costante e pubblicazioni di ogni sorta hanno affrontato questo o quell’aspetto della sua opera e della sua vita se non la sua vita nel suo complesso. “Se Laura si fosse chiamata Giorgio – scrivono le autrici riferendosi affettuosamente proprio a Giorgio Nebbia – sarebbero tutti e tutte qui a onorarla come una delle più grandi ecologiste e ambientaliste scientifiche che il Novecento ci ha regalato, con parole a profusione, saggi e seminari e magari anche una serie tv sulla sua vita o chissà un film”, mentre è vero invece che non solo una miriade di articoli, di commemorazioni e di libri ma persino un recente servizio televisivo hanno spiegato, raccontato e onorato Laura Conti e certamente continueranno a farlo nel corso di quest’anno e in futuro. Nulla di lontanamente simile è invece avvenuto per Nebbia e tantomeno per Cederna, di cui pure si celebra il centenario e la cui influenza culturale e politica è stata sicuramente maggiore. E bisogna aggiungere che se tutto questo è avvenuto è stato quasi sempre per merito di donne, per lo più femministe ed ecologiste a un tempo, che hanno individuato in Laura Conti un’“antenata” rotonda e complessa a un tempo, piacevole e stimolante da avvicinare ma anche utile e preziosa da riproporre grazie all’assoluta attualità dei suoi scritti e del suo insegnamento.
Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi hanno trovato insomma una chiave originale – fantasiosa e rigorosa a un tempo come sapeva esserlo Laura Conti – per raccontare con brevi pennellate una vita e una personalità e per illustrare e attualizzare la sua visione del mondo e del suo insegnamento. Ci piace pensare che questo tentativo possa essere una delle chiavi giuste – di quelle chiavi cruciali ma che ci risulta sempre così difficile trovare – per mettere in contatto i giovani e le giovani che provano a immaginare e costruire un mondo diverso con la ricchezza e la complessità dell’ambientalismo degli anni Settanta e Ottanta.